Scusate il ritardo... riparto dal PRG

Pippo GullottaCominicio questa mia lettera parafrasando il titolo di un film del compianto Massimo Troisi vista la mia assenza, per qualche tempo, da queste colonne.

Ma ho vissuto con grande amarezza, finite le campagne elettorali, la disfatta del partito al quale appartenevo e per il quale mi sono speso assieme a tanti amici per tanti anni con coerenza. Scomparso dal civico consesso e forse inesorabilmente destinato alla emarginazione regionale e nazionale, a causa di una gestione miope e arrogante di alcuni esponenti che ancora oggi sono indicati come leader (ma da chi?).

Finito lo sfogo mi permetto esporre qualche considerazione sul PRG, il cui schema di massima è stato approvato da qualche giorno dal Consiglio Comunale.

Ho letto con molto interesse gli interventi fin qui postati da alcuni amici; mi ha colpito in modo particolare l'ultimo di Nicola Abbadessa, che ponendo una serie di domande ai consiglieri comunali, sperava in una loro folgorazione "sulla via per Damasco" alla stessa stregua di quanto avvenne a Paolo di Tarso (San Paolo) il quale stava recandosi a Damasco per organizzare una repressione dei Cristiani e invece fu folgorato da una luce che lo portò a divenire egli stesso Cristiano iniziando una mirabile opera di evangelizzazione.

Non parlo di evangelizzazione (evito la blasfemia ma la comprensione di uno strumento così importante e complesso non può prescindere da un'opera di informazione puntuale nei confronti dell'intera cittadinanza da parte di coloro che sono stati eletti a rappresentare il popolo.

E a questo miravamo in campagna elettorale quando parlammo di Piano Partecipato. Un Piano cioè che fosse ridisegnato dalle comunità interessate, quartiere per quartiere, perché in fondo chi può conoscere meglio le esigenze del territorio se non gli abitanti stessi, le associazioni che vi operano, i commercianti, i professionisti e tutte le categorie produttive che da questo territorio traggono la linfa per vivere.

Alla fine fare una "Summa" di tutte le indicazioni che avrebbe permesso di operare la fusione e l'integrazione dell'intero territorio, attraverso uno straordinario strumento di democrazia partecipata, 

Ai tecnici redattori sarebbe poi toccato il compito di tradurre in schemi, tavole e relazioni quanto il popolo aveva espresso in parole. Niente di più semplice e lineare.

E allora mi chiedo perché non si è fatto?

Perché si è avuta ancora una volta paura, di dare voce ai cittadini per farli sentire forza attiva e motore propulsivo di una comunità che sta dando segni di disinteresse e apatia?

Perché affiggere un manifesto burla sul quale ebbi, da queste colonne a suo tempo, modo di osservare la assoluta inutilità, per la maniera con la quale era stato concepito e divulgato?

Perché fare due riunioni identiche, una a cura della vecchia Amministrazione l'altra dal nuovo Consiglio Comunale, nelle quali si è avuto modo di apprendere velocemente solo informazioni squisitamente tecniche sul modo procedurale di confezionare il progetto di Piano, ma nulla si è detto da parte dei politici, vecchi e nuovi, cosa si prospettava per la nostra città, quale era lo sviluppo ipotizzato per la comunità, quali obiettivi di crescita economica, sociale e culturale si auspicava raggiungere con il nuovo Piano?

Perchè nelle due riunioni nessun politico vecchio e nuovo ha avuto il coraggio di esprimere il suo punto di vista, la sua visione della città?

Perché questo punto di vista lo si aspettava dalla gente comune, che del Piano apprendeva le linee generali esposte da un bravo urbanista in una veloce riunione pubblica?

Per non scadere in facili speculazioni, taglio subito l'osservazione, da molti avanzata, che in fondo il piano c'era e "nessuno di quelli di prima può parlare". Bene. Ma se in campagna elettorale si è detto peste e corna del proprio avversario, giusto sullo strumento più importante della città non si ha il coraggio di dire: "Cari concittadini si rimette tutto in discussione!" Non è ben strano che chi ha vinto le elezioni era in disaccordo su tutto e giusto su questo strumento basilare non ha avuto e non ha nulla da ridire? 

No cari concittadini, cari politici, non é così che si governa una città che ha voglia di modernità, di crescita, di sviluppo. 

Caro Nicola hai posto dei quesiti puntuali e pertinenti: sulla Zona S. Chiara, Madonna degli Ammalati (con la sua abnorme estensione), la zona artigianale (fantasma), l'ampliamento della zona commerciale (quella vecchia è già morta-cosa se ne farà del suo ampliamento? cosa ci metteremo dentro altri centri commerciali?), sulla perequazione delle aree (chi metterà daccordo migliaia di piccoli proprietari) e potremmo continuare con molti altri quesiti più o meno interessanti.

Ma una voce la voglio aggiungere a quelle sinora elencate: come sarà lo spirito civico della nuova città?

Sarà una città tentacolare pronta a far parte acriticamente della grande area metropolitana di Catania, o una città che vuole ancora mantenere una sua specificità, da "integrare con l'area metropolitana"?

Sarà una città con un solo centro propulsivo oppure ogni quartiere diverrà un piccolo propulsore, portatore di istanze autonome "a prescindere da tutto il resto del territorio"?

Avrà ancora senso, fra dieci-quindici anni, parlare ancora di radici (storiche, culturali, sociali) di una comunità intera, quando il territorio è segnato da così tante interruzioni, così tante "sperequazioni" abitative e infrastrutturali, che una pista ciclabile, pur bella e affascinante non potrà riunificare?

Ai miei concittadini dico: non date retta a coloro i quali vi diranno che alla fine ognuno potrà fare le sue osservazioni e cambiare le cose che non vanno. Non è così. Le basi sono ormai gettate e su queste si costruirà la città futura.

Questo dire è il modo migliore per non fare capire ai più, dove si vogliono buttare gli artigli.

E qualcuno forse gli artigli li sta già affilando .

Ad maiora

Pippo Gullotta

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