C’era una volta il Piano Duca (Le origini)

Piano Duca - MisterbiancoPosto nel cuore del centro storico di Misterbianco, il Piano Duca è stato da sempre un luogo d’incontro per intere generazioni di giovani misterbianchesi, per quella sua particolare “vocazione” al gioco e al divertimento. Uno spazio proteso tra il passato e il futuro del paese, sempre pieno di vita e d’allegria; un luogo d’accoglienza e di svago, in tutte le epoche, per tutte le stagioni, per tutti i misterbianchesi. Un rettangolo che ha rappresentato per tanti di noi, un territorio sconfinato, un intero pianeta, il mondo intero.

Disteso tra il Poggio Croce e i Quattro Canti, quasi a ricordare che la città in quella parte è nata per scelta, per una precisa volontà di uomini e donne con la ruina negli occhi, che scappavano dal fuoco e dalla distruzione, ma che non avevano mai perduto la speranza di vivere e di restare uniti. Così l’ho immaginata da sempre la “mia piazza”, abitata e vissuta da gente semplice, amabile, dedita alla gioia e al lavoro. Anche il Duca di Misterbianco lo scelse come sede del suo vetusto palazzo, dal portone prospiciente il Piano, adagiato su un lieve pendio, entravano gli armenti, i carri, le carrozze; da quel lato, dietro i muri merlati c’erano i locali per il deposito delle merci, delle derrate alimentari, delle botti; c’erano i magazzini e i malazzeni; da lì si scorgeva il magnifico giardino, con alberi d’alto fusto e i vialetti; e poi c’erano gli alloggi per il personale di servizio, la casa del fattore e dei massari. Dall’altra parte del Piano, oltre l’odierna via Giordano Bruno, che congiunge il Poggio Croce con il Piano della Chiesa Madre, e che attraversa i Quattro Canti, c’era il palazzo di don Mario Santonocito Zicu (tra i maggiorenti del paese); e poi, accanto all’edificio del maresciallo Addario, si estendeva l’antica casa paterna di nonna Agata, il mio “angolo di mondo”.

E il Piano Duca, da sempre, ha conteso la “predominanza” all’altra piazza che lambisce il Palazzo Ducale, piazza Mazzini, ‘u Munumentu, sede dell’ingresso principale del palazzo Trigona, e di alcune residenze di importanti famiglie misterbianchesi, ma nel tempo, forse per “quieto vivere” o per umiltà, il Piano Duca s’è adagiato quasi ad un ruolo subalterno, rispetto a piazza Mazzini, felice com’era d’essere stato scelto come “sede principale” della meglio gioventù del paese, che da mattina a sera l’animavano di vita e d’allegria. E intere flotte di giovani su quel terreno battuto lo istoriavano di battaglie infinite, di giochi di carusanza, di voci, di scherzi, di ingenuità, di candore d’altri tempi. Poi venne la guerra, e quando il “mondo passò” da Misterbianco, scelse proprio il Piano Duca per risalire e riconquistare l’Italia.

Prima, però, era stato scelto come “quartiere generale” dalle forze armate del Terzo Reich, e la residenza dei Duchi Trigona era stata requisita e utilizzata come sede del Comando germanico delle truppe stanziate in paese. Si narra che i soldati della Wehrmacht, perquisendo le case dei misterbianchesi, avevano confiscato molta mobilia, tavoli, tavolini, sedie, armadi (soprattutto di buona fattura), per arredare i loro uffici. Poi, la Seconda Guerra Mondiale prese “un’altra piega”, e lo sbarco degli Alleati, nel luglio del 1943, catapultò la Sicilia e Misterbianco al fronte, l’intero territorio etneo divenne teatro di guerra, e i continui cannoneggiamenti della marina colpirono e devastarono diversi quartieri del paese, danneggiando finanche la facciata della Chiesa Madre. Dopo la battaglia di Primosole e lo sfondamento della linea tedesca, a primi d’agosto le forze inglesi, precedute dalle cornamuse scozzesi, fecero il loro ingresso in paese, risalendo dalle “valanghe” dei Sieli.

Si racconta che nei giorni precedenti, i soldati tedeschi, senza sparare un solo colpo, dopo aver fatto brillare, rovinosamente, l’intero deposito di munizione, tra gli ulivi di Bovara, Mannianu e Cubba, per un’intera notte, “trasformandola in giorno” (raccontava mia mamma, che proprio in quella notte dormiva in un sonno profondo, e rimproverò sempre sua mamma di non averla svegliata in tempo per vedere quel gran spettacolo, unico e irripetibile!). Nella mattinata, invece, i tedeschi lasciarono precipitosamente e tumultuosamente il loro quartier generale e l’intero paese; al punto che, sparsa la voce, molti concittadini fecero irruzione negli uffici dell’ex comando tedesco, alla ricerca dei loro beni sequestrati, mobili, arredi, biancheria (raccontava mia mamma, che sembrava come un autentico esodo), una confusione infernale, un andirivieni di gente, donne, uomini, ragazzi, anziani, che impetuosamente cercavano e trasportavano i loro mobili, dal portone del Piano Duca del Palazzo Ducale; da lì usciva di tutto, mobili, arredi, suppellettili, enormi balle di lenzuola! Era come una scena d’un film! Chissà che fine ha fatto il ritratto del führer che campeggiava dietro la scrivania der Kapitan!? E nella gran confusione ci fu qualcuno (più di qualcuno), come spesso accade in questi casi, che naturalmente ne approfittò, arraffando tutto ciò che gli capitava prima, soprattutto i beni degli altri! D’altronde,… erano tempi duri, tempi di guerra!

Intanto, la mattina del 5 agosto del ‘43 le forze Alleate fecero il loro ingresso in paese, e si stanziarono, manco a dirlo, proprio nel “comodo” piazzale del Piano Duca. L’intero slargo divenne una “piazza d’armi”, una caserma a cielo aperto, con lo stazionamento di camion, camionette, mezzi militari, mitraglie, fucili, carri armati; davanti la banchina di mia nonna stavano ad asciugare enormi e resistentissimi teloni grigioverdi (da paracadutista, per le tende, chissà!?). E i soldati inglesi, per ingraziare le simpatie dei paesani - come sovente fanno anche adesso,… quando “esportano la democrazia” - iniziarono a distribuire alla popolazione locale abbondanti razioni di galletti, cioccolata e sigarette ‘miricane, e un pizzico di serenità, per l’approssimarsi, almeno in Sicilia, della fine del conflitto. E la sera, quando si ritiravano nelle loro tende al Piano Duca, i soldati ‘nglisi salutavano il nonno e la nonna: “Buona sera pà, buona sera mà!”. Questi ricordi di guerra, insieme ad altri di quel periodo, ritornavano sempre nei racconti della nonna nelle lunghe sere d’estate, seduti davanti al portone di casa. Poi, finalmente, passò la guerra e la bufera, venne la Repubblica e la democrazia, ma il Piano Duca rimase intatto, come sempre. Con l’arrivo degli anni ‘50, sul terreno battuto ed erboso del Piano Duca albergarono le baracche del circo equestre, che faceva tappa in paese, con il suo carico di umanità, di vivacità, d’allegria sfumata di melanconia, com’è spesso l’ambiente circense, dove tanti artisti, trapezisti, prestigiatori, domatori d’animali, clown, buffoni, allietavano le serate estive dei misterbianchese.

Si racconta che gli artisti e il popolo circense, di mattina, smessi i costumi di scena, sovente socializzavano con i “vicini di casa” del Piano Duca,… comprando uova e verdura! Indimenticabile era la figura di “Bagonghi”, il clown nanetto, pimpante e coinvolgente che divertiva e che “teneva banco” durante tutto lo spettacolo serale (Bagonghi o nano Bagonghi è un nome usato dai nanetti tra le fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento per definire i nani che lavorano nei circhi, nelle fiere e nei baracconi. L’origine del nome è incerta, ma alcuni ritengono che derivi da “Ba Kango”, nome di una tribù pigmea dell’Africa occidentale. Fonti Wikipedia). Ma la vera goduria era il Circo d’estate, all’aperto! Nella stagione estiva, infatti, i gestori del circo, preferivano togliere la grossa cappa di tela che copriva la pista e far svolgere gli spettacoli… “sotto le stelle”! E le sere degli spettacoli erano delle vere e proprie feste di quartiere! In ogni angolo del Piano Duca, nelle strade, nell’uscio, sulle banchine, i residenti con parenti e amici, si godevano lo spettacolo circense… “a gratis”! (Come nella mitica scena del film “Nuovo Cinema Paradiso”, poco prima dell’incendio del cinema).

Ma il Piano Duca serviva anche ad altro! Per far asciugare la biancheria, per esempio, o per fare l’astrattu, far essiccare l’estratto di pomodoro, o altre conserve che servivano per l’inverno, o per far asciugare le mandorle sgusciate o i fichi secchi. Le massaie del luogo, che si conoscevano tutte e che si aiutavano a vicenda, usavano il Piano Duca quasi come un “luogo privato”, come un grande “cortile di casa”. E il Piano Duca gongolava felice nel poter aiutare tanta buona gente! E pareva pure che dicesse, “lasciate che i bambini vengano a me”! Su quella terra battuta chissà quante marachelle, quante scorribande, quante corse a perdifiato, fino a che non moriva il sole e in attesa del nuovo giorno! Ma anche quante poppate, quanti scappellotti, quante cadute, quanti litigi! E quante serenate e quanti amori avrà visto nascere e custodito segretamente, nelle sue viscere, il Piano Duca!
(Fine prima parte)

Angelo Battiato
 
 

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