La scandalosa tragedia elisabettiana di John Ford nella regia di Luca De Fusco

StabileApproda a Catania, ospite dello Stabile etneo, uno dei maggiori successi della stagione, Peccato che sia una sgualdrina di John Ford, "scandalosa" tragedia elisabettiana riproposta nell'adattamento e regia di Luca De Fusco, che si è avvalso della traduzione di Enrico Groppali. Le scene sono di Antonio Fiorentino, i costumi di Maurizio Millenotti, le musiche di Antonio Di Pofi, le luci di Emidio Benezzi. I ruoli principali sono affidati a Gaia Aprea, Max Malatesta, Stefano Scaldaletti ed Enzo Turrin. Un cast di qualità in cui spiccano ancora i nomi di Alberto Fasoli, Piergiorgio Fasolo, Paolo Serra, insieme a Giovanna Mangiù, Matteo Mauri, Alvia Reale, e con la partecipazione di Anita Bartolucci.
Una grande storia d'amore con finale tragico. Tutto abbastanza convenzionale, quindi. Salvo che i due che si innamorano sono fratello e sorella: ciò che ha reso celebre questo dramma di Ford, insieme con il titolo, certamente non convenzionale. Dramma passionale d'amore, di vendetta e di morte: quindi, come di consueto, ambientazione in Italia (a Parma) perché l'Italia era, per gli elisabettiani, insieme con la Spagna, lo scenario ideale per le storie di vendetta.

Foto di scena:
Aprea, Scandaletti;
Aprea, Malatesta

De Fusco torna ad un tema che gli è molto caro, quello dei romanzi di formazione, che ha già toccato negli spettacoli La certosa di Parma (1999), L'isola del tesoro (2000), Il viaggio a Venezia (2001), I venexiani (2002), La trilogia della villeggiatura (2005). Al centro di tutte le vicende narrate in questi testi è sempre quella fase essenziale della vita dei giovani che coincide con il passaggio dall'adolescenza alla maturità. Di tutte le differenti versioni delle storie di formazione Peccato che sia una sgualdrina è senz'altro la più nera, inquietante ed erotica. Si tratta, infatti, di un processo di passaggio in cui i protagonisti diventano - sì - adulti nel corso della vicenda ma la loro "crescita", finisce col coincidere con la loro morte.

Si punta a realizzare uno spettacolo di grande intensità emotiva oltre che estetica che contrapporrà l'ipocrita moralismo degli adulti alla terribile, travolgente ma autentica passione dei due protagonisti. Artefice dello spettacolo sarà l'abituale organico dello Stabile del Veneto con i suoi giovani (Gaia Aprea, Max Malatesta, Stefano Scandaletti) che hanno riscosso in questi anni grande consenso di pubblico e critica oltre che premi e riconoscimenti. A questo nucleo si aggiungono altri attori emergenti "provenienti" da altri teatri stabili coproduttori, quali ad esempio Giovanna Mangiù, della rinomata famiglia di artisti catanesi.

Le scenografie sono, come di consueto, di Antonio Fiorentino, mentre va segnalata la "new entry" di Maurizio Millenotti (premio Oscar) come costumista. Sarà quindi confermata la proverbiale eleganza delle produzioni venete, ampiamente riconosciuta da pubblico e critica, in un allestimento che, a differenza di altri casi, manterrà la datazione all'epoca elisabettiana.

Lo spettacolo è nato per l'estate 2008 al Teatro Olimpico di Vincenza in occasione delle celebrazioni per il cinquecentesimo anniversario della nascita di Palladio. Teatro Stabile del Veneto e Teatro Biondo Stabile di Palermo sono tornati a coprodurre ripetendo un analogo felice episodio, Il trionfo dell'amore, realizzato proprio per l'Olimpico nel 2003. Da segnalare anche la partecipazione dello Stabile di Verona, che già aveva aderito al Mercante di Venezia, presentato al Festival shakesperiano di Verona nell'estate 2006.

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