Il Mare Nostrum in danza verso il futuro.

LA Compagnia Zappalà Danza mette in scena il Mediterraneo nello spazio performativo di Scenario Pubblico. E fa centro con uno spettacolo completo, eclettico ed entusiasmante pensato dal coreografo Roberto Zappalà.

mso-fareast-font-family:"Times New Roman";mso-ansi-language:IT;mso-fareast-language:
IT;mso-bidi-language:AR-SA">La liturgia del mare, antica di millenni, avvolge lo
spazio innovativo di Scenario Pubblico. L’ha celebrata la Compagnia Zappalà
Danza con “Mediterraneo. Le antiche sponde del futuro” del regista e
coreografo catanese Roberto Zappalà. In una messa in scena densa e affollata
come un “suq” mediorientale, complice e clandestina come un antico porto
isolano, immersa in un senso di straniamento che disordina ed appassiona la
platea gremita, l’ensamble di Roberto Zappalà apre la sua “finestra
sull’universo/mare”: e questo mare eorum è il ritratto a più voci
– compresa quella fuori campo del regista-narratore - del nostrum; è
narrazione a spirale che rievoca Omero e Tucidide, Tomasi di Lampedusa ed
Hemingway, Mutis e il talassologo Matvejevic; è storia di vita di un qualsiasi
uomo di mare – il Mediterraneo li vale tutti – e nello stesso tempo cronaca
di guerra e trattato
poetico-filosofico, romanzo portolano e midrash, diario di bordo e ideale
periplo.
mso-ansi-language:IT;mso-fareast-language:IT;mso-bidi-language:AR-SA">"Il
Mediterraneo - annota­va con semplicità Mercatore
nel suo Atlante - riceve più nomi, in
rapporto al­le terre fino alle quali arriva” e così accompagnati dai
"Times New Roman";mso-ansi-language:IT;mso-fareast-language:IT;mso-bidi-language:
AR-SA"> suoni ora martellanti ora suadenti di Antonio Breschi e dei Kunsertu gli
interpreti della Compagnia Zappalà Danza ne hanno tracciato le rotte infinite
attraverso i corpi ed i loro intrecci, lungo il respiro ed il protrarsi di
sinuosi movimenti singoli e collettivi. Sulle note della musica “klezmer” i
gesti della compagnia si lasciano contaminare dagli influssi più diversi,
raccolgono - attraversandole - tutte le identità mediterranee, coniugano nelle
movenze e nei racconti degli stessi interpreti le lingue stesse ed i suoni che
ne denotano la diversità: armonie balcaniche e danze slave, sbilenchi ritmi
bulgari e sonorità turche, tradizioni berbere, siciliane e iberiche (inchiodate
sul parquet dal vibrante flamenco di Marc Aurelio), i canti yiddish e le lingue
neolatine. Nel corso di questo sovraccarico viaggio-evocazione sull’infinità
del Mediterraneo la Compagnia Zappalà Danza mostra le città affogate, dà
ascolto alle lingue dimenticate attraverso le rarefatte collisioni fisiche gli
scontri sensuali e i richiami della carne, cadenzati dalla musica
mso-fareast-font-family:"Times New Roman";mso-ansi-language:IT;mso-fareast-language:
IT;mso-bidi-language:AR-SA">Minimalist-Systems-Repetitive
"Times New Roman";mso-ansi-language:IT;mso-fareast-language:IT;mso-bidi-language:
AR-SA"> di Steve Reich. Il movimento di questa moltitudine/individuale esprime
in un crescendo l’alito dello scirocco e la dolcezza impareggiabile dei
marosi, le tragedie della differenza e delle contraddizioni: nel loro sincrono
intersecarsi essi danzano allora un sentimento inattingibile, una contrazione
rabbiosa ed eccitante, sprezzante e nostalgica che sostanzia il senso e la
chiave dell’intero spettacolo: “preferisco - recita la vox del regista danzattore
Roberto Zappalà l’inferno del caos all’inferno dell’ordine”.
Ma il Mediterraneo della Compagnia Zappalà Danza è il mare che, pur
diffondendone il profumo delle arance appena sbucciate o del pesce a pezzi sui
banconi dei mercati, bagna anche e soprattutto le sponde degli orrori passati e
recenti, portandone l’eco sinistro ed osceno sulle t-shirt spruzzate di
sangue. Un Mediterraneo in cui nemmeno le sirene riescono a cantare nessuna
certezza se non quella della ricchezza del suo incessante mutamento. I dieci
prolungati minuti di applausi finali ci stanno tutti.

GiCo

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