Consolo, Retablo e la "soavità mozartiana"

In un affollata aula del Monastero dei Benedettini lo scrittore siciliano - insieme alla regista Ardini, al direttore dello Stabile Orazio Torrisi e agli interpreti

“La grazia di
un concerto mozartiano”. E’ lo stesso Vincenzo Consolo, immerso in
un’affollatissima aula del Monastero dei Benedettini, a definire il suo
“Retablo”, trasposto sulle scene da Ugo Ronfani e Daniela Ardini
(rispettivamente adattatore e regista) e che in questi giorni si rappresenta sui
legni del Verga. L’incontro con l’autore – lo spazio che lo Stabile etneo
in collaborazione con la facoltà di Lettere dell’ateneo catanese destina al
dibattito con i protagonisti nei giorni successivi allo spettacolo – abbraccia
“uno degli scrittori – è lo stesso preside Nicola Mineo a parlare – più
rappresentativi della letteratura in Sicilia e non solo”.

Dalla pagina del
romanzo “consolianamente” inteso (cioè come antiromanzo) allo spettacolo:
si compiva lungo quest’arco il dibattito che ha visto impegnato Consolo
insieme allo stesso Orazio Torrisi, direttore dello Stabile, ad Antonio Di
Grado, docente di Letteratura Italiana, ed alla regista Ardini. Che riannodando
le fila della sua formazione registica (intrapresa con Andrea Camilleri)
dichiara il suo immediato interesse per il “teatro di parola” battezzato
appunto già dalla regia di “Lunaria” (sempre da un testo di Consolo) prima
dell’incontro con lo stesso Clerici, protagonista di “Retablo”. “Dovevo
semplificare e ricapitolare – ha confessato la Ardini - la ricchezza del testo
consoliano”. Ma nella piacevole fatica del lavoro di riduzione “non si è
trattato di mera citazione piuttosto della discesa in un linguaggio che è
diventato tempo reale attraverso la fisicità degli attori, tutti
all’altezza”.
L’intenzione del libro – precisa poi Consolo –
scaturisce da un viaggio reale compiuto con lo stesso Clerici che è per
eccellenza un “personaggio alla Stendhal” (e già protagonista di un libro
di Savinio), e dalla ricerca di una
matrice, di una identità individuale: “Non basta l’ideologia – precisa
appunto Consolo – è necessaria la letteratura per scandagliare i sentimenti
umani”. E Antonio Di Grado, generalizza il senso dell’operare dello
scrittore appunto nella “terza via” di chi oscilla, per scelta, tra
disperazione ed utopia: almeno per dirla con Sciascia… E poi il fulgore
barocco del romanzo trasposto è esempio di letteratura unitaria: in “Retablo” la Sicilia si apre ante litteram ad accogliere un
milanese tra le braccia della sua luce mediterranea, “pendant” di quella
stessa unità che per Consolo deve accomunare narrativa scritta e racconto
drammaturgico. Lui, a suo dire, si sente doppiamente “catanese”: non solo
perchè la sua nativa S. Agata di Militello fu fondata da coloni etnei ma
soprattutto perchè proprio Catania lo ha immesso “nella storia di una
letteratura che ha partorito scrittori tanto grandi”. Poi si lascia andare ai
ricordi – su tutti la visita abbagliante in compagnia di Josè Saramago lungo i
corridoi dei Benedettini - ma tiene desta l’attenzione contro i pericoli
dell’appiattimento linguistico e culturale, del parlato ad una dimensione,
dell’intrusione violenta di termini stranieri, dell’americanismo culturale
soprattutto, prima di soddisfare le domande di un dibattito serrato e le
richieste d’autografo di tanti lettori. Giovani, soprattutto "Times New Roman";mso-ansi-language:IT;mso-fareast-language:IT;mso-bidi-language:
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