U Cannaggeddu, appello per il recupero

Cannaggeddu MisterbiancoAppello di alcuni cittadini, anche lontani, per recuperare "U Cannaggeddu". Si tratta di uno spazio raccolto e antico del centro storico di Misterbianco, sconosciuto ai più, nascosto davanti dallo "stradone" (via Garibaldi), l'arteria principale che taglia in due il paese e, da dietro, dai resti dell'antico e "sepolto" acquedotto romano.

‘U Cannaggeddu è un cortiletto, stretto e cieco, racchiuso ai lati da case basse e antiche, e da un orto, coltivato a fichi d'india e a limoni. All'interno del cortile c'era un'antica fontanella, ‘u cannaggeddu, appunto, dove gran parte degli abitanti del quartiere andavano a prendere l'acqua. E ogni mattina, i contadini e artigiani amavano rifornirsi di quell'acqua fresca prima di andare al lavoro. Era una tappa d'obbligo, un luogo d'incontro e di dialogo, come lo sono adesso i bar, i ristoranti, le pizzerie. La sera, infine, soprattutto nella bella stagione, il cortile si animava di donne, di ragazzi, di anziani.

Un giorno, all'improvviso, per motivi di lavori e di "rilevamenti" vari, il cortile, sito in via Garibaldi tra i numeri civici 623 e 625, venne "rinchiuso" da un "muro" di legname e di catene, e sottratto di fatto agli abitanti e alla città. Ritrovamenti della Soprintendenza, si disse; ma nei fatti, poi, l'abbandono. E ci viene segnalato che proprio in questi giorni ‘u Cannaggeddu avrebbe subìto (scrivono gli autori della segnalazione) "un altro duro attacco". Il tavolato posto all'ingresso del vicolo è stato rimosso e sostituito da una rete metallica elettrosaldata, che impedosce di fatto l'ingresso a tutti. Non si sa chi abbia le chiavi. Misura conservativa, si presume, se avesse un seguito confortante. Risulta rimossa peraltro, ormai da parecchio tempo, la targa con l'indicazione "vicolo comunale" e il castelletto con l'antica fonte d'acqua. Scompare attualmente ogni ricordo.

Per tutto ciò che rappresenta quel luogo, ecco arrivare l'appello alle istituzioni cittadine, affinché il cortiletto comunale ritorni ad essere com'era prima, o meglio ancora recuperato e valorizzato, un luogo pubblico fruibile liberamente da tutti, con una targa, perché bene comune. Occorrerebbe anzitutto un'azione di bonifica per rendere fruibile l'area e far visitare il luogo da dove partiva la biforcazione che alimentava le adiacenti Terme romane del quarto secolo dopo Cristo, che si trovano appena a cento metri in linea d'aria. Ripulire dai rovi quel sito e recuperarlo dall'abbandono sarebbe il primo passo per poi consegnarlo alla fruibilità della comunità e degli studiosi. Non possiamo che segnalarlo a chi di dovere.

Il vincolo posto 15 anni fa Già nel marzo 2013, del “Cannaggeddu” si occupò questo giornale. In seguito agli scavi eseguiti dalla Soprintendenza di Catania, era stato scoperto alla fine degli anni Novanta il canale di deviazione che portava l’acqua per alimentare il vicino bagno termale. Sono trascorsi più di 15 anni dall’intervento della Soprintendenza che ha posto sotto vincolo archeologico e tutela il sito, attraversato dall’acquedotto romano (risalente al primo sec. d. Cristo) che portava l’acqua da S.Maria di Licodia fino a Catania. Ci sono anche due vecchie stanze che si affacciano proprio sui resti dell’acquedotto, utilizzabili se ristrutturate per potere ripercorrere la storia di quest’opera idraulica lunga ben 24 chilometri che serviva per approvvigionare d’acqua di Catania. Eppure dopo più di 15 anni dalla scoperta, avvenuta per caso in seguito al fermo dei lavori di costruzione di una casa per civile abitazione, questa testimonianza giace nel più completo abbandono, a quanto pare anche per contenziosi privati. Il sito “da tutelare” non è oggi utile a nessuno.

Roberto Fatuzzo
La Sicilia
21/05/2014