CATANIA - "Non mi ricordavo una camera di consiglio così lunga dai tempi di Orsa Maggiore", ha commentato così uno degli avvocati che insieme agli imputati, rinchiusi nelle gabbie, e i parenti fuori dall'aula bunker 2 di Bicocca hanno atteso per otto ore la sentenza del processo scaturito dall'indagine Enigma, che ha azzerato la squadra di Lineri del clan Mazzei. Ieri sera, poco prima delle 20 e 30, il Tribunale di Catania, presieduto dalla giudice Maria Pia Urso, ha letto il dispositivo davanti a imputati, difensori e il pm Rocco Liguori.
Condanne pesantissime quelle inflitte dal Tribunale: da 23 a 7 anni. E se per alcuni imputati il collegio giudicante ha stabilito una pena meno severa rispetto a quella richiesta dal pm, per alcuni invece la condanna è stata più dura. Come nel caso di Giuseppe Chinnici e Francesco Terranova: il sostituto procuratore aveva chiesto rispettivamente 5 e 3 anni di detenzione, il Tribunale invece ha condannato Chinnici a 9 anni e Terranova a 7.
La condanna più dura, 23 anni e 8 mesi, per Costantino "Nuccio" Grasso, considerato il vertice del gruppo di Lineri e interfaccia con il capomafia Nuccio Mazzei. Per il boss di Lineri, difeso dagli avvocati Maria Fallico e Giovanna Aprile, il pm aveva chiesto 30 anni di detenzione. Stessa pena era stata chiesta dall'accusa per Giuseppe D'Agostino, classe 1974, difeso dall'avvocato Maria Michela Trovato. Il Tribunale lo ha condannato a 20 anni e 6 mesi.
LA SENTENZA. Guido Acciarito, 14 anni e 6 mesi, Giuseppe Avellino, 15 anni, Paolo Cosentino, 9 anni, Salvatore Cosentino, 10 anni, Andrea Diego Cutuli, 13 anni e 6 mesi, Giuseppe D’Agostino (classe 1974), 20 anni e 6 mesi, Giuseppe D’Agostino (1981), 12 anni, Salvatore Di Gregorio, 8 anni, Concetto Gangi, 9 anni, Costantino Grasso, 23 anni e 8 mesi, Domenico Grasso, 11 anni e 6 mesi, Alfio Grazioso, 17 anni, Giovanni Papa, 9 anni e 6 mesi, Daniele Di Mauro, 7 anni e 4 mesi, Antonino Santonocito, 9 anni, Giuseppe Chinnici, 9 anni, Giovanni Miuccio, 8 anni e 6 mesi, Francesco Terranova, 7 anni.
Il Tribunale ha accolto la richiesta del pm Rocco Liguori ed ha assolto Umberto Giusti, difeso dall'avvocato Filippo Pino. Infine i giudici hanno disposto sentenza di non luogo a procedere per il capomafia Nuccio Mazzei, difeso da Francesco Antille e Salvo Pace, in quanto già condannato per le stesse contestazioni (ne bis in idem, ndr). Il Tribunale depositerà le motivazioni della sentenza entro il termine di 90 giorni.
LA CRONACA DELL'UDIENZA - Prima che il Tribunale si ritirasse in camera di consiglio Giuseppe D’Agostino, classe 1974, ha voluto rilasciare dichiarazioni spontanee. L’imputato ha deciso di chiarire ai giudici i suoi rapporti con i calabresi, emersi da alcune intercettazioni. “Ho rapporti con i calabresi del 1996 ma nulla hanno a che vedere con la droga, solo per possibili rapine”. Ha respinto qualunque coinvolgimento in merito ai reati in materia di stupefacenti. “Io droga non ne uso”, ha detto rivolgendosi ai giudici, affiancato da due agenti di polizia penitenziaria.
A chiudere le discussioni ieri mattina sono stati gli avvocati Maria Fallico e Giovanna Aprile, difensori dell’imputato chiave del processo Costantino “Nuccio” Grasso, accusato di essere il capo del “gruppo di Lineri” della famiglia mafiosa dei Mazzei e di essere “promotore e organizzatore” del sodalizio criminale dedito al traffico di droga. “La responsabilità del mio assistito per il traffico di droga non è emersa da alcuna intercettazione”, ha detto l’avvocato Giovanna Aprile. L’avvocato Maria Fallico si è concentrata sulla prova principe dell’intero processo: i block notes trovati - secondo la ricostruzione accusatoria - a casa di Nuccio Grasso, in via Palermo. Il difensore ha alimentato dubbi sul reale luogo di ritrovamento della documentazione da cui parte tutta l’inchiesta Enigma. Perché su quei fogli sono stati annotati iniziali, date, somme di denaro che hanno portato a ritenere quei documenti un vero e proprio “libro mastro” del pizzo. L’avvocato Fallico ha depositato una memoria in cui Grasso ha affermato che “non aveva mai visto quei block notes”. “Non vi è certezza dunque sul luogo del ritrovamento”, ha evidenziato il legale. E, infine, se davvero Costantino Grasso è un capo di un gruppo mafioso, “perché nessun collaboratore di giustizia, in questi anni, ne ha mai parlato?”, si è chiesta il difensore. Nelle scorse udienze si sono susseguite le arringhe dei legali del collegio difensivo composto, tra gli altri, dagli avvocati Michele Ragonese, Francesco Maria Marchese, Giuseppe Orlando, Vittorio Basile, Marco Basile, Fabio Presenti, Claudio Galletta, Claudio Paschina, Nancy Leotta, Mario Brancato, Enzo Merlino, Barbara Ronsisvalle.
IL BLITZ. L’operazione Enigma, scattata nel 2015 e condotta dalla Squadra Mobile di Catania, ha scoperchiato gli affari illeciti del gruppo di Lineri legati al clan dei Carcagnusi (squadra che già è emersa nel processo Traforo di diversi anni fa). Estorsioni, riscossione crediti e anche traffico di droga. Le indagini si sono mosse - come già detto - dal ritrovamento dei block notes che sono stati studiati e decriptati (da qui il nome Enigma dato all’operazione). Decodificati gli appunti sono stati approntati intercettazioni e pedinamenti che hanno portato a diversi arresti in flagranza. Gli estorsori sono stati beccati con la mano nella marmellata. A completare il quadro le intercettazioni: sono state immortalate anche le spartizioni degli incassi delle estorsioni. Nel corso del dibattimento è stato anche sentito Luciano Cavallaro, collaboratore di nuovo corso, che ha militato nel gruppo Nicotra di Misterbianco, i cosiddetti Tuppi, legati alla famiglia Mazzei.
12/07/2018