Oltre alla battaglia contro le discariche, ce n’è un’altra da 3 anni a Misterbianco condotta dal sindaco Nino Di Guardo con il suo assessore avv. Angela Vecchio, per la chiusura definitiva della “Simeto Ambiente”, la società che ha gestito il servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani per i 18 comuni etnei dell'ex Ato-3, e che continua a rimanere “in liquidazione”.
«Un carrozzone – afferma il primo cittadino - che divora soldi pubblici ai danni dei Comuni e dei cittadini; un Ente che non ha più ragione di esistere ma vuole rimanere in vita mantenendo i propri privilegi, tra cui le retribuzioni apicali esorbitanti e contratti di lavoro “speciali” per i dipendenti (quello più favorevole di FederAmbiente anzichè quello degli Enti locali) facendone pagare costi assurdi alla comunità». «Il mantenimento dell’Ato – ricorda l’assessore Vecchio - costa 3 milioni di euro annui da dover inserire nei piani finanziari della Tari dei Comuni e quindi a carico degli utenti». Vengono contestati i bilanci e i piani finanziari dell’Ente. A Misterbianco, che dal 2014 cerca di uscirsene e rappresenta l’1,11% del capitale sociale, oggi la Simeto Ambiente costa 200mila euro l’anno (erano 600mila).
Di Guardo ha scritto all’Ente, al presidente della Regione, all’Assessore regionale e al dirigente del Dipartimento Energia e Servizi di pubblica utilità, alla Corte dei Conti, ai Comuni soci e alla Città Metropolitana di Catania. Nella lettera si ricorda il “cronoprogramma” approvato dall’Assemblea il 15 maggio 2014, secondo il quale entro il 30 giugno 2015 si doveva concludere la notifica degli atti impositivi sugli accertamenti Tia fino al 2012, ed entro il 31 dicembre 2015 si doveva presentare il bilancio di liquidazione e chiudere la società. «Ma ad oggi – si sottolinea - non è stato presentato un bilancio di chiusura, anzi vengono proposti la “modifica” della società e “l’adeguamento della sua struttura agli attuali scenari operativi”; ciò fa intendere che - nonostante le ordinanze della Regione -non vi è alcuna intenzione di chiudere la società, ma si vuole modificarne lo Statuto e proseguire». «La perdita d’esercizio viene sempre evitata emettendo fatture ai Comuni, con interessi inseriti tra i costi di gestione.
Per evitare maggiori danni, la società va chiusa: o con dichiarazione di fallimento (se si ritiene privata) o con la presentazione del bilancio di liquidazione (se si ritiene pubblica). Invece i Comuni si ritrovano il sopraggiungere di altri debiti con presunti interessi moratori». «La mancata chiusura dell’Ato è divenuta insostenibile. Si chiede agli Enti in indirizzo un intervento che metta fine alla vicenda». Un’altra “battaglia infinita”.
La Sicilia
11/03/2017