Il sentimento del tempo nelle liriche di Umberto Piersanti. Il poeta urbinate ospite del Centro Voltaire di Catania e di due scuole: l'ITC "G. Russo" e il Magistrale "F. De SAnctis" di Paternò nell'ambito del progetto "Scrittori nelle scuole".
In una delle
liriche più intense dell’intera raccolta, il lettore della corposa silloge
“Nel tempo che precede” di Umberto Piersanti – edito nella prestigiosa
collana Einaudi - decifra con assoluta certezza il “focus” tematico della
produzione poetica di questo sessantaduenne urbinate: il sentimento (pagano) del
tempo come fluire, meravigliosamente colto nell’attimo che “precede”
appunto la nascita: sia esso il liquido buio ma accogliente del feto materno,
sia esso quello distillato “prima dell’avvento”, da una età dell’oro,
quel “cielo chiaro, /che i dolori scorrono fugaci”. Nei saloni eleganti del
Centro Voltaire o nelle affollate aule dell’I.T.C. “G. Russo” e
dell’Istituto Magistrale “F. De Sanctis” di Paternò i luoghi “persi”
della poesia di Piersanti hanno ritagliato un momento di profonda riflessione
sulla pratica della scrittura e sui fantasmi che la agitano. Dunque il tempo.
Non quello improbabile e sospeso delle liriche “bucoliche” (Virgilio è
maestro riconosciuto) che aprono la raccolta, né quello arcadico e favoloso,
sfuggito ad ogni trascorrere che Piersanti identifica con la dolcezza perfetta
dei colli del Montefeltro: piuttosto il tempo “che per altre prode ci
trascina” e che “devasta le figure”, inquadrato in cornici compositive di
straordinaria nitidezza. Il rigore classico delle liriche di Umberto Piersanti
esprime ed assimila infatti da un lato il superamento della contestazione della
storia (tipica della poesia dell’engagement cui il poeta, sin dagli esordi,
non appartiene affatto) dall’altro l’assorbimento del paesaggio. Così il
Madìo protagonista della prima e omonima sezione della silloge vive con
il paesaggio una comunione non incantata o fiabesca: anche se affollata di
streghe, di “sprovingli” (il diavolo contadino della Cesane in forma di cane
nero), di fate, queste presenze non sono altro che sedimenti ctonii, segni che
aiutano nella decifrazione della realtà o che sono capaci di regalare un
momento di sensuale quanto sfuggente felicità. Con loro e attraverso di loro il
poeta/pastore afferra il mistero della vita. Un mistero colto però nel suo
precisissimo universo floreale e faunistici allorquando nella successiva
sezione, “Cespi e fiori, animali” tutti gli elementi sono nominati non certo
con lo spirito classificatore del botanico erudito, piuttosto con quello
“georgico” di quel Pascoli che subentra così al Leopardi (Piersanti è
marchigiano come il poeta di Recanati) “ottico”. Nelle rimanenti tre sezioni
altre eco agitano le liriche della raccolta: su tutte quelle di Luzi “Del
fondo delle campagne” e del Montale de “Le occasioni” con un significativo
scarto però rispetto al poeta ligure: al tempo che per questi costituisce
minaccia, cancellazione dei significati la memoria di Piersanti riesce a
costituire argine: Piersanti sa chi va e chi resta. Questa consapevolezza
diventa lamentazione discreta ma attuale: quella presente del poeta-padre
avverso, per esempio, alla diversità del figlio Jacopo (il cui autismo è
rivelato nella metafora del “castello”). Dal rapporto feroce con la terra e
la cultura contadina alla fuga fraterna fuori dal quotidiano dell’amore
Piersanti, il razionale, l’illuminista, tiene conto delle ragioni che non sono
della ragione restituendocele attraverso il “ricordo dolce come un fiore”. Umberto
Piersanti, “Nel tempo che precede”, Einaudi, 2002. €. 12.00.
GiCo