S. Antonio Abate, sei lunghi anni dall'ultima festa

Sono trascorsi sei lunghi anni dall’ultima festa di S. Antonio Abate e nell’aria si avverte l’attesa per un appuntamento importante per tutta la comunità.
Quest’anno i tempi di organizzazione sono stati stretti, per le vicende che noi tutti conosciamo ma, come sempre capita in ogni festa del Patrono nel nostro comune, non mancano anche oggi le solite discussioni, le diatribe anche animate, gli appelli al rispetto delle tradizioni, perché la festa, molti dicono e scrivono, è quella che ci hanno lasciato in eredità i nostri padri.
Credo che l’unica cosa importante che ci hanno lasciato i nostri padri è la tradizione nella devozione per il nostro Patrono.
Assieme alla fede poi, nel corso dei secoli, i nostri padri ci hanno lasciato il fercolo, il braccio Reliquiario, i cerei, che comunque negli anni sono stati soppiantati da quelli odierni, il simulacro, anche questo sostituito rispetto a quello inventariato nel 1790 e gli inni al Santo.
Anche questi ultimi ampliati in seguito alla nascita del nuovo Partito di S. Angela Merici.
Tutto il resto, dalla processione all’ingresso dei cerei nelle piazze è stato modificato e modellato sempre in seguito alle mutate esigenze, così come sono stati modificati i limiti territoriali dei partiti oppure è stato ampliato il giro oltre il centro storico o ristretto per esigenze di forza maggiore.
Ma nel corso degli anni è stata modificata anche la data della Festa Grande da aprile a maggio, ad agosto e perfino a settembre e pure gli orari di appuntamento dei cerei prima delle processioni per rispettare le esigenze di carattere istituzionale.
Basti pensare che nel 1828 essendo rientrata, nella festa precedente, la vara a tarda sera si decise che la processione doveva tenersi nella sola mattinata di domenica e per fare ciò si accorciò il giro.
Ma non solo.
La vara che oggi entra nella chiesa di S: Nicolò, dando vita ad uno spettacolo di popolo, devozione e fede allora sostava solo davanti la porta maggiore della chiesa senza entrare.
Gli stessi cerei che prima e fino al dopo guerra nel 1949 si davano appuntamento in piazza della Repubblica per la loro esibizione dal 1963 hanno replicato il sabato ai Quattro canti dopo la processione della Reliquia.
Ma c’è di più.
Anche l’ordine dei cerei è cambiato nel corso degli anni tanto che nel 1906 il sindaco per evitare tumulti scrisse al Prefetto per il reclamato diritto di precedenza che pretendevano il cereo dei Massari prima del cereo dei Vigneri. Anche questo è cambiato.
Lo stesso territorio dei Partiti, per il quale dalla nascita del partito di S. Angela Merici venne ridefinito, fu precedentemente modificato nel 1946 come risulta da un atto di archivio della Chiesa Madre.
Tutto ciò  dimostra come la Festa del Patrono porta con se una vitalità che non la rende statica e che sposa le innovazioni dettate dai tempi e dalle esigenze, che nulla hanno a che fare con le tradizioni di fede ed attaccamento al Patrono S. Antonio Abate che sono rimaste immutate.
Quindi, quando leggo il rispetto delle tradizioni, mi chiedo: di quali tradizioni stiamo parlando?
Non certamente delle piccole modifiche che ci sono sempre state anche perché queste, non sono tradizioni come la storia insegna a tutti noi.
Ed allora cosa si intende per tradizioni della Festa di S. Antonio Abate?
Credo, mi auguro di non sbagliare, che i nostri padri ci hanno tramandato una grande tradizione che è quella della devozione al Santo ancora viva e che noi tutti rispettiamo e tramandiamo ai nostri figli ed anche quando una volta le divergenze tra partiti e tra cerei erano più accentuate di quelle odierne, i nostri padri ci hanno tramandato un rispetto, che è l’unica vera tradizione: onorare il nostro Patrono nel migliore dei modi.
Ccu vera fidi!!!

Carmelo Santonocito

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