«Indennità nei Comuni, l'Ars difende privilegi»

Nino Di GuardoCatania. La premessa è autocoscienza: «Sì, lo so che dopo questa cosa si incazzeranno tutti anche nel mio partito. Ma la devo dire, perché qui la gente ci mangia la faccia. Ci vuole sobrietà e responsabilità, se no ce ne possiamo andare tutti a casa». Nino Di Guardo, sindaco di Misterbianco, nuota controcorrente nel mare siculo delle proteste contro i tagli alle indennità degli amministratori e al numero di consiglieri nei Comuni.

«Condivido la proposta dell'assessore regionale Baccei di allineare la legislazione siciliana a quella nazionale per quanto riguarda la riduzione sia del numero dei consiglieri e degli assessori comunali sia delle indennità».

Perché questa posizione netta? I suoi colleghi non la pensano come lei...
«La vitalità democratica dei comuni non dipende certo dall'ammontare dell'indennità percepita dagli amministratori, bensì dalla passione politica e dallo spirito di servizio che gli stessi profondono nel loro impegno pubblico. È innegabile che il costo della politica oggi risulta eccessivo e diventa insopportabile alla luce delle attuali difficoltà finanziarie dei comuni. Nel mio comune, che conta circa 50mila abitanti, il Consiglio comunale costa ogni anno mezzo milione di euro e gli emolumenti per la Giunta e il presidente del Consiglio assommano a oltre 150.000 euro malgrado la decisione di questi ultimi di ridursi del 50% le loro indennità. Io dovrei percepire 2.600 euro netti, ne prendo la metà».

Ma fare il sindaco, soprattutto in centri grossi, è un impegno difficile da gestire "full time".
«È vero, come sostiene il presidente Crocetta, che l'indennità dei sindaci, specie di quelli a tempo pieno, non è commisurata alla complessità della carica e alle responsabilità che ne derivano. Ma, in tempi di difficoltà economica e di crisi sociale, spetta ai politici dare esempio di sobrietà e di spirito di sacrificio. Invece all'Ars mi sembra che stia prevalendo un pessimo segnale: si utilizza l'Autonomia per garantire i privilegi. Anche quelli ormai insostenibili dei consiglieri comuali, magari coperti dai deputati regionali che li utilizzano come portatori di voti e che adesso ricambiano pressando per il mantenimento di uno status che non è più sostenibile».

Come va cambiato il sistema dei gettoni ai consiglieri?
«Occorre stabilire un'indennità fissa per i Consiglieri, non superiore a 1/5 di quella del sindaco, modificando l'attuale meccanismo che la lega ai gettoni di presenza. Questo sistema, infatti, porta inevitabilmente a un proliferare di riunioni di commissioni sui temi più disparati determinando di fatto una degenerazione della vita democratica. Con un'indennità fissa, eventualmente soggetta a diminuzione nei casi di assenza ingiustificata alle sedute del Consiglio comunale, si ridurrebbe notevolmente la mortificante pratica di convocare continue riunioni di commissioni consiliari al solo fine di acquisire il gettone di presenza. Pratica che trasforma la democrazia in mera parodia di se stessa e sottrae prestigio e dignità alla carica di consigliere comunale. Limitando le riunioni solo a quelle strettamente necessarie, si ridurrebbe in conseguenza sia l'impegno dei dipendenti comunali, distolti dai compiti d'ufficio per redigere i verbali delle commissioni, sia la spesa per il Comune che è tenuto a rimborsare i datori di lavoro dei consiglieri per la mancata prestazione lavorativa derivante dalla partecipazione degli stessi alle riunioni delle commissioni. E poi ci vorrebbe anche un freno ad altre assurdità che pesano sulla dignità della politica e sui soldi dei cittadini».

Quale freno? A cosa si riferisce?
«È necessario stabilire, con una norma, un numero minimo di consiglieri, non inferiore a tre, per poter formare un gruppo consiliare perché non è accettabile l'andazzo attuale che induce al continuo moltiplicarsi delle figure di capigruppo per le quali è prevista, tra l'altro, la possibilità di beneficiare mensilmente di ulteriori 36 ore di assenze lavorative».

Non si sente un po' in minoranza, da amministratore locale, nel combattere questa battaglia?
«Non mi interessa nulla. L'attività di amministratore comunale non può diventare un mestiere, un modo per sbarcare il lunario. Lo so che a parlar chiaro ci si attira antipatie e impopolarità. Ma non si può far finta di niente. Ogni ipocrisia va abbandonata se vogliamo veramente dare più credibilità alla politica e tentare di riavvicinare i cittadini. Altrimenti diamo legittimità ai populismi stile Grillo, in un contesto dove la gente non ha nemmeno da mangiare e assiste ai fallimenti delle finte riforme, dagli Ato mangiasoldi alle Srr ferme fino al bluff delle Province».

Mario Barresi
La Sicilia
31/01/2015

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