Cassibile, la frazione di Siracusa, ricorda la firma dell'Armistizio, che venne firmato proprio in questa località il 3 settembre del 1943, reso poi pubblico cinque giorni più tardi, l'8 settembre. Ad organizzare la manifestazione è l'associazione culturale «Kakiparis» ...
Convegni e parate militari per ricordare lo storico avvenimento
CASSIBILE – Cassibile, la frazione di Siracusa, ricorda la firma dell'Armistizio, che venne firmato proprio in questa località il 3 settembre del 1943, reso poi pubblico cinque giorni più tardi, l'8 settembre. Ad organizzare la manifestazione è l'associazione culturale «Kakiparis» con tutta una serie di appuntamenti, che si svolgeranno sino all'8 settembre, per celebrare il 58° anniversario di un avvenimento storico di fondamentale importanza, su cui ancora non è stata fatta piena luce, soprattutto, sulle conseguenze sociali, politiche ed economiche relative alla Sicilia e che scaturirono da quell'Armistizio. Una cosa è certa: con l'Armistizio di Cassibile la Sicilia fu «venduta» agli Americani.
L'isola, infatti, venne sacrificata dal governo Badoglio per evitare una catastrofe all'Italia e agli italiani in quanto Hitler, e di questo erano a conoscenza i servizi segreti americani, dopo l'arresto di Mussolini, avvenuto il 25 luglio del 1943, era pronto ad invadere l'Italia: con quali conseguenze disastrose è facile immaginare. Al governo Badoglio non restava che l'unica scelta di trovare una intesa con gli Alleati, soltanto che gli americani giunsero alla decisione di firmare l'Armistizio, salvando così l'Italia dalle mani tedesche, in cambio del controllo sociale e politico della Sicilia. Infatti, per la strategia politica degli americani, il controllo dell'isola era di fondamentale importanza qualunque fosse stato l'esito finale della seconda guerra mondiale. Ma su questo sacrificio, che tanto è costato al popolo in siciliano, si è preferito glissare, per cui queste celebrazioni cassibilesi dovrebbero servire a chiarire i mille risvolti di quell'Armistizio, andando a frugare, magari, negli archivi americani, pieni di documenti, alcuni dei quali sono giunti in nostro possesso, che dimostrano, inconfutabilmente, cosa avvenne dopo il 3 settembre 1943, quando fu istituitom il cosidetto AMGOT (Allied Military Government Occupied Territory).
Oggi, si continua a discutere se ci sia stata o meno nel corso di questi ultimi 50 anni una collusione tra l'organizzazione mafiosa siciliana e quella parte affaristica della politica italiana. Una collusione, questa che potrebbe avere il suo «peccato» originale nel periodo susseguente alla firma dell'Armistizio di Cassibile. Fu, infatti, in quella occasione che venne sancito un patto scellerato tra la mafia siciliana ed il governo americano, inserendo, con molta probabilità, nello stesso Armistizio un codice segreto, che altro non era che un salvacondotto per tutti i mafiosi siciliani, che così furono liberi di agire impunemente.
Un connubio, che però fu mirato e voluto dagli Americani, in quanto servì loro per avere il controllo prima sociale e poi politico della Sicilia. A distanza di mezzo secolo, sono venuti fuori precisi documenti che dimostrano le responsabilità del governo americano, prima fra tutte quella di avere consegnato la Sicilia nelle mani della mafia, facendo arrivare in aiuto di «Cosa Nostra», che, a quanto pare, era stata ridimensionata dal prefetto Mori durante il periodo fascista, alcuni dei grossi mafiosi siciliani che avevano fatto «carriera» in America. E così, con solo biglietto d'andata, nel 1946 provenienti dagli Stati Uniti giunsero in Sicilia Vincent Collura, Joe Profaci, Frank Caruso, Nick Gentile, Carlos Marcello, Gaetano Badalamenti, ed altri, compreso Lucky Luciano, che però prese casa a Napoli. Addirittura, Salvatore Aldisio, nominato nell'agosto del 1944 alto Commissario della Regione siciliana, esponente di rango della Democrazia Cristiana, secondo questi documenti segreti, avrebbe avuto rapporti con la mafia.
La prova di questo patto mafia-governo americano, che poi avrà delle ripercussioni nella vita sociale e politica di tutta l'Italia, dagli anni che seguirono il Dopoguerra fino ad almeno la caduta del Muro di Berlino, viene da questi documenti, che potrebbero servire a chiarire molti eventi accaduti in Sicilia e nel resto dell'Italia, rimasti per anni avvolti nell'arcano.
Dopo quel 3 settembre 1943, quando il generale siciliano Giuseppe Castellano, con delega del capo del governo Badoglio, firmava con gli Alleati l'Armistizio di Cassibile, praticamente, gli americani presero possesso della Sicilia. Allora le sorti belliche erano alquanto incerte per cui il governo americano ed i suoi servizi segreti (OSS) misero in atto una vera e propria «Operazione Sicilia», in modo che in qualunque caso, sia in presenza di una vittoria tedesca, sia in presenza di un'«onda rossa», l'Isola sarebbe rimasta una testa di ponte nelle mani Usa.
A Palermo nella primavera del 1944 arrivò il console Alfred Nester, che sarebbe stato il «ministro» del connubio tra mafia siciliana e governo americano. A mediare il tutto, come si evince dai documenti che il Consolato americano in data 21 e 28 novembre inviava al Segretario di Stato, a Washington, vennne chiamato quel Giuseppe Castellano, firmatario dell'armistizio di Cassibile, rimasto in Sicilia a comandare la Divisione «Aosta». Il controllo sociale della Sicilia con il coinvolgimento anche di apparati militari italiani, era praticamente assicurato. Occorreva anche avere un controllo politico e quindi il governo americano, come viene evidenziato dai documenti in questione, favorì la formazione di un Movimento indipendentista della Sicilia. Con questa mossa il governo americano cercò di staccare politicamente la Sicilia dal resto dell'Italia, evitando che l'Isola potesse avere un eventuale futuro «comunista» o «hitleriano». Però, il movimento indipendentista appoggiato dal governo americano, ovviamente, non poteva essere né quello filo comunista di Antonio Canepa, né il Mis di Finocchiaro Aprile, ma era un movimento mafioso per l'autonomia siciliana. Il governo americano non si sarebbe limitato ad appoggiare un movimento mafioso per l'autonomia siciliana, ma avrebbe contribuito, con la regia dei suoi servizi segreti, a reprimere nel sangue ogni azione popolare che potesse avere qualche aggancio comunista.
E così il 19 ottobre 1944, a Palermo la protesta popolare inscenata davanti alla Prefettura di via Maqueda, con la gente che gridava disperatamente «Pane! Lavoro! In galera gli intrallazzisti e gli speculatori», venne repressa in un mare di sangue, con i soldati che si misero a lanciare bombe e a sparare su quella gente indifesa. Caddero donne e bambini, e su questo massacro venne fatto calare subito il silenzio. Un'altra protesta popolare, questa volta a Catania, a cui parteciparano gli indipendentisti di Antonio Canepa, venne soffocata nel sangue. Era il 14 dicembre del 1944 quando nella città etnea esplose una vera e propria rivolta che portò all'incendio del Palazzo degli Elefanti. Ci furono lunghi combattimenti fra la popolazione armata e le forze di repressione che in quella occasione ottennero l'appoggio di due divisoni di fanteria, una delle quali era l'»Aosta», del generale Castellano.
Antonio Canepa era diventato un personaggio scomodo in quanto le idee politiche del suo movimento indipendentista non piacevano al governo americano. Il docente di Storia delle Dottrine presso l'Università di Catania, che nel 1943 a Firenze aveva costituito il «Partito dei Lavoratori», avente per emblema una «stella rossa» a cinque punte, simile a quella che verrà utilizzata dalle «Brigate rosse», morì in circostanze misteriose a Randazzo il 17 giugno. Si disse che non si sarebbe fermato ad un posto di blocco. Ritorna, inoltre, in ballo la «verità» di Pisciotta che avrebbe fatto tremare il mondo (l'America?). E' risaputo che Salvatore Giuliano e la sua banda furono utilizzati dalla mafia e quindi, anche dal governo americano, per rendere sempre vivo il movimento separatista, come piaceva agli Americani. In quegli anni l'amministrazione del presidente degli Usa Harry Spencer Truman ebbe dei contrasti insanabili con l'Unione Sovietica e lo stesso Truman si attenne alla linea del «containment», diretto ed indiretto del comunismo e dell'espansionismo sovietico. La realtà comunista in Sicilia si faceva sempre di più insistente, e questo contrastava i piani americani sulla Sicilia, in quanto l'«onda rossa» che già aveva coperto mezza Europa, si era fermata nei Balcani, ma era pronta a coprire anche l'Italia, Sicila compresa.
Nel mese di aprile del 1947 nelle elezioni regionali il «Blocco del Popolo» aveva conquistato la maggioranza relativa e per la Sicilia il pericolo «rosso» si era fatto molto vicino con quei cosacchi che si erano attendati presso il Teatro greco di Siracusa. Agli Americani, quindi, e alla mafia il controllo della Sicilia sembrò sfuggire dalle loro mani per cui si rese necessaria una azione dimostrativa. L'occasione si presentò un mese dopo quelle elezioni regionali, il Primo maggio, in occasione del raduno dei comunisti per la «Festa del Lavoro» nella piana di Portella della Ginestra. A mettere in atto quell'azione dimostrativa anticomunista fu chiamato Salvatore Giuliano. Ma chi diede il mandato a Giuliano di attuare quell'azione di guerriglia contro i comunisti? Ancora si cercano i mandanti di quella strage, ma forse è giunto il momento di andarli a cercare non più in Italia.
La Sicilia 3 settembre 2001