Il Cantico di Misterbianco e delle sue radici

Angelo BattiatoIl fiume scivolava gioioso, quella fredda domenica mattina, nella città dei Gonzaga, liberando sprizzi di gelo e limbi di stupore… È vero, sono fantastiche le città con i fiumi, che vivono nei fiumi, che si nutrono di fiumi, che sono attraversate, tra piazze e palazzi, da venature color acqua.

E sono indescrivibili le scie di luce che emanano quei corsi d’acqua, hanno un fascino, una magia, una seduzione indescrivibile.
Gli argini, poi, svelano tutto un mondo sconfinato di bellezza e di sorprese. E così, mentre entravo in una chiesa del centro, mi parse di scorgere, sull’arcata principale, una data, annerita dal tempo: 1668. E mentre ancora fantasticavo e veleggiavo sul fiume, il pensiero è volato al mio paese.

Anche Misterbianco, nel 1668, aveva il suo fiume, l’Amenano, che scorreva limpido davanti le porte del paese, che lambiva delicatamente, case, strade, masserie, colline, giochi di carusi, vuci di fìmmini, serenate di ziti, canti di Natale… E ancora avremmo avuto il nostro bel fiume, se solo fossimo stati più fortunati, se solo non avessimo avuto… “come vicino di casa”, quel vecchio stritusu di Mongibello, buono solo… a sputare fuoco! E il fuoco, rosso sangue, la Montagna lo spuntò davvero… Tutto iniziò la notte dell’8 marzo 1669, e devastò case, chiese, campagne, campane, alberi, radici, ricordi, speranze. Cancellò Nicolosi, Belpasso, San Pietro Clarenza, Camporotondo, Mascalucia, Gravina, Catania, Misterbianco.
Inghiottì persino il fiume Amenano, inabissandolo per sempre, sotto una dura coltre di sciara.

Misterbianco, tanti secoli prima, era nato così, quasi per caso, con il lavoro e la fatica, a coronamento d’un convento di monaci domenicani e d’una vecchia chiesa: Santa Maria di Monasterium Album. E i suoi abitanti, dediti a lavorare vigneti, uliveti e gelseti, e a produrre vino, olio e seta, diventarono ben presto una comunità forte e fiorente. E con la dignità del lavoro quotidiano nacque, in tutti, il desiderio di vivere liberi dal giogo e dalle grinfie dei catanesi. E così, il 24 novembre 1642, i 111 capi famiglia del paese, riuniti dalla campana della Chiesa Madre, decisero tutti insieme, di declinare una nuova storia, la loro storia, la storia della Terra di Monasterium Album.

Poi vi furono secoli di battaglie e di lotte, contro i Duchi Trigona, contro i Vicerè, contro i Borboni, contro i Podestà, contro i padroni, contro i padrini, contro i parrini. Trecento cinquant’anni di sacrifici, di speranze e di travàgghiu…

Ma noi stiamo ancora con i nostri antichi Padri, in quella fredda notte del 29 marzo 1669, in quel lungo viaggio verso una “terra promessa”, verso la nuova Itaca.

E anche narrare è viaggiare con loro, è conoscerli, comprenderli, amarli. Nella distanza, nello spazio, nel tempo, in loro stessi.
E la distanza fa rivivere i sentimenti più forti: i ricordi, gli affetti, l’amore, il sacrificio, la sofferenza, l’odio.

Ma noi vogliamo solamente ricordare e amare Misterbianco com’era e com’è. Così, semplicemente, come si ama una donna, una sposa, una madre, una figlia. Per poter dire, come Romeo, “Non esiste mondo fuori dalle mura di… Misterbianco”.
Misterbianco, piccola patria, è metafora di ogni paese e di ogni mondo possibile…

E i nostri Padri, da sempre alla ricerca del tempo e dell’identità perduta in quella fredda notte di primavera, nei loro luoghi dell’anima, in quella mitica “età dell’oro”, a vagare, tra Mezzocampo e le Erbe Bianche, hanno voluto ricreare lo spesso paese, gli stessi luoghi, gli stessi spazi, probabilmente con le stesse pietre: ‘a ‘Cchianata di Santa Nicola, ‘u Pedi ‘a Cruci, ‘a Chiazza, ‘i Quattru Canti, ‘i Manganeddi, Panzera, San Rocco, ‘u Coraghèsa,… perché si è felici solamente nei luoghi e con le pietre che ci hanno visto bambini… Come in quei giorni antichi, vissuti lassù, a Monasterium Album.

E se volete trovare le nostre radici, e il nostro futuro, andate a Campanarazzu, sono ancora là, tutte intere, davanti le porte Scee, sulla riva del fiume Amenano…

Angelo Battiato

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