Lavia rilegge Il malato immaginario, tributo a Molière e Pascal

Teatro Stabile
Cresce l’attesa per il ritorno di Gabriele Lavia sul palcoscenico del Teatro Stabile etneo, che lo vedrà protagonista e regista di un classico del teatro di tutti tempi, “Il malato immaginario” di Molière, in scena alla sala Verga dal 12 al 17 aprile. Prodotto dallo Stabile dell’Umbria e dalla Compagnia Lavia Anagni, lo straordinario allestimento si avvale della traduzione di Chiara De Marchi; Alessandro Camera firma la scena, Andrea Viotti i costumi, Simone De Angelis le luci, Giordano Corapi le musiche.

Sul palco un cast di qualità: Giulia Galiani, Lucia Lavia, Gianni De Lellis, Andrea Macaluso, Pietro Biondi, Michele Demaria, e ancora Mauro Mandolini, Alessandro Parise, Giorgio Crisafi, Barbara Begala.

Impegnato in una prestigiosa tournée, Lavia dà voce e corpo all’ipocondriaco Argante, con una lettura innovativa che punta sulle affinità che legano l’autore al pensiero di Pascal e all’esprit de finesse. Spiega l’artista: «L’ultima opera di Molière pone, a partire dal titolo, due problemi, due "altrove" dell'Essere: la Malattia e l'Immaginario. Il titolo, ambiguo, vela probabilmente il senso profondo. È la storia di un Malato (soggetto) immaginario (predicato), oppure è l'Immaginario (soggetto) malato (predicato)? Basta spostare l'enfasi su una parola piuttosto che un'altra e cambia tutto. I due grandi filosofi del tempo, Cartesio e Pascal, hanno visioni del mondo diverse. Cartesio direbbe che il Malato è soggetto e Immaginario predicato. Pascal, al contrario, direbbe che è l’Immaginario soggetto e malato predicato».

Nei "Pensieri", l'opera più importante di Pascal, ve n’è uno che ha come titolo "Immaginazione" e parla proprio di Medici: Se i Dottori non avessero berrette quadrate e toghe ampie, mai avrebbero ingannato il mondo. Altro principio di errore dell'immaginazione sono le malattie, corrompono Giudizio e Percezione. L'uomo è dunque costruito in modo da non possedere alcun principio giusto del Vero e molti eccellenti principi del Falso: un soggetto pieno di Errore Naturale.

Emblematico quest'altro “Pensiero”: Pericoloso dire al popolo che le leggi non sono giuste, poiché obbedisce solo perché le crede giuste. Perciò bisogna dirgli che alle leggi bisogna ubbidire in quanto tali, così come bisogna ubbidire ai Superiori non perché siano giusti, ma perché sono superiori.

«È evidente – osserva Lavia - che Molière conoscesse l'opera di Pascal e fosse vicino alla sua filosofia. Nella "Stanza-Mondo" del Malato c'è una legge a cui si deve obbedire ciecamente pena la Morte. La Legge del Clistere. Rifiutare l’"introduzione anale" del Clistere è un "delitto atroce di lesa facoltà". C'è altro da dire?»

All'alzarsi del sipario vediamo un uomo maturo, ma non vecchissimo, che sta "registrando" su un vecchio magnetofono i resoconti di purghe e clisteri a lui imposti dal Professor Dottor Purgone.

«La stanza della malattia dell'Immaginario - chiarisce Lavia - diventa specchio del mondo. L'Immaginario è il lato oscuro e malato di quest'uomo solo, succube del Potere e del suo edificio ideologico. Il Potere sono i Medici, l'Edificio Ideologico è la Malattia. Argante vuole segnalare al Potere-medico che lui conduce una vita piena di "senso". E il senso è la Malattia per la quale "deve" curarsi. Ma noi sappiamo che la Malattia non finirà mai e i clisteri cesseranno alla morte di Argante. Chi è quest'uomo chiuso in un Immaginario malato? È una specie di "Doppio" che non è mosso da se stesso ma da un "immaginario, altro da sé”. In altre parole: Argante è malato e perciò chiama i medici, o è il "Potere" dei medici che ha imposto ad Argante la Malattia dell'Immaginario per essere chiamati a esercitare il loro potere? Argante è l'oggetto del desiderio dei medici o sono i medici l'oggetto del suo desiderio?»

C'è un solo modo per sfuggire alla tirannia del Potere: farne parte, imparentarsi. Non avendo un figlio maschio, non resta che la figlia Angelica.

E Lavia conclude: «La malattia di Argante è la Vita che, come dicevano i Greci, è il “periodos tanatoforos”, un cammino verso la morte. E Molière portava in scena, nel suo corpo, la realtà della sua propria morte. Perciò nello spettacolo i brani che il protagonista ascolta dal registratore sono tratti da "Malone muore" di Beckett».

Lavia procede con profonda introspezione, quasi a voler ricongiungere la sorte del misantropo Argante al destino disfattista che serpeggia nel soliloquio di Malone. Dall’Immaginario malato di matrice secentesca al mal de vivre del Secolo Breve.

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