Ennio Marchetto, il trasformista della carta al Piccolo

"Cartonissima" al Piccolo Teatro è uno dei migliori spettacvoli della stagione...

Non c’è scena – piuttosto
un nero fondale - perché la scena è lui: Ennio Marchetto, questo pirotecnico
mimo veneziano che sui legni del Piccolo Teatro di Gianni Salvo ha presentato il
suo coloratissimo “Cartonissima”, prodotto da Progetti Dadaumpa.Questo
eccezionale trasformista del cartone – un cartone cangiante e vivo – ha
imbastito uno spettacolo che è riduttivo definire straordinario: non solo perché
nella sua completa e geniale forma d’espressione gestuale e mimica (una
spruzzata di Teatro Kabuki, forse?) tra
schegge e graffiti canoro-musicali
è stata una rassegna fedele e
irriverente, serrata ed  esilarante,
dell’universo artistico, quanto perché i costumi che la vivificano –
firmati da Sosthen Hennekam che insieme a Marchetto ha pure curato la regia -
sono delle elaboratissime e meravigliose macchine di scena. Grazie a loro e
complice il sottofondo musicale interpretato in aderentissimo playback,
Marchetto passa dalle curve sinuose e bionde di Marylin a quelle abbondanti di
una odalisca; dalle coloratissime treccine di Stevie Wonder ad una incorniciata
e linguacciuta Gioconda. “Ballando sotto la pioggia” di cuoricini Marchetto
visita con divertita impertinenza il teatro, la canzone pop e d’autore, il
cinema, la stessa televisione, con i suoi divi e le sue “soubrettes”: e per
un momento diventa pure l’inossidabile Carrà mentre ancheggia col leggendario
“Tuca-tuca”. Ma c’è anche il rapper che, con una magia flessuosa di
carta, diviene improvvisamente una spirluccicante Gloria Gaynor, trasformata
subito dopo nella celeberrima coppia jazz Ella & Sachmo. L’incursione
nella fiaba dura il tempo di una disneyana Biancaneve subito mutata in Renato
Zero; e da una completa e articolata matrioska si passa alla wagneriana
Walchiria, inseguendo pure una bulimica Mina ed una attempata Marlene Dietrich;
una Piaff scimmiesca contralta poi con la pettoruta icona ‘country’ Dolly
Parton, passando pure per Pavarotti compreso uno strepitoso e marionettistico
Elvis: e Marchetto si snoda, si accartoccia, aggroviglia e districa il suo corpo
con sorprendente naturalezza mentre il cartone gli fa mutare pelle. Insomma, dà
vita ad una cascata di ”cartoons” che il pubblico accompagna con valanghe di
applausi e con una ripetuta finale ovazione. Senza dubbio una delle
‘performance’ migliori che la nostra città abbia mai proposto. Se la
vitalità di un teatro si misura dalla sua capacità di rinnovare e di proporre,
di condurre lo spettatore nella magia delle sue forme, allora: lunga vita al
Piccolo!

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