Ruggero I Gran Conte di Sicilia: il fondatore di stato.

A Troina, prima capitale normanna in Sicilia si è chiuso il Convegno internazionale di Studi dedicato a Ruggero l Gran Conte di Sicilia, nel nono centenario della sua morte (1101-2001). I massimi studiosi del periodo normanno a confronto. Su tutti Hiroshi Takayama dell'Università di Tokyo. Quattro giorni di confronti e di approfondimenti per ribadire il ruolo continentale della nostra isola.


Una capitale,
città demaniale e municipio, ripartizione territoriale dal carattere fortemente
curiale, centro della formazione del primo ceto burocratico dei greci di Sicilia
e di Calabria, rifugio e fortezza. A Troina, prima capitale della conquista
normanna in Sicilia, le più autorevoli istituzioni culturali italiane insieme
ad una qualificato drappello di storici, si sono dati appuntamento per il
Convegno Internazionale di Studi dedicato a Ruggero I d’Altavilla Gran Conte
di Sicilia in occasione del nono centenario della morte, avvenuta a Mileto nel
giugno del 1101. Quattro fitte giornate di relazioni, di seminari e di incontri
di studio organizzate con il contributo della sezione siciliana dell’Istituto
Italiano dei Castelli e dell’Associazione Dimore Storiche d’Italia - unite
dalla tutela di un patrimonio immobiliare unico al mondo e dalla salvaguardia
delle tradizioni secolari ad esso legate - e coordinate dall’attenta
supervisione di Isidoro Giannetto, genius loci del Laboratorio per
l’Arte la Cultura e l’Ambiente e promotore delle sue innumerevoli iniziative
culturali. L’obiettivo di questa sorta di “Stati generali” sul ruolo
dell’isola e del Mediterraneo nel corso del Medioevo (che dà seguito
all’articolato progetto intrapreso lo scorso anno con le giornate di studio
dedicate a Serlone e all’insediamento normanno in Sicilia) vuole essere quello
dello sviluppo culturale, in un’area di forti problematiche occupazionali, e
del recupero turistico. L’attenzione sullo spessore di Ruggero I, cavaliere,
conquistatore e politico, non ha certo spostato in secondo piano i temi legati
alla sua opera: quelli economici e amministrativi, i variegati e complessi
rapporti con la civiltà islamica, la pluralità delle religioni e il peso della
cultura, quelli dell’origine della monarchia in Sicilia, entità multietnica e
multireligiosa; tutti inscritti nella cornice della centralità siciliana,
fulcro della cultura del Mediterraneo. Un Mediterraneo-universo dunque, del
quale è necessario ristabilire quella priorità che appare fondante per
l’avvenire del continente: non è un caso che per il Gregorio l’inizio della
storia moderna della Sicilia avviene proprio con i Normanni. La conquista della
Sicilia per mano del Gran Conte infatti, favorita dal declino bizantino ed
arabo, avrebbe riproposto una rinnovata geografia dei rapporti di forza nel
Mediterraneo con l’apertura ai Normanni di quegli spazi lasciati sguarniti dal
ritiro di Bisanzio. E’ stato Errico Cuozzo, dell’Istituto Suor Orsola
Benincasa di Napoli, presidente del comitato scientifico del convegno, a
tracciare le coordinate storiografiche necessarie alla riformulazione di giudizi
e di criteri di ricerca che hanno lasciato il campo ad una interpretazione
finalmente demitizzante, capace di cogliere la nuova realtà politica
realizzatasi in Sicilia alla fine dell’XI secolo. Se un annoso orientamento
storiografico aveva erroneamente tenuto a separare i confini del settore
finanziario da quello giudiziario nell’organizzazione del Regno di Sicilia di
Ruggero I (argomento su cui si è soffermato Hiroshi Takayama dell’Università
di Tokyo, il maggiore studioso dei normanni), è stato così possibile
inquadrare positivamente l’esperienza di governo del Gran Conte, mutuata dallo
stesso successore Ruggero II. Caratteristica fondamentale del regno del Gran
Conte sarà infatti l’utilizzo del personale amministrativo e dei funzionari
arabi e bizantini: la corte comitale, il governo centrale e provinciale
sarebbero state strutture amministrative recepite in seguito dal governo del
successore insieme alla salvaguardia delle persistenze storico-culturali. Le
relazioni incentrate su Ruggero I e la riconquista della Sicilia hanno spesso
interrogato i modelli storiografici europei. E nella nuova riconsiderazioni
delle fonti – il De rebus gestis Rogerii Calabriae et Siciliane
comitis
di Goffredo Malaterra – il convegno si è interrogato sulla
“crociata” del Gran Conte. “La crociata è guerra santa ma anche
pellegrinaggio, il suo traguardo è religioso prima che essere militare e
politico - ha sottolineato Damiano Fonseca, dell’Accademia Nazionale dei
Lincei, nel corso del suo esemplare contributo - e la liberazione dall’Islam
della Sicilia di Ruggero non possiede queste caratteristiche; se inoltre si
presuppone una missio da parte papale sottolineata dalla presenza di un
legato pontificio e l’indulgenza plenaria, l’operazione del Gran Conte
appare piuttosto una pre-crociata, un completamento della sue conquiste,
sollecitate dall’aviditas, dalla volontà di sottomettere i saraceni
ribelli e di restituire dignità alle chiese di Sicilia. In questo modo l’expeditio
versus Jerusalem
sembra aver fornito un apporto poco rilevante allo sviluppo
del Mezzogiorno anche se per Goffredo Malaterra quella di Ruggero I non è solo
stata una acquisizione militare ma un evento bellico, spirituale e religioso per
depurare l’isola a spurcitia paganorum: è stato il biografo insomma a
costruire il mito della crociata, attraverso una operazione di propaganda volta
a consacrare la figura di Ruggero I. Il Gran Conte pare però aver anticipato i
tempi, combattendo una sua particolarissima crociata, istituendo la diocesi di
Troina e di altre sedi episcopali riconquistate. Eppure sul piano storico
l’impresa di Ruggero ha certamente significato il recupero di una cristianità
marginale, esclusa dalla lunga presenza islamica e un rientro a pieno titolo
nella res publica christiana. Non meno suggestivi i contributi
ecclesiologici che sono giunti dalle dotte relazioni di Guglielmo Giovanni
Centelles della Pontificia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere, di Angelo
Plumari e dello stesso padre Gaetano Zito, preside dello Studio Teologico S.
Paolo di Catania. Una visuale a più voci quella di questo convegno
internazionale che “nella figura di Ruggero – come ha ribadito Giovanni
Ventimiglia di Monteforte, presidente dell’Istituto Italiano dei Castelli –
vede l’anticipazione di soluzioni di pace e di prosperità tre le più
moderne; tanto più degne di attenzione perché tradotte in realtà in una
Europa particolarista e contraddittoria”.

GiCo




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