Sui muri

Non preoccupano i dissuasori, nè i paletti, ma l’idea che ubbidisce ad essi allarma e procura inquietudine.
Governare una città ergendo steccati significa proteggersi, tenere lontani e distanti il mondo degli incivili, dei “sbagliati” da quello dei giusti, dei normali, degli adattati.
Non funziona così!!!
Noi non abbiamo bisogno di protezioni, di barricate, abbiamo bisogno di dialoghi, di relazioni, di confronti, di ponti che collegano, di assunzioni di responsabilità.
Nella storia degli uomini, la costruzione di steccati, di muri, di pali, di filo spinato, di barriere, hanno rappresentato da sempre la fine di un dialogo, l’impossibilità di affrontare un confronto, l’isolamento di un mondo verso un altro mondo.
I muri, le barriere sono, come scritto tempo fa in una lirica, “ferite illegittime alla terra”, ostacoli insormontabili, avamposti dell’individualismo e delle paure al confronto e all’incontro.
Non abbiamo bisogno di roccaforti, di fortezze inespugnabili, abbiamo invece la necessità di creare luoghi aperti di aggregazione, città che accolgono, piazze da condividere, strade da percorrere, popoli con cui dialogare e comprendere, terre da viverne il fascino e le meraviglie.
Se un luogo diviene triste e insalubre o abbandonato e sporco, ciò è dovuto all’irresponsabilità, all’inciviltà dei taciturni, dei silenziosi, degli uomini qualunque, dei tanti che di fronte alle devastazioni del proprio ambiente, scelgono l’orticello di casa propria.
All’irresponsabilità e alla strafottenza di coloro ai quali la puzza non fa puzza, i mari trivellati e contaminati sono solo affari del governo, le antenne radioattive di Niscemi fanno parte di accordi tra Nazioni potenti, la mala politica non è un male che gli interessa personalmente, i morti di tumore, le stragi, gli eccidi se non riguardano i propri connazionali o la propria casta non sono morti, i poveri, gli affamati, i senza tetto, i disoccupati, i matti, sono esseri sventurati e sfortunati.
Non è così che funziona !!!
Il bene comune, la gioia della partecipazione, la comunità, la condivisione del benessere e del bello, sono logiche ancora oggi estranee al nostro vivere quotidiano, ai nostri comportamenti personali e sociali; e se esiste è relegato esclusivamente agli ambiti strettamente famigliari e di casta.
Il bene comune è la negazione della proprietà e nello stesso tempo l’affermazione superiore della stessa, è il diritto e l’impegno costante e giornaliero di costruire valori e soddisfare le necessità e i desideri di tutti.
Per cui una città che cresce tra paletti e dissuasori tra barricate e roccaforti, tra macchine blindate e case fortificate, non può che produrre irrigidimenti e clausure, emarginazioni ed esclusione, esaltazione del senso del dominio e del possesso.
Se funzionassero i parcheggi, se esistessero delle vere piste ciclabili, se in ogni angolo di strada ci fossero delle comode panchine, delle fontanelle, dei cestini per le cartacce e le cicche, dei parchi gioco per i piccoli cittadini, degli orti pubblici e tutto quell’arredo urbano che agevoli lo scambio e la permanenza dei cittadini nei luoghi aperti e condivisibili, di certo le nostre città sarebbero delle officine di socialità.
E per far sì che questo si realizzi serve un modo nuovo di vivere la politica, un modo nuovo di vivere il rispetto dell’altro, un nuovo modo di garantirci un ambiente sano e pulito.
Basta solo iniziare a progettare, ad elaborare, a costruire, a pensare il cambiamento per realizzarlo.
Non è così difficile, basta volerlo!!!

Pasquale Musarra

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