Trentacinquenne scrittore milanese è già al secondo romanzo con "Fermati tanto così" edito da Baldini e Castoldi. Quattro chiacchere nel salone di Tertulia con un autore che è gia "cult"...
“Ok - gli diciamo - fuori subito un numero autografato di “’Tina la rivistina”, la celeberrima fanzine di letteratura, un oggetto di culto per le nuove generazioni, che lui, il trentacinquenne Matteo Bianchi, da Milano o giù di lì, editava focotopiandola di nascosto al capo dell’ufficio pubblicitario nel quale lavorava (?). Sullo sfondo degli algidi scaffali postmoderni della Libreria-Caffè Tertulia lui, sempre Matteo Bianchi, al secondo romanzo con “Fermati tanto così” edito da Baldini & Castoldi (e già alla seconda edizione), si tormenta il pizzetto rossiccio, preciso nelle linee morbide di un volto pieno e luminoso - un volto di ragazzo - mentre ammette desolato (anche se avvertiamo un sogghigno impercettibile) - che “ ormai la rivistina ormai è solo on-line e adesso non posso più rubare la carta…” Il Matteo Bianchi free-lance vanta una serie di impressionanti incursioni nelle maggiori riviste dello stivale underground (da “Linus” a “Label”) e si dichiara provocatoriamente della generazione di Vanna Marchi. “Già, l’avvento delle tv private – comincia con la serena regolarità di una vecchia Lettera 22 - ha costituito un cambiamento epocale; ho prima vissuto sulla mia pelle il gap tecnico-culturale della mancanza di un televisore a colori per poi subire l’invasione e la proliferazione di canali su canali. Proprio lo zapping però lo ha messo in contatto “con un sottobosco di personaggi, venditori soprattutto, che rappresentavano un modo diverso di fare televisione: erano l’altra televisione.” E’ anche questo il mondo che provocatoriamente Matteo Bianchi sente suo e ha descritto nel primo romanzo “Generation of love” (il titolo, mutuato da una canzone di Boy Gorge, è una celebrazione della cultura pop): un racconto sul diventare grande di un ragazzo omosessuale, una storia che una volta tanto fosse però priva dagli elementi tragici: una storia normale, leggera e anche autoironica”. Lui, Matteo Bianch,i chiarisce: “Identificare la mia generazione sfasata e priva di riferimenti politici, nelle icone sbagliate e sguaiate della televisione degli anni ’80 era un modo paradossale di dichiararci privi di valori di riferimento”. Eppure quelli sono stati anni di grande creatività…”Proprio perché mancavano dei riferimenti culturali forti – precisa Matteo – è stato possibile Tondelli con gli “under 25” insieme a tante altre vie di sperimentazione, anche quelle che poi sono finite nel nulla”. Il vizio (congenito in lui) della scrittura si condensa dopo una impressionante serie di pubblicazioni alternative (“Non si può mica fare il bagno con queste troie di onde” nella collana Mille/Lire, la dice già lunga) proprio con il suo primo libro “scritto nei ritagli di tempo” e immediatamente pubblicato. Circa i suoi autori di riferimento, quelli della formazione interiore, il Bianchi aggiunge: “Pier Vittorio Tondelli è imprescindibile anche se nutro una passione viscerale per gli autori multimediali, da Andy Wharol ad Jean Cocteau, apprezzo per esempio anche l’Almodovar scrittore, fotoromanziere e musicista punk”. E la letteratura italiota giovanile? osiamo noi. “Molto viva, con un gruppo di autori assai interessanti: Paolo Nori con il quale condivido l’impronta autobiografica, Andrea Mancinelli, Niccolò Ammanniti”, tutti con una caratteristica positiva: quella della mancanza di sovrapposizione. “Ehi – intona all’improvviso con una incipiente incazzatura – ma non mi hai chiesto niente di “Fermati tanto così”! E continua: “Questo romanzo è una storia autobiografica che racconta il topos del “servizio civile” svolto in un centro per bambini psicotici, l’Istituto Villa Azzurra. Da studente di psicologia pensavo di essere la persona giusta nel posto giusto invece è stato l’avvicinamento ad un mondo alieno, quello della malattia mentale, reso ancora più difficile dalla presenza coinvolgente e straziante dei bambini. E’ anche il resoconto del fallimento dei miei studi rispetto alle mie attitudini ma anche quello del successo dei rapporti affettivi ed umani. Anche il lettore arriva impreparato poi così come il narratore entra in contatto con quel mondo, ricco pure di effetti divertenti ed imprevedibili”: insomma una epopea nella “fortezza vuota” di cui parlava Bettelhaim, ma coi toni divertiti per non cadere nel melòs totale. A dicembre Matteo Bianchi sarà al “Bookfestival” di Scordia. Ovviamente il suo libro, dopo avercelo fatto autografare, l’abbiamo rubato…