La Forma dei Pensieri di Angelo Zzaven in mostra a Caltagirone.

Angelo Zzaven condensa ne La forma dei Pensieri un lungo itinerario interiore tra sentimento e fotografia. Le sue immagini in mostra presso la Galleria Fotografica Anaf "Luigi Ghirri" di Caltagirone.

L’uomo
è sia una macchina per controllare il caos sia
un propagatore di disordine. Come
ogni fenomeno caotico “sotto controllo relativo” oscilla incessantemente fra stati imprevedibili mentre il suo comportamento statistico generale rimane pressoché stabile, come l’acqua che bolle




L’incessante
e proficuo impegno di ricerca che ha contrassegnato gli anni della sua
formazione, ha condotto Angelo Zzaven da uno scatto mediato - frutto
dello studio minuzioso delle scuole fotografiche e della lezione dei grandi
maestri - sapiente mescolanza fra intuito e razionalità, ad una nuova ed
profondissima stagione del suo operare: una fotografia la cui impronta lascia
suggerire una vera e propria metafisica dello scatto. Le impressioni
per immagini
di questo autore misterbianchese sono ormai definitivamente
lontane dall’oggettività e dal concreto inter-agire con la realtà
data, dilatate piuttosto verso un limen coscienziale, soffuso e
apparentemente discreto, ma carico dei materiali interiori di chi ha rivolto
l’obiettivo dentro: “un altro modo - conferma lo stesso Zzaven
- di guardarsi allo specchio”, quello stesso specchio dotato di memoria
che è la fotografia, almeno secondo la definizione Olivier Vendell Holmos. I
cinquanta scatti de La forma dei pensieri, ultima sperimento in
fotografia di Zzaven, liberano infatti una fortissima componente
autoreferenziale. Sono immagini suggestive e astratte, addirittura vicine alla
pittura, quasi olii astratti della memoria personale: siano essi l’inchiostro
lontano e sbiadito di una lettera, le volute barocche di una inferriata, quelle
più austere di un balcone, l’anta appena accostata dalla quale il chiarore di
un pianterreno muore in una polvere diffusa - tentativi di fuga? infantile paura
dell'oltre? percezione della fine? – o il lucore di soglie, di
radure, di ombrose scalinate sbrecciate, di accecanti usci, di interni
soprattutto di cieli imprecisi - tragitto, casa, sepolcro – di
panchine affondate nelle sabbie di un tempo dal quale le forme dei
pensieri affiorano con la densità lieve e corposa, profonda ed imprecisa dei
ricordi e dei flashback e con l’ossessiva ripetitività di frattali
pulsanti di vita. Sono flussi di immaginari fiumi (neuronali), la topografia
cerebrale - incerta e al contempo dettagliata - i cui incessanti mutamenti sono
degni di Moebius. Non c’è però nelle fotografie di Zzaven nessuna oltranza
nostalgica, nessuna celebrazione del rimpianto: La forma dei pensieri
sfugge alla semplicistica e-mozione della compassione se non altro perché
queste immagini sono già percorse e fruite, sedimentate dalle spirali
degli eventi e stratificate grazie alle incisioni, ai graffi, alle bruciature,
agli sfregi - sorta di manipolazioni fisiche e inconsce allo stesso tempo - che
trasfigurano l’immagine avvicinandola ad una luminescente emanazione
sinaptica. Per questo la protagonista assoluta dei suoi scatti è proprio la
luce: nello sforzo di ordinare il caos, il suo movimento d’onda oscilla
continuamente tra istinto e ragione. E se l'apparentemente laboriosa
decifrazione spaesa e confonde l’occhio, ad un guardare più attento, La
forma dei pensieri
di Angelo Zzaven - sequenze nelle quali gli individui
sono praticamente distanti, sottratti ad ogni fisicità, quasi assenti se non
fossero le sagome indistinte sullo sfondo o i crocchi sghembi di uomini sulla
piazza - costituiscono invece una sorta di album delle reminiscenze
collettive, proprio perché indeterminate sono le nostre reminiscenze,
ugualmente vago il tentativo di riappropriarcene se non nei contorni incerti
della visione. Ecco perché Zzaven
sceglie l'eccesso tormentato dell’informe
e
dell'evanescente, come se le
sue immagini - nonostante i
contrasti assai netti e i confini
decisi dei profili sullo sfondo incerto -
siano sempre sul punto di
dileguarsi.
Zzaven suggerisce ellissi di desiderio senza nome, i luoghi e gli oggetti
materiali ed immateriali trasfigurati di un tempo:
tagli scabri ed essenziali delle
stagioni di un individuo che
continua a sperimentare la meraviglia e il dolore di essere nel mondo.

GiCo


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