Al solo pensiero vengono i brividi, arrìzzuni ‘i carni! A immaginare quella Scena vengono le vertigini, quasi fossimo a camminare su un filo di cotone sulla cima dell’Everest. Si avverte proprio un mancamento, uno stordimento dell’anima. Ma andiamo sulla scena. Sembra quasi la cronaca di una morte annunciata. L’Innocente, il Giusto, Colui che in vita non fece male a nessuno e che disse, “Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi”, è massacrato, e viene calato dalla croce dov’era stato appeso e inchiodato, mani e piedi, qualche ora prima.
L’Uomo è morto senza nessun rantolo, senza pronunciare neppure una parola di rancore, di odio verso i suoi carnefici, verso coloro che lo hanno assassinato. Anzi, sino all’ultimo, ai suoi sventurati e casuali compagni di martirio, proferì queste strane parole, fuori dal tempo e dalla storia, “Oggi stesso sarai con me in Paradiso”. E anzi, prima dell’ultimo respiro sussurrò, “Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno”. Chi era quest’uomo, chi era Gesù per osare queste parole!? Ma la scena è drammatica all’inverosimile. Gesù viene sceso dalla croce da alcuni ebrei e dai soldati romani incaricati dell’operazione, in fretta e furia, prima dell’arrivo del giorno del sabato, che vietava qualsiasi operazione di sgombero e di rimozione dei cadaveri dal Gòlgota, il luogo del supplizio.
In cima alla croce vengono appoggiate due scale, “a destra Giuseppe D’Arimatea ha già tolto il chiodo dalla mano sinistra”, mentre a destra, con un martello, un altro batte dietro al legno per togliere il chiodo dell’altra mano, qualcuno prende la corona di spine, zuppa di sangue. Ma il vero dramma è sotto la croce. Già i piedi schiodati sono tenuti da Giovanni, il suo amico prediletto, che guarda impressionato con cuore a pezzi il suo Maestro. Dietro di lui alcuni soldati romani, uno su un cavallo imbizzarrito guarda distratto la scena, mentre altri infuriati fanno fretta di accelerare l’operazione. “Il corpo irrigidito di Gesù, leggermente arcuato sul tronco, che ancora pende dalla croce, tenuto solamente dal chiodo della mano destra, dà esattamente la dimensione del lancinante dolore patito”.
Sua madre, Maria, per l’intensa sofferenza e per il trauma nel vedere il suo amato figlio morto, è svenuta, ed è sostenuta amorosamente da Maria di Magdala, Maria di Cleofa, sua sorella, e da Maria Maddalena, le pie donne. Mentre, poco più in là, alcuni soldati, in maniera indifferente, accovacciati a terra, tirano a sorte con i dadi la tunica del Nazareno. Si sentono singhiozzi, gemiti, pianti. Su tutta la scena, un nero sole brucia il dolore e le lacrime, mentre il vento scombina le vesti e disperde le urla di disperazione. E’ l’ora più buia della storia dell’umanità. “Il figlio dell’Uomo”, Colui che disse, “il mio regno non è di questo mondo”, giace in una pozza di sangue e acqua, dentro un grezzo telone bianco, sostenuto da mani incredule e impaurite. La sua storia terrena peggio di così non poteva finire.
Le autorità romane, indifferenti alle questioni religiose locali, “lavandosene le mani”, hanno difeso l’ordine costituito e il potere dell’imperatore. La loro “pax romana”. I sacerdoti e le classi dirigenti ebraiche hanno difeso il senso di appartenenza e di attaccamento alla religione dei loro padri, dal forte valore identitario per la tutela e la conservazione del loro essere “nazione eletta”, anche in tempi difficili di dominazione straniera. A costo di sacrificare un connazionale che aveva osato contraddire la loro antica fede, di giustificare, in qualsiasi modo, lecito e illecito, la morte di un uomo. Anche il Sinedrio di notte avevano convocato! Erano riusciti, persino, a far liberare Barabba, un “combattente per la liberazione del popolo dal dominio romano”. Chi è questo Gesù? Che voleva? Cosa pretendeva? Quanto può valere la sua vita, davanti al potere dello Stato e della religione dei padri? Un velo pietoso, e un enorme macigno, vengono distesi davanti la sua tomba, presa in prestito. Ma, dopo tre giorni, la luce della domenica mattina tutto cambierà… e sarà un’altra storia!