Il gabbiano: intenso e misterioso, come la vita

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Utopia del librarsi in volo: è su questa drammatica “sospensione” che si basa Il gabbiano di Anton Checov nella moderna regia di Marco Bernardi, allestimento prodotto dallo Stabile di Bolzano e in scena all' Ambasciatori dal 23 al 28 febbraio. Lo spettacolo è inserito nel già ricco e articolato cartellone dello Stabile catanese.

Degna di nota è la rigorosa traduzione del testo affidata a Fausto Malcovati, mentre sulla scena è possibile ammirare una compagnia di attori di spicco, tra cui segnaliamo Patrizia Milani nelle vesti di Irina, Carlo Simoni in quelle di Petr Sorin, Maurizio Donadoni che interpreta Trigorin, Gianna Coletti è Polina, Gaia Insenga, Nina; e ancora Fabrizio Martorelli (Semen), Massimo Nicolini (Kostia), Iolanda Piazza (Maŝa), Libero Sansavini (ll'ja Afanas'), Maurizio Ranieri (Jacov), Riccardo Zini (Evgenij). Le geometriche scene sono curate da Gisbert Jaekel, i suoni da Franco Maurina e le luci da Lorenzo Carlucci.

Accanto a Zio Vanja, Tre sorelle e Il giardino di ciliegi, Il gabbiano è uno dei capolavori del drammaturgo russo Cechov, il cui teatro è un magistrale affresco del suo tempo.

Storie di personaggi infelici che si confrontano e si scontrano, cercando affannosamente nell'arte e nell'amore una via di aderenza alla realtà: questo è il nucleo tematico del dramma cechoviano.

A regnare è lo scontro generazionale, declinato nella doppia dimensione genitori/figli e artisti affermati/debuttanti, insieme all'amore, ai discorsi sull'arte, sul teatro; tutto è analizzato con lo stile naturale e l'atmosfera suggestiva del miglior Cechov.

La vicenda si avvia sulle rive di un lago, nella tenuta di Sorin, dove trascorrono l'estate Irina Arkadina, celebre attrice con l'amante, il letterato Trigorin e diversi giovani: il figlio di lei, Treplev, autore teatrale in erba, la giovane Nina, la cui vocazione per il palcoscenico è osteggiata dai genitori e Masa, condannata ad amori infelici.

Tutti, appassionati, idealisti, innamorati, disperati, anelano, come gabbiani, a librarsi in volo ad ali spiegate verso le loro utopie, ma si ritrovano condannati a dover fare i conti con la vita, tempestosa e dura, sbattendo così impotenti nel vento quelle stesse ali, ormai vane.

«Il mio modo di mettere in scena i testi - spiega Bernardi - vorrebbe essere un tentativo di fenomenologia applicata al teatro, vale a dire provare a tradurre in scrittura scenica il testo nella sua completezza, in una sorta di ricostruzione dei punti di vista dell’autore. Mi piacerebbe che questo Gabbiano riuscisse veramente rotondo, vero, come Cechov l’ha scritto. Intenso e misterioso. Come la vita».

Forse è proprio questa capacità di Cechov di farsi acuto e sensibile osservatore dei sentimenti più veri e nascosti del genere umano a rendere Il gabbiano, e l'intero suo teatro, straordinariamente attuale e capace di far emozionare, sempre.

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