Etnafest: quattro chiacchiere con Gianni Gualberto

Il direttore
artistico della sezione musica - un pò di Brasile, un pizzico di milanesità e
tanta Catania - spiega le ragioni di una rassegna aperta....

“La Sicilia è
di per sé una terra contaminata, naturalmente disposta ad accogliere le voci più
diverse e disparate della musica, dell’arte, della letteratura, mèta
desiderata da artisti di livello assoluto: e dai celeberrimi Manhattan Transfer,
il più popolare gruppo vocale jazz di
tutti i tempi,
che hanno inaugurato il cartellone di Etnafest,
ai Klezmatics, a Karl Berger, fino a Lou Reed
”.
Insieme, ovviamente, a
moltissimi altri: a parlare è Gianni Morelenbaum Gualberto, un cinquantino
simpatico e discreto, che racchiude e distilla con le sue origini brasiliane,
l’accento milanese e la passione per la nostra isola (ha sposato una
catanese), un “meticciato” creativo, fiero e orgoglioso.
A lui - docente di
Storia della Musica all'Università Bocconi di Milano, a lungo collaboratore
della Rai, ideatore e anima di “Aperitivo in Concerto”, presso il Teatro Manzoni di Milano e organizzatore di numerose manifestazioni musicali (fra cui
il Festival Jazz al Teatro dell'Opera di Roma) – la Provincia Regionale di
Catania ha affidato la direzione artistica, per la sezione musica, di Etnafest.


Dal raffinato “vocalese”
- l’utilizzo della voce come un vero e
proprio strumento, uno stile di canto jazz nato negli anni '40 - dei
Manhattan Transfer (il nome è un omaggio al celebre romanzo di John Dos Passos)
alla musica contaminata della band newyorchese dei Klezmatics, al free di Berger,
Etnafest tra nuove musiche e antiche tradizioni si muove senza preclusioni lungo
l'orizzonte della musica e del jazz moderni che trovano nel Mediterraneo una
cassa di risonanza straordinaria.

“Chiariamo subito – prosegue Gualberto – che non è il concerto a
fare turismo culturale, quello può essere solo il completamento di una offerta
che ha il suo momento forte, fondante, nel ventaglio di opportunità, di
tutt’altro tipo, offerte dal territorio”.
Ecco perchè Etnafest intende far
sua un’idea più ampia rispetto a quella della solita rassegna estiva o della
“cultura locale”: si vuole al contrario muovere seguendo l’impronta di
altre manifestazioni del genere. “Catania - conferma infatti Gualberto - ha
vissuto un grande momento con le “Estati catanesi” di Enzo Bianco; poi
tutto, ed è triste sottolinearlo, si è addormentato, sfiorito:
caratteristiche quasi connaturate alla città... Adesso, nella sua peculiarità
e con le dovute differenze, Etnafest mira proprio al risveglio di un territorio
sul quale insistono certo molteplici realtà, che magari lavorano tutte bene, ma
che non hanno saputo creare una aggregazione forte, anzi sono spesso
conflittuali, con il risultato di perdere così forza di penetrazione”.
Ed è
guardando a queste realtà che Etnafest lungi dal voler essere
“nazional-popolare”, si pone invece - “nonostante, lamenta Gualberto, i
tagli assai profondi della finanziaria” - come kermesse assolutamente
eclettica, non casuale ed estemporanea, anche attraverso il coinvolgimento in
città di una officina culturale come il Centro Zo e, al suo esterno, di
cittadine come Zafferana, Tremestieri e Caltagirone. Una colata di musica,
insomma e non solo per tutta la provincia.

tags: