I Soprannomi Siciliani: 'i 'Ngiùrii

Soprannomi SicilianiC’è stato un tempo, in Sicilia, nei paesi, nei borghi, nei piccoli villaggi, ma anche nei quartieri delle città che per indicare e identificare una persona si ricorreva al soprannome, alla ‘ngiùria, come veniva detto in siciliano, e a Misterbianco, pecchi o pèccara, peccu (sing.). “La considerazione della marginalità nella nostra cultura, di certe forme onomastiche può spiegare questo modesto interesse da parte delle scienze etnoantropologiche. Attualmente in Italia c’è un certo interesse per lo studio dell’eponimia in generale e dei soprannomi in particolare”. (Antonino Marrale, L’Infamia di un nome, Gelka Editrice, Palermo 1990, p. 20).

I ‘ngiùrii fanno parte della cultura siciliana, sono una delle più genuine espressioni della nostra gente, un’invenzione popolare, spesso derisoria e scherzosa, che era affibbiata all’interessato, il più delle volte a sua insaputa. Ed ancora oggi sono molto diffusi specialmente nei piccoli centri, dove la gente è conosciuta più per la ‘ngiùria che per il cognome. Nella tradizione siciliana la ‘ngiùria aveva una grande importanza ed era un segno distintivo di ogni persona, di un’intera famiglia, di un casato. Dal soprannome si capiva tutto, chi era, a chi “apparteneva”, da dove veniva, che lavoro faceva, dove abitava, il lignaggio, l’appartenenza sociale; si comprendeva anche il carattere, le doti morale e umane, il comportamento, il grado d’istruzione e, soprattutto, lo status sociale della persona e della propria famiglia. In origine il soprannome serviva ad identificare una persona, e nel tempo si trasmetteva da padre in figlio, consolidandosi nel corso degli anni come una sorta di cognome. In quest’ottica si capisce perché un soprannome poteva essere condiviso da più famiglie. I ‘ngiùrii erano, quindi, una “carta d’identità ideale”, un patrimonio immateriale che seguiva inscindibilmente la persona e la famiglia, un riconoscimento del grado sociale raggiunto, del prestigio e della considerazione socioeconomica di cui godeva all’interno della propria comunità e dell’intero paese. Addirittura, era il grado di conoscibilità e riconoscibilità del soprannome che “attestava” lo status e il prestigio sociale raggiunto dalla persona nel proprio paese.

L’origine dei soprannomi in Sicilia si perde nella notte dei tempi, essi derivavano spesso dal luogo di provenienza di una persona o dal suo lavoro, dal carattere, da una qualità fisica o morale, da un atteggiamento, da un comportamento, o da una determinata situazione creatasi nel corso della sua vita. Spesso provenivano dal nome di animali e cose, o da suoni onomatopeici, talvolta si trattava di parole o espressioni difficilmente riconducibili a qualcosa di concreto, e privi di un significato comprensibile e traducibile in italiano.

Era d’obbligo, però, non rivolgersi mai direttamente ad una persona con la sua ‘ngiùria perché avrebbe potuto causare litigi e grandi offese; il soprannome era considerato un’ingiuria, un’offesa, ‘ngiùria, appunto, anche quando il termine non era per niente offensivo. E quando, senza saperlo, una persona (generalmente un forestiero) si rivolgeva ad un’altra chiamandola con la ‘ngiùria, invece che con il cognome, si verificava istantaneamente un silenzio agghiacciante tra tutti gli astanti, seguito da tanto imbarazzo, da qualche goffo tentativo di spiegazione e spesso… si arrivava alle mani! E i ‘ngiùrii, debitamente declinati al maschile, al femminile o al plurale e spesso preceduti dagli articoli “lu o u” per il maschile, “la o a” per il femminile e “i o l’” per il plurale, venivano estesi alla famiglia e a tutto il parentado e tramandati, da padre in figlio. Alcune famiglie, addirittura, facevano incidere i soprannomi accanto ai loro cognomi nelle cappelle cimiteriali, come segno identitario e di riconoscimento sociale, così da tramandarli… in eterno! E nei secoli, poi, alcune ‘ngiùrie, italianizzate, sono diventate dei secondi cognomi, ufficialmente registrati all’anagrafe, per distinguere i vari rami di un’antica famiglia o, addirittura, esse stesse si sono trasformate in cognomi. Adesso sembra che siano superate, che appartengano solo al passato, che sono soltanto un’antica usanza di un tempo lontano: nulla di più sbagliato! I soprannomi non fanno parte di una civiltà scomparsa, ma sono espressioni culturali vive, permangono nel tempo, nascono con gli uomini, ne rilevano i vizi e le virtù e con loro muoiono se non possono più essere trasmessi per mancanza di eredi. La “produzione” dei soprannomi è sempre attiva e fiorente nella nostra bella isola! Ogni comunità che vive crea sempre fatti nuovi, nuove esigenze, nuovi soprannomi. E ogni generazione ha le sue ‘ngiùrie…

Angelo Battiato

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