"Beddamatri" a Majazè

Il lavoro concludeva un training di formazione pedagogica svolto da Gianni Balzarini ed Emma Dante. Repliche all'ex Mangiatoia di Vittoria.

Denso prologo
prima dell’alba. Il folletto capriccioso e misuratamente ilare, un po’
filosofo un po’ istrione, che anima l’incipit di “Beddamatri” – la
piece del Teatro Agricolo in scena nello spazio performativo di Majazè – ne
traccia le parole-chiave con un ghigno che lascerebbe sospettare una “mise en
espace” frivola, assolutamente ‘degagè’. E che invece sulle note
seducenti di “Shine on your crazy diamond” dei Pink Floyd si annuncia
stratificata e profonda, come l’epifania lentissima, siderale che l’apre:
una sorta di primo giorno del mondo apparentemente privo di umana connotazione
se non fosse per la ferina presenza femminile (una coinvolta Alice Giulia Di
Tullio) - Amazzone? Divinità silvana? Grande Madre? – che si fa, attraverso
la poesia, parola ed evento. La sua è simbolicamente una presenza che la storia
ha relegato al silenzio, al dolore, alla sottomissione: che sia il lato oscuro
della creazione (il celeberrimo riferimento musicale - la luna è considerata
per eccellenza figura della femminilità - pare cogliere questa indicazione) non
è dato conoscere: chè quel manifestarsi è scenicamente rappreso (anche se non
sempre brilla della medesima intensità) in una sorta di braianstorming
espressivo assai coinvolgente. Tutto “Beddamatri” pare sospeso fra tragedia
classica e danza, tra mito e liturgia, in uno spettacolo in grado di restituire
attraverso le bio-logiche meccaniche e la dinamica dei corpi universi di
affetti, di sensi, di suoni lungo quello che si connota allo stesso tempo come
un omaggio all’oralità, alla ‘diversità’ della trasmissione del sangue e
dei sessi e all’opposizione maschile/femminile. Il banchetto verbale in cui si
consumano le forme della narrazione e della storia al femminile
(nell’evocazione che chiama in causa Lady Oscar e Madre Teresa, Rita Pavone e
Frida Kahlo) esprime forse il “desiderio” 
- e le note di “Wish you were here” s’attorcigliano sui corpi - di
una femminilità assoluta, ancestrale. 
In una rappresentazione di suggestivo impatto coreografico - curato da Emma
Scialfa – i “danzattori” (Giovanni Balzaretti, Donatella Cosentino,
Rosaria Fallico, Andrea Galatà, Samantha Intelisano, Assia Torrisi, Nicola
Pavone, Salvo Pistorio,  Elena Rosa,
Erminia Russo e Gisella Spampinato) dipanano tra corpi e parole, vicende di
sofferenza, di impossibilità ma anche di ostinazione, di rivolte distillate
dalle dinamiche biomeccaniche (lo spettacolo conclude un training di formazione
pedagogica svolto da Giovanni Balzaretti ed Emma Scialfa) e della danza
contemporanea. E infatti nella sequenza conclusiva, lungo il rituale che esprime
l’originaria furia delle Baccanti, la ricerca della parola - e del
‘soggetto’ donna che la pronuncia - s’innalza e palpita sulla vita e sulla
morte. Dopo Catania si replica a partire da giovedì all’ex Mangiatoia di
Vittoria.

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