Con "Un Monastero per la città. Il complesso dei Benedettini tra passato e futuro" una mostra che ripercorre le tappe di un restauro lungo trent'anni che ha restituito alla
città un edificio splendido. Il genio di Giancarlo De Carlo e la volontà di Giuseppe Giarrizzo cui la Facoltà di Lettere e Filosofia dedica un doveroso omaggio tra saggi, seminari e tavole rotonde.
La
fine ufficiale della “clausura” libera finalmente il Monastero verso la città.
A celebrare questa riappropiazione la suggestiva “Un Monastero per la città.
Il complesso dei Benedettini tra passato e futuro”, la singolare mostra
fotografica che ha inaugurato tre giorni di lavori e studi organizzati dalla
Facoltà di Lettere e Filosofia del nostro ateneo in omaggio a Giuseppe
Giarrizzo, proprio uno dei rari “genii loci” che a partire dagli anni ’70
si era personalmente impegnato per riconsegnare una struttura cardine
dell’intera isola al sapere e alla fruizione.
Lungo la peripatetica
passeggiata nel Corridoio della Presidenza della facoltà di Lettere e Filosofia
dove la mostra è allocata si snodano così le tappe fotografiche - assai
suggestive le immagini di Antonello Caniolo - di un trascurato prima di
un durante alacre ma assai prolungato e di uno luminoso adesso. La
storia in mostra è quella di un recupero - affidato al genio di un utopista
realista, l’”eutopista” Giancarlo De Carlo (poi supportato dalla preziosa
collaborazione degli architetti Antonino Leonardi, Sebastiano Lisi e Rosangela
Lamagna) - lungo e travagliato, le tappe di un cammino verso un spazio quasi
interamente ridiventato sede e fucina di sapere.
La mano di De Carlo - certamente
lontano dallo sguardo comune di vedere l'architettura
isolata dal contesto - è così riuscita a legare lo splendido barocco
alle soluzioni architettoniche più avanzate, le preesistenze archeologiche e
architettoniche e le stesso colate laviche alle modernissime e funzionali
strutture logistiche: un intervento privo di mera ricerca estetica o tecnologica.
“Un grande progettista un filosofo dell’intervento sul territorio -
ci dice proprio l’architetto Lamagna - con particolare attenzione nei
confronti dell’architettura contemporanea e della ristrutturazione
dell’antico nei rapporti col nuovo.”
I grandi pannelli a colori del
Monastero attuale si alternano così a quelli in bianco e nero, testimonianza di
una struttura ancora da “restituire”alla città: le imponenti mura
sbrecciate, assalite da una vegetazione rigogliosa ma soffocante, i corridoi
offesi da scritte e slogan, i cantinati abbandonati, adesso funzionali
biblioteche, la brulla bellezza del Giardino dei Novizi ora arioso passeggio, la
compostezza antica dei chiostri restituita al suo splendore settecentesco:
insomma l’itinerario della riconquista di quella “sede - come l’ha
definita il Rettore Ferdinando Latteri - prestigiosa e funzionale per gli
studenti e i docenti delle facoltà umanistiche, luogo culturale di assoluto
rilievo a disposizione della città e delle sue istituzioni, patrimonio
architettonico ed urbanistico da tutelare e valorizzare”.
GiCo