Meglio le vecchie province, rifondate e riviste o le nuove Città Metropolitane?

Carmelo SantonocitoNon è un interrogativo da poco conto poiché riguarda il nostro territorio ed in particolare il nostro comune. Nel settembre scorso ebbi modo di intervenire sulla vicenda, su queste stesse pagine, prevedendo che quel DDL non avrebbe visto la luce.

Non sono stato una cassandra, ma è bastato leggere l’assurdità di quella iniziativa legislativa per comprendere, come poi è avvenuto, che il DDL andasse a finire nel cestino della carta straccia.
Il presidente Crocetta e l’assessore Valenti compresero che una riforma di tali dimensioni non poteva essere calata dall’alto come si cercò di fare con una riunione di esperti in piena estate tenutasi al Comune di Catania.

Il Governo Regionale corse ai ripari per la solita fretta di fare tutto presto e subito e riformulò ad ottobre il DDL evitando di sopprimere i comuni, ma riducendo la loro autonomia e sempre senza prevedere alcun confronto.

Domenica al teatro comunale è stato organizzato un incontro dibattito sul tema da parte del Pdl. Una iniziativa lodevole dove però è mancato il dibattito poiché il pubblico si è dovuto limitare ad ascoltare le relazioni e gli interventi delle persone invitate, senza dare la possibilità ai cittadini di potere intervenire per dire la propria idea sul disegno di legge, articolare una proposta, avanzare delle modifiche.

Non avendo avuto questa possibilità ed avendo a cuore questo problema di riorganizzazione territoriale non mi è rimasto che affidare a questa pagina alcune riflessioni, sia sul dibattito che sull’articolato del disegno di legge che credo pochi, tra i relatori intervenuti, avevano letto, auspicando l’avvio di un vero confronto che porti ad una regolamentazione funzionale e condivisa.

Personalmente convengo su molte delle critiche avanzate dal presidente regionale di Confcommercio Agen che mi auguro vengano recepite tanto da auspicare il ritorno alle vecchie province, anche se con compiti ed organizzazione diversa.

Ritengo che anche questa volta il Governo Crocetta nel cercare di mettere delle pezze e tappare i buchi del primo disegno di legge, abbia continuato a sbagliare per la fretta, per la mancanza di confronto oltre, mi dispiace constatarlo per quello che dirò appresso, per l’assoluta inconcludenza di dirigenti regionali profumatamente pagati.

Le voci contrarie che si erano alzate nel settembre scorso riguardavano la soppressione dei comuni ed ecco che il presidente Crocetta prima dice, per calmare gli animi, che si effettuerà un referendum, senza però specificare le modalità previste nello stesso disegno di legge, poi vistosi scoperto, come un prestigiatore, rinomina i “presidenti delle municipalità” in “sindaci di comuni metropolitani” mettendo a tacere quei sindaci che avevano annunciato barricate.

Così facendo il Governo Crocetta, con un altro annuncio, ha pensato di aver risolto il problema.
Ed invece i problemi si sono moltiplicati proprio per il pressapochismo o di chi ci governa o di chi mette nero su bianco, modificando un testo o di tutti e due assieme.

E’ vero che lo stesso on. Pogliese intervenendo nell’incontro al Teatro comunale ha affermato che il secondo testo è migliore del primo e che può essere migliorato in commissione ed in aula, confidando nelle capacità del neo presidente di commissione on. Cracolici, ma ritengo che la commissione o l’Ars debba fare più di una semplice limatura.

Provo ad elencare alcuni paradossi:
I 18 comuni soppressi per la città metropolitana di Catania vengono trasformati in 9 comuni metropolitani, ma dimenticano, o forse lo si fa volutamente, il comune di Acicastello che è contiguo a Catania così come Misterbianco o Tremestieri Etneo;
Ai nove comuni inclusi nella seconda bozza, in buona sostanza, basta leggere le competenze, resterà l’autorità per tappare le buche nelle strade e fornire i servizi di stato civile ed anagrafe, poiché tutto il resto passerà alle competenze della città metropolitana.

Infatti leggendo le prerogative del nuovo ente territoriale, ai servizi riguardanti il trasporto, i rifiuti, l’acqua, il commercio e la scuola il disegno di legge ingloba tutto arrivando anche ad occuparsi di opere pubbliche, urbanistica, e perfino dei servizi sociali e dei beni culturali.
In buona sostanza ai nuovi comuni metropolitani non resterà nulla!

Ma c’è di più.
Il disegno di legge prevede oltre ad un “sindaco della città metropolitana” anche una “conferenza metropolitana” alla quale partecipano i singoli sindaci dei comuni metropolitani i quali eleggono a loro volta il sindaco della città metropolitana ed approvano le delibere di competenza.

E qui il primo pastrocchio.

Il Governo Regionale utilizzando, nella seconda bozza del DDL, come sistema elettorale per eleggere il “sindaco della città metropolitana”, quello della doppia maggioranza e cioè che tiene conto della maggioranza assoluta dei comuni che rappresenti anche la maggioranza della popolazione residente in realtà determina di fatto un diritto di veto poiché, come nel caso di Catania, senza il voto del sindaco di Catania nessuno potrà essere eletto in quanto il comune di Catania da solo conta 290 mila abitanti e tutti e nove comuni messi assieme arrivano appena a 170 mila abitanti.

Un vero diritto di veto come al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, solo che in questo caso non viene evidenziato, ma sta nei numeri.
Sfido in simili condizioni a trovare una maggioranza, con le normali contrapposizioni politiche, che riesca a deliberare ed eleggere un sindaco della città Metropolitana senza l’apporto di Catania.
Per non parlare poi delle delibere che debbono essere votate, per essere valide, con la maggioranza dei due terzi dei componenti che rappresentino almeno il cinquanta per cento della popolazione residente.
In buona sostanza, sempre veto permettendo da una parte, basterebbero quattro sindaci di piccoli comuni a bloccare qualsiasi delibera.
Risultato: o si raggiunge ogni volta un assurdo compromesso, oppure non si delibera nulla.

Ma può essere questo il modo di governare una città metropolitana che ha come obiettivo di paragonarsi alle grandi città metropolitane del nord Europa?
Può un Governo regionale che dichiara di fare la rivoluzione in Sicilia, prevedere simili cose?
Possono i dirigenti regionali, dalle liquidazioni, pensioni e stipendi d’oro restare silenti o avallare simili nefandezze?
Credo proprio di no.

Penso che se non si voglia tenere commissariate tutte le province per i prossimi anni, occorra una buona dose di umiltà del presidente Crocetta, buttando nel cestino anche il secondo testo del disegno di legge e conservando l’unica cosa buona esistente e cioè che le città metropolitane o forse sarebbe meglio chiamarle ancora province, ma metropolitane, sono enti territoriali di secondo livello il cui governo è eletto indirettamente dalla popolazione tramite i propri rappresentati e cioè dai sindaci dei vari comuni.

A questo nuovo ente spetteranno funzioni di gestione di tutti quei servizi che possono veramente determinare delle economie di scala, (per favore non con lo stesso metodo delle Ato rifiuti che hanno affossato i bilanci dei comuni e svuotato le tasche dei cittadini), e maggiore razionalizzazione della spesa oltre che una migliore organizzazione a beneficio dei cittadini residenti, lasciando ai comuni quelle peculiarità proprie del territorio senza calpestare le identità e la storia secolare delle singole comunità.

Una riforma così importante non può essere fatta solo per attirare i contributi comunitari previsti per le città metropolitane come non è possibile tenere commissariate nove province chissà per quanto tempo ancora.

Tanto vale, proprio perché il disegno di legge non prevede alcuna spesa e perché la rappresentanza democratica va garantita, varare una “leggina” dicendo che le province sono governate dall’assemblea dei sindaci in attesa di un vero e proprio riordino territoriale dopo un profondo confronto.

Carmelo Santonocito

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