Quando Sant'Antonio Abate scoprì la ruota... (III Parte)

S. Antonio Abate - MisterbiancoDon Paolo Nicotra, inteso Ràia (1905-1985), misterbianchese, di professione commerciante, nel 1963 aveva 58 anni, abitava nell’antico quartiere di Panzera, ed in paese era considerato uno dei più profondi conoscitori della festa di Sant’Antonio, in quanto figlio di Nicotra Carmelo, fu Paolo, autorevole componente della Commissione Centrale delle feste celebrate negli anni Quaranta.

L’invito fatto dal parroco, sac. Giuseppe Scuderi, di “ricostruire” la festa lo aveva sicuramente lusingato ed entusiasmato. Ne aveva parlato a lungo in famiglia, aveva coinvolto moglie e figli, e tutti erano felici di poter dare il loro contributo per la buona riuscita della festa grande in onore del Santo Patrono. Don Paolo conosceva i riti, le cerimonie, le tradizioni, ricordava tutto della festa, sapeva cosa chiedere, a chi chiedere, gli uomini che doveva coinvolgere; insomma, sapeva come “muoversi” per organizzare nel migliore dei modi, dopo ben 14 anni di interruzione, i solenni festeggiamenti in onore di Sant’Antonio Abate.

E don Paolo Rajà ebbe l’intuito e l’accortezza di “ricostituire” la Commissione Centrale per come era rimasta, cioè intorno alle persone che rappresentavano la memoria storica della festa, accanto a uomini esperti come Mario Condorelli, Giuseppe Condorelli, Giuseppe Gozzo, Girolamo Arcidiacono, coinvolse molti giovani devoti, come Giovanni Bonanno, Nino Condorelli, Mimmo Murabito, Salvatore Saglimbene, Angelo Zuccarello (all’epoca, addirittura, minorenne). Inserendo nuove leve di devoti e appassionati della festa, che tra l’atro diedero un notevole contributo organizzativo, don Paolo riuscì a creare un’équipe compatta ed efficiente che diede un grande impulso alla realizzare di una delle più grandi feste di popolo della storia di Misterbianco. Per lui, si “riservò” il prestigioso ruolo di “Cassiere”. E così la nuova Commissione Centrale seppe diligentemente “mescolare” riti e tradizioni passati, con elementi nuovi, tagliando dove c’era da tagliare, e innestando nuove regole e cerimonie, facendo la differenza, e dando inizio ad un nuovo modo di fare la festa, in un contesto sociale radicalmente diverso rispetto agli anni ‘40, in una città che era cambiata profondamente. Il primo scoglio da superare era il rapporto con il Comune di Misterbianco. L’Amministrazione Comunale, sin dal dopoguerra, era saldamente nelle mani di giunte di sinistra social-comuniste, e nonostante la vecchia tradizione che imponeva la nomina congiunta dei componenti della Commissione Centrale, tra l’autorità civile ed ecclesiastica, il sindaco d’allora, Salvatore Gennaro, disse di “non voler nessun coinvolgimento diretto nella gestione dei festeggiamenti”, non indicò nessun membro, ma non frappose alcun ostacolo all’organizzazione della festa.

D’altronde l’incontro tra le autorità locali era stato cordiale e rispettoso delle prerogative e competenze delle due parti: rispetto assoluto della laicità del Comune e della devozione popolare, molto legata alla festa del Patrono. Pertanto il Comune non concesse nessun contributo in denaro, come era uso in passato, dove addirittura nei bilanci comunali era espressamente previsto un capitolo con la voce “Festa del patrono”, ma avrebbe in maniera diretta approntato le luminarie lungo le strade più importanti del paese. Inoltre, è questo fu una novità assoluta per l’epoca (e anche per adesso!), e, per diversi aspetti, accoglie ante litteram una concezione moderna e innovativa dell’uso del denaro pubblico e delle finanze locali: una parte della percentuale dell’aumento dei proventi dell’extra meta (la tassa comunale sugli esercizi commerciali del paese) veniva destinata per finanziare i festeggiamenti a Sant’Antonio Abate.
Con questi uomini e questi presupposti si preannunciava, veramente, una Festa Grande!

Alfio Nicotra, secondogenito di don Paolo Ràja, nel 1963 lavorava presso la rinomata officina meccanica dei fratelli di Motta, di Misterbianco. Da bravo meccanico tornitore e appassionato devoto di Sant’Antonio Abate, seguendo il padre nei vari preparativi per l’imminente festa del patrono, ebbe per primo un’illuminante “idea”, che comunicò di nascosto al genitore: “Perché non facciamo le ruote alla vara di Sant’Antonio Abate? Ormai le strade di Misterbianco sono quasi tutte pavimentate; sarà più comode e agevole per i devoti misterbianchesi trasportare il fercolo del santo durante la processione. Che senso ha tenere ancora quegli antichi aggeggi posti sotto la vara, quelle quattro “banane”, quattro larghe lunette di acciaio a forma di sci, che servivano un tempo per far scivolare la vara lungo le strade basolate del paese!?”. L’idea delle ruote piacque molto a don Paolo, che si complimentò con il figlio. Temeva, però, che la “rivoluzionaria” proposta avrebbe potuto trovare una forte resistenza da parte dei tanti devoti misterbianchesi, e soprattutto delle autorità religiose locali. Ma senza perdersi d’animo, i due decisero di parlarne innanzitutto con il parroco della Chiesa Madre, il sac. Giuseppe Scuderi, per sentire la sua autorevole e decisiva opinione.

Così una sera i due Nicotra, non senza un velo di timore e d’apprensione, bussarono alla Casa parrocchiale per comunicare al parroco il “progetto delle ruote”. Il parroco, dopo aver ascoltato con molta attenzione la descrizione dettagliata dell’opera da realizzare, ebbe un gesto di esultanza e di commozione; si complimentò con il giovane Alfio, ed approvò la proposta! Don Giuseppe Scuderi disse, però, che per la portata dell’intervento da eseguire era necessario comunicarlo alla Commissione Centrale e, soprattutto, al Mastru ‘i Vara, don Neddu Caudullo, ed avere da loro la definiva approvazione e autorizzazione ad eseguire il lavoro. Chiese anche di quantificare le spese che occorrevano per impiantare le ruote. Alfio disse che tutto il lavoro sarebbe stato a “costo zero” per la comunità, che lui, con l’aiuto dei suoi amici e colleghi dell’officina Motta, avrebbe predisposto tutto l’occorrente, il materiale e tutto il resto, e che inoltre l’operazione non avrebbe intaccato il loro regolare orario di lavoro, “tutto sarebbe stato fatto in orario extralavorativo, nei ritagli di tempo, nei giorni festivi, ed in maniera volontaria!”. Successivamente si svolsero i “temuti” incontri, prima con il Maestro di Bara e poi con la Commissione Centrale, ed ambedue, senza batter ciglio, piuttosto con esultanza, approvarono la proposta delle ruote. Il lavoro, dunque, poteva iniziare! Finalmente il giovane Alfio, con i suoi amici e colleghi, poteva mettere mano agli attrezzi del mestiere per realizzare la sua “illuminante” idea. C’era ancora però un ultimo ostacolo da superare: l’autorizzazione dei titolari Motta all’utilizzo degli arnesi e dei locali della loro officina. I fratelli Vincenzo e Mario Motta, anche loro misterbianchesi e devoti del santo, con slancio ed entusiasmo, approvarono il lavoro e misero a disposizione tutto l’occorrente (materiale, attrezzature e locali), per la buona riuscita dell’impresa. Inoltre, i tre giovani comunicarono ai principali che l’attività non avrebbe toccato l’orario lavorativo, né avrebbe comportato nessun onere economico, il che aumento l’ammirazione e la stima dei titolari nei confronti dei loro giovani dipendenti.

Così, Alfio Nicotra, con l’aiuto volontario di Pippo Murabito e Mimmo Murabito, anche loro meccanici nella ditta Motta, e appassionati devoti di Sant’Antonio Abate, nei ritagli di tempo, dopo l’orario di lavoro e nei giorni festivi e domenicali, approntarono tutto l’occorrente per realizzare l’opera, presero le giuste misure, coniarono sei robuste e resistenti ruote in lega di ghisa, due nell’asse anteriore, e quattro in quello posteriore, (dimensioni, cm. 30 di diametro, e 5 di larghezza), li rivestirono di un solido strato di gomma, per attutire i movimenti bruschi. Poi, nelle feste successive, le originarie ruote anteriori, per problemi di agibilità, vennero sostituite con altre due ruote (dimensioni, cm. 40 di diametro, e 12 di larghezza). Infine, predisposero e applicarono un ingegnoso ed efficiente sistema di frenatura, ancora funzionante. A ricordo dell’opera, sull’asta destra della vara, venne applicata una targhetta, con scritto: “L’applicazione rotabile è stata eseguita / gratuitamente dai meccanici / Nicotra Alfio – Murabito Giuseppe / e dall’apprendista Murabito Domenico / 1963”.

Le ruote vennero testate e collaudate, anzitempo, per poter essere utilizzate in tutta sicurezza durante la processione. Il lavoro era concluso. Tutto era pronto per l’inizio della Festa Grande. Le ruote vennero inaugurate, con successo, la domenica mattina, durante il giro esterno del Santo, della più imponente e coinvolgente festa patronale che la storia di Misterbianco ricordi. Era il 4 agosto 1963,… quando Sant’Antonio Abate scoprì la ruota…

(Fine)

Angelo Battiato

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