I cerei di S.Agata a Misterbianco: perché?

Ho aspettato che si concludesse la ricorrenza della festa del Patrono S. Antonio Abate prima di lanciare questa riflessione che riguarda la presenza nel nostro comune di Misterbianco di cerei legati alla festa di S. Agata di Catania.

Pare infatti che due o forse tre cerei della festa di S. Agata verranno a Misterbianco in questo mese di gennaio anche se mi dicono che in passato è capitato qualche altra volta, ma mai nel nostro centro storico.

La notizia è nota da qualche giorno in seguito ai programmi pubblicati sui social che pubblicizzano la presenza di due cerei della festa di S. Agata davanti ad esercizi commerciali di Misterbianco, uno posto nel nostro centro storico e l'altro in uno dei quartieri di periferia.

Ho cercato francamente un legame, una motivazione, una tradizione con la nostra storia che giustificasse tale trasferta, ma non ho trovato nulla.

I cerei, chiamate “cannalori” a Catania e “varette” a Misterbianco, sono oggetti di fede offerti al Santo Patrono che affondano le loro origini nella luce e riportano alla festa della candelora.

Il legame tra i cerei e le varie comunità cambia da comune a comune e rappresenta sempre un legame, si di fede, ma anche corporativo di arti e mestieri storici di un territorio con il suo Santo Patrono anche se queste corporazioni oggi rappresentano solo un ricordo del tempo che fu, dove però gli attuali fedeli si riconoscono ricordando con affetto i propri genitori o nonni.

Ed allora perché questi cerei vengono in trasferta a Misterbianco dove la comunità si riconosce nelle proprie “varette” che non hanno simili, per arti o mestieri con quelli di Catania?

Le uniche similitudini che si hanno con quelle di Catania sono le forme (un grosso cero o torcione abbellito con bandiere e figure sacre) o lo stile, per gran parte barocche, o nella offerta della cera o candela al Santo, ma non certamente nella fede al proprio Patrono o nelle tradizioni del territorio legate all’economia locale o nelle rivalità tra le corporazioni che tengono viva la festa grande che abbiamo vissuto lo scorso anno.

La trasferta di questi cerei a Misterbianco nel corso della prossima festa di S. Agata non ha dunque ne motivazioni storiche e neppure di fede, trasformandosi solamente in una semplice esibizione in un territorio che non gli appartiene che chiaramente costerà ai promotori almeno duemila euro tra camion per il trasporto, eventuale gru di sollevamento e ciurma.

Quindi non un atto di fede, ne una tradizione, e neppure un legame tra identiche corporazioni di cerei di Misterbianco e Catania e neanche una unità di fede con il Patrono, come potrebbe essere con i cerei di Aci S. Antonio ed ultimamente di Camporotondo Etneo, ma solamente un atto mercenario.

Ed allora mi sono posto un ulteriore interrogativo: i cerei di qualsiasi comune che sono stati offerti ai Santi Patroni dei vari territori possono liberamente spostarsi di comune in comune, oppure no?

Io credo proprio di no almeno per due ragioni, la prima è quella che il cereo è stato offerto al Santo Patrono del comune di competenza e quindi da quel momento non appartiene più alla corporazione che lo rappresenta, anche se lo gestisce nel corso dei festeggiamenti, ma alla chiesa.

La seconda è dettata, in questo caso, dal regolamento per la partecipazione dei cerei alla festa di S. Agata che così recita: “nei giorni antecedenti le processioni sopra dette, le candelore iniziano a girare per la città, recandosi nei quartieri e soffermandosi presso le botteghe delle varie categorie che rappresentano.” Ed ancora: “Ognuna di tali associazioni, per mezzo del suo legale rappresentante, ove intenda far effettuare al rispettivo cereo un “giro” nei quartieri della città durante i giorni antecedenti alle processioni del 3, 4 e 5 febbraio, deve previamente comunicare alla Questura ed al Comune di Catania i giorni, gli orari e le strade che il cereo percorrerà;”

In ambedue i commi del regolamento si fa riferimento al fatto che le candelore girano per la città recandosi nei quartieri di Catania non in altri comuni del circondario.

Ed allora come è possibile che questi cerei vengano a Misterbianco?

Forse che la Presidente del Comitato per i festeggiamenti di S. Agata oppure l’arcivescovo mons. Luigi Renna hanno autorizzato la trasferta dei cerei a Misterbianco derogando il regolamento?

Non ho notizia di autorizzazioni e comunque credo che non sia stata data.

Cosa diversa è il velo di S. Agata che più volte in passato è venuto a Misterbianco.

Negli anni Novanta venne portato nei quartieri di periferia a Misterbianco dopo oltre 320 anni dell’eruzione lavica che distrusse l’antico comune e nel 2019, in occasione del 350° anniversario dell’eruzione, l’allora arcivescovo Cristina autorizzò, fuori dai festeggiamenti Agatini, la venuta del velo a Campanarazzu che nel marzo del 1669 sostò una notte all’interno della chiesa di ritorno dalla processione di fedeli che chiedevano l’intercessione di S. Agata per arrestare il fiume di lava.

Credo che portare i cerei di S. Agata nel corso della festa a Misterbianco sia una scelta veramente infelice, non supportata da nessun elemento che lega il cereo al territorio ed al suo Patrono.

I cerei di qualsiasi festa nei nostri comuni etnei hanno peculiarità proprie dei territori in cui si trovano e sono contornati dal calore delle persone che lo seguono e che si identificano nel proprio territorio i quali sprigionano una fede di appartenenza al cereo ad al santo Patrono che si perde nel tempo.

Credo che conservare, valorizzare e promuovere i valori che ci sono stati tramandati e riconoscersi nelle proprie tradizioni, non in quelle degli altri, è un dovere di ognuno di noi.

Carmelo Santonocito

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