Torturato e bruciato vivo. Mafia, omicidio di un innocente

Alfio AdornettoNel 1992 ci si era quasi abituati alla morte, all’odore del sangue, al rumore delle pistolettate. Ma quando l’appena 18enne Giuseppe Torre non fece ritorno a casa in una fredda giornata di febbraio, gli abitanti di Misterbianco iniziarono a interrogarsi. E quando iniziarono a girare le prime voci di un agghiacciante omicidio, la comunità iniziò a scuotersi. Quel volto di innocente finì sulla tv nazionale.

I familiari non si erano arresi, forse nemmeno all’evidenza. Ma quel briciolo di speranza si sgretolò quando iniziò il processo Ariete. Giuseppe Torre era stato torturato e poi bruciato tra i copertoni. Ventotto anni dopo quel vile delitto di mafia torna sulle pagine dei giornali, perché è finito in manette Alfio Adornetto - arrestato nel blitz del Ros Thor - accusato di essere la persona che ha fornito indicazioni utili al ‘gruppo di killer’ per prelevarlo e quindi sequestrarlo.

Nell’ordinanza firmata dalla gip Simona Ragazzi ci sono stralci della sentenza della Corte d’Assise che hanno portato alla condanna di alcuni componenti del gruppo del Malpassotu, braccio armato del clan Santapaola. Giuseppe Torre fu una vittima innocente nella faida tra i Tuppi e gli uomini di Giuseppe Pulvirenti, ormai scomparso. La madre di quel giovane avrebbe avuto un rapporto con Gaetano Nicotra, fratello di Mario u Tuppu (ammazzato, ndr). Tano Nicotra, sicuro di essere bersaglio, si nascose. Secondo alcuni Giuseppe Torre avrebbe potute fornire dettagli importanti per localizzarlo, anzi alcuni testimoni, di pentiti e non, riferirono che alcuni del gruppo mafioso pensavano che il giovane fornisse anche appoggio alla latitanza di Nicotra. Di questo agghiacciante omicidio parlarono Giuseppe Pulvirenti, morto diversi anni fa in un incidente, Orazio Pino, l’ex pentito ammazzato l’anno scorso in Liguria, Filippo Malvagna, collaboratore ascoltato anche nel processo Trattativa Stato-Mafia e autore dell’atroce delitto.

E sono i suoi verbali quelli da cui i magistrati negli anni passati hanno ricostruito passo dopo passo il film dell’horror. Il sequestro, le torture e poi l’omicidio. Bruciato vivo tra i copertoni infuocati. Il giovane fu sequestrato in piazza Dante a Misterbianco. Fu bloccato da un gruppo a bordo di una Lancia Thema con lampeggiate. Si finsero esponenti delle forze dell’ordine e lo prelevarono. Lo portarono in una casa di campagna. “Il più aggressivo nei suoi confronti era stato Nunzio Zuccaro - si legge negli atti dell’inchiesta Thor - avevano spento sigarette sul corpo della vittima, soprattutto Zuccaro, ed avevano persino versato dell’alcool nella cavità ombelicale, dandovi fuoco”. Daniele Mangione fu ancora più preciso seguendo le confessioni di Giuseppe Grazioso: “Gli buttavano dell’alcool addosso, gli davano a fuoco, lo colpivano con del legno, del ferro, con qualsiasi cosa purché questo parlasse.....Quindi dopo una serie di torture questo ragazzo era sfinito, praticamente aveva anche, gli era sembrato morto praticamente, cioè come se gli fosse morto tra le mani”.

Ad un certo punto i sequestratori capirono che il giovane non sapeva nulla di Nicotra. Ma decisero di ammazzarlo ugualmente. E così lo portarono in una zona sciarosa, tra Madonna degli Ammalati e San Pietro Clarenza, presero dei copertoni e appiccarono il fuoco. Quella sciara ancora oggi è chiamata ‘il cimitero dei morti ammazzati dai Malpassotu’. “Vedevamo i piedi di questo ragazzo che tentava di uscire da sopra, gli sbattevano i piedi per cercare di uscire, però noi pensavamo che era morto......E’ stata questione di pochi secondi e poi non si è sentito più niente”, raccontò Mangione seguendo ancora i ricordi di Grazioso. In quel processo però non si riuscì a chiudere il cerchio sulle responsabilità di Adornetto. Mancò un riscontro che è arrivato nel 2018 con le dichiarazioni di Francesco Squillaci. “Siccome a Misterbianco ci fu quella guerra di mafia tra “malpassoti” e “Tuppi” che ci fu uno sterminio... Cercavano in tutti i modi, in tutti i mezzi, di scovare Gaetano Nicotra”, ha spiegato al pm Rocco Liguori.

Il pentito ha ricordato che dell’omicidio di Torre se n’era già parlato in alcuni processi. “Ariete 1, Ariete 2, Ariete 3, anzi penso che anche a Catania - ha detto - ha fatto molto scalpore, perché effettivamente il ragazzino non sapeva dove era la madre, perché la madre era andata via e lui abitava con i nonni, perché è cresciuto con i nonni”. E nel corso di quei processi Squillaci incontrò Alfio Adornetto durante un periodo di dentenzione. E fu lo stesso, oggi indagato, a confidargli tempo dopo che “era stato fortunato a non pagare questo omicidio”. La fortuna però è finita.

Laura Distefano
catania.livesicilia.it
27/02/2020

tags: