8 Marzo, altro che "Festa" ! L'incontro di riflessione alla Fidapa di Misterbianco

Fidapa - Marisa ScavoAltro che “festa”, la ricorrenza dell’8 marzo, ora drammaticamente preceduta in Italia dall’ennesimo femminicidio di due giovani donne. Mentre c’è chi “festeggia” senza problemi la Giornata internazionale, allo Stabilimento Monaco invece un qualificato incontro pubblico di riflessione sulla situazione attuale e sul quadro normativo contro la “violenza di genere”, voluto dalla Sezione Fidapa di Misterbianco che già tra l’altro aveva promosso col Comune la “carta dei diritti delle bambine”.

Un momento introdotto dai solidali interventi della presidente del sodalizio, dott.ssa Lucia Longo, del vicesindaco Matteo Marchese e della presidente del Consiglio comunale Anna Pestoni, presenti anche l’assessore alla cultura Federico Lupo, la delegata alle pari opportunità Caterina Caruso e la presidente della Commissione consiliare cultura Fina Abbadessa.

Pregevole la relazione della dott.ssa Marisa Scavo, procuratore aggiunto della Repubblica, che con un’efficace sintesi e non limitandosi agli aspetti giuridici ha sottolineato come il nostro Paese, di fronte all’angoscioso e irrisolto problema della violenza sulle donne, registri oggi un’inquietante fase di arretratezza e regressione culturale, testimoniata anche dal recente documento dei giovani della “Lega” di Crotone (con una donna relegata solo a gestire la quotidianità nel contesto domestico) e dall’inopinata sentenza della Corte d’Appello di Bologna che dimezzando una pena per una dichiarata “tempesta emotiva” rischia di riportarci al “delitto d’onore” cancellato dal 1981. Bisogna far cessare il presunto “amore” praticato come “proprietà” e schiavitù. Con una legislazione pur migliorata e adeguata dal 2012 in poi alle direttive dell’ordinamento europeo, che dovrebbe offrire “segnali” positivi di tutela nel contrasto a femminicidi, violenze domestiche e persecuzioni (in aumento lo stalking) ma che nelle sue scarse applicazioni quotidiane non riesce ancora ad offrire sicurezza e dignità alle donne, pur nel confortante aumento delle denunce, in un contesto tra l’altro largamente privo di lavoro e serenità economica; con tanti “campanelli d’allarme” non percepiti, o addirittura “nascosti” all’esterno dalle stesse vittime e dai familiari, e tanti ritardi o remore (spesso letali) nella repressione.

Ci sono buone leggi (come la n.122 del 7 luglio 2016 e la n.4 dell’11 gennaio 2018) e buoni strumenti (come un fondo di solidarietà per le vittime, il c.d. “arresto differito” che può interrompere in tempo utile l’escalation di violenza, ecc.). Ma, a parte ulteriori e incisivi interventi normativi e strumenti operativi, occorre ancora realizzare un valido sistema complessivo di prevenzione e tutela, di vicinanza e supporto (psicologico, affettivo ma anche economico), che parta da una motivata ed efficace “rete” tra famiglie, scuola, ambienti lavorativi, servizi sociali e consultori, salute mentale, forze dell’ordine e magistratura, servizi sanitari e di pronto soccorso, con l’ausilio anche di un utile sistema informatico regionale. Una strada lunga e ben difficile, con tanto lavoro ancora da fare sulla formazione, sulle coscienze, sulla sensibilità, sulla mobilitazione. E dove le mimose restano solo il simbolo e l’omaggio di un giorno all’anno.

Roberto Fatuzzo

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