«Se la magistratura penale e quella amministrativa si muovono, anche la politica deve fare la propria parte, non può privilegiare gli interessi privati e restare indifferente, assieme alla burocrazia, di fronte ai diritti e alle esigenze della comunità viste spesso con fastidio e sufficienza.
E la Regione, ora oggetto di indagini della Procura sul suo laboriosissimo Piano rifiuti ancora in lungo corso e finalmente promotrice di una verifica interna sulle autorizzazioni concesse alla più grande discarica della Sicilia orientale, non può restare ulteriormente inerte di fronte alle prescrizioni della recente ordinanza del Tar e alla pubblicazione delle motivazioni della sentenza del luglio scorso del Tribunale penale di condanna nel processo “Terra mia” per corruzione, anche se si tratta di un primo grado di giudizio, a seguito di quanto di squallido comunque emerso dalle 375 pagine del provvedimento e dalle varie intercettazioni riportate e gravi valutazioni espresse dall’organo giudiziario; fatti di grave valenza morale oltre che penale, che gettano ombre oggettive sui procedimenti autorizzativi adottati in presenza di tangenti. E dalle citazioni emerge anche inequivocabilmente la paura delle iniziative dei cittadini e delle associazioni».
Mentre a Palazzo della Regione a Catania le istituzioni parlavano alla stampa attraverso il presidente della Regione Nello Musumeci, pressato a rompere il silenzio (per ultimo, dal deputato Claudio Fava con la sua interpellanza e il clamoroso “botta e risposta” con i vertici Oikos), sugli ultimi sviluppi della complessa vicenda scendevano nuovamente in campo a dar voce alle popolazioni interessate le organizzazioni ambientaliste, con una conferenza stampa tenutasi in uno studio legale. C’erano i rappresentanti del Comitato No Discarica di Misterbianco e Motta S.A. (Massimo La Piana, Danilo Festa, Maria Caruso e Santo Gulisano) e delle associazioni Zero Waste Sicilia (Anna Bonforte) e Legambiente (Viola Sorbello), coi legali Corrado Giuliano e Goffredo D’Antona, per illustrare l’esito ancora aperto dell’ordinanza del Tar dell’11 dicembre scorso - a seguito del ricorso congiunto contro il rinnovo dell’Aia del 9 agosto - con cui è stata disposta una doppia verifica, procedimentale e sanitaria, quest’ultima a cura dell’Istituto Superiore di Sanità; con l’apertura di un fronte anche sanitario e ambientale a tutela delle popolazioni. «L’ordinanza del Tar dà ragione alle nostre contestazioni e riapre la partita - affermano gli ambientalisti coi loro legali - con verifiche obbligatorie e possibili consulenze di parte. E le indagini della Procura di Catania, dopo i nostri esposti sulle reiterate ordinanze emergenziali di Crocetta, inducono a mettere la parola fine. Lo Stato può rivedere gli atti degli Enti locali e annullarli in via straordinaria; e noi chiediamo che il presidente Musumeci, in nome della legalità e trasparenza, ritiri al più presto in autotutela il decreto di rinnovo dell’autorizzazione, in presenza di atti nulli più che illegittimi, risparmiando ulteriori tempi e passaggi giudiziari».
La partita resta aperta, e dal Comitato sono state richieste anche risposte all’Università su certi incarichi privati svolti da professionisti per conto di società pure nel settore dei rifiuti. Le iniziative della motivata e documentatissima “cordata” associativa cominciano a incidere visibilmente. «Altro che ignoranza giuridica e speculazioni ideologiche o politiche - ribadiscono dal Comitato - Ci battiamo da dieci anni per la vivibilità del nostro territorio, non solo coi “no” ma anche con proposte, dossier tecnici e scientifici e iniziative di informazione e sensibilizzazione. Continueremo a farlo, su tutti i fronti, fino a quando non avremo giustizia». Ancora "snobbati", senza sedi nè mezzi, ma irriducibili come l’acqua che scava la roccia.
La Sicilia
12/01/2020