Autunno a Puteaux di Mimmo Trischitta in scena alle Ciminiere

Con "Autunno a Puteaux", atto unico prodotto dalla Provincia Regionale di Catania, il giovane scrittore Mimmo Trischitta rende omaggio al suo Bellini: un personaggio malinconico e inquieto, assalito dalla solitudine. La prestigiosa regia di Alessandro Di Robilant.

La lunga lingua
d’asfalto che scende dalla rocca di Troina attraversa, tra sinuosi tornanti e
brevi rettilinei, un paesaggio evanescente, gonfio di galeoni di nuvole basse e
scurigne, una caligine sfumata che dall’interno dell’auto assume l’aspetto
di una proiezione irreale. Mimmo Trischitta guida con una prudenza irritante e
guerreggia di continuo con le manopole dell’autoradio. E’ l’atmosfera
ideale per un atipico ritratto di questo giovane scrittore catanese, che si
reputa ormai maturo e pronto ad esordire anche in patria – dopo il
favorevole battesimo dello scorso anno al Quirino di Roma - con una piece
originale incentrata proprio su un illustre concittadino: Vincenzo Bellini.
“Il pretesto per Autunno a Puteaux - dice Trischitta - è quello del
secondo centenario della nascita del cigno catanese, ma il mio Bellini non è
affatto il personaggio tradizionale, tipico del mito etneo, piuttosto un
individuo che vive l’esperienza tipica di molte persone che per necessità
lasciano la loro terra e si ritrovano lontani, deraciné, anche se (è il
caso del musicista) si tratta di Parigi, una grande capitale d’arte di
cultura: ecco il Bellini di questo atto unico è quello cui mi sento più
legato”. La rappresentazione (il debutto è fissato per domenica 16 dicembre alle
21.00 alle Ciminiere di Catania) firmata dalla prestigiosa mano di Alessandro Di
Robilant - il regista de Il giudice ragazzino e de I fetentoni
è incentrata sull’ultima fase della vita di Bellini, contrassegnata sì dal
successo dei Puritani ma anche e soprattutto dalla solitudine, appena
alleggerita dalla coppia che lo ospita in una villa di Puteaux: un facoltoso
ebreo che investe nella borsa spagnola e una ballerina, probabilmente una ex cocotte.
Nei panni del giovane musicista un giovane attore palermitano Giovanni Carta;
Donatella Finocchiaro è invece Honorine mentre il messinese Giovanni Moschella
interpreterà Samuel Lewis. “Con Autunno a Puteaux - aggiunge
Trischitta - ho voluto cogliere l’uomo solo e infelice, affrontando la “vita
non illustre”, per così dire, di questo personaggio”. E proprio il lato
oscuro della vita segna la scrittura di Trischitta. Non a caso i suoi due testi
teatrali sono incentrati su esistenze tormentate dallo sradicamento e
dall’inappartenenza: la Daniela Rocca di Sabbie Mobili e appunto il
Bellini di Autunno a Puteaux. La trilogia delle “vite provinciali”
dovrebbe chiudersi con un altro atto unico “Le cose che pensano”,
protagonista Lucio Battisti. “Il cantautore è colto nella fase
dell’isolamento e della rottura con i mass media. Coltiva il sogno della
possibile collaborazione, già interrotta, con Mogol. Ma è un sogno che non si
concretizzerà mai, sbriciolato dalle difficoltà di un mondo - quello dei media
- ostile e disumano”. Lo stesso mondo avverso che Trischitta vive
quotidianamente… “E’ vero - aggiunge - in queste icone rivedo gran
parte delle mie vicende personali, le vicende di un uomo costretto a vivere una
professione che non sento mia; una situazione frustrante che in fondo mi ha
spinto lungo la strada che ho sempre cercata: la scrittura”. Lo spessore
crudele della cronaca giornaliera hanno pure i racconti di Trischitta, Le lunghe giornatenarrazioni
di chi vive male e troppo in fretta. “Prediligo senz’altro - sottolinea - il
racconto breve: è la forma più nobile della scrittura e la più difficile
perché vi si concentra in poche righe un tono narrativo forte, senza gli annacquamenti, le pause e le cadute di tono tipiche del
romanzo”. Le lunghe giornate assumono il
senso di una caduta vertiginosa, di
una rovina esistenziale e fisica
che destina i protagonisti - come
sottolinea lo stesso Trischitta - ad una redenzione che non è umana nè
terrena, ma più alta e più misteriosa".
La probabile, prossima pubblicazione
di questi racconti per i tipi di uno dei maggiori editori del Meridione potrebbe
costituire il coronamento di una attività che continua ad oscillare tra
l’informazione “curiosa” tipica dello scrittore - Trischitta si interessa
di letteratura, di cinema e di spettacolo - e l’attività che sente ormai come
propria: quella di drammaturgo. Le sue sono narrazioni semplici e comuni, ma
comunque finali, definitive nelle quali Trischitta non maschera con bello stile la drastica ed inappellabile radicalità dei suoi
protagonisti - puttane, camionisti, vinti, scunchiuruti
di ogni pasta - :
la sua è una prosa didascalica, bruciata, raggrumata. E anche se i
personaggi sono diversi e lontani per vocazioni, per aspirazioni, per
idiosincrasie, a legarli un filo invisibile che li rende uguali: è l'afrore
intimo della disperazione e dell'eccesso, il dolore di un sacrificio, di una
scelta inappellabile. In questo modo anche i luoghi in cui i protagonisti
incontrano il loro destino, non sono che la città
di Trischitta: una Catania sempre uguale a se stessa, ingiudicabile, in
lotta tra un adesso tragico e segnato ed un prima
sereno e lontano, forse utopico. E Catania, anzi il suo emblematico e
(ormai) fantasma quartiere San Berillo, è al centro di un lavoro cui Trischitta
pensa già da tempo: una epopea corale di quella borgata, costruita sui ricordi
personali del padre dello scrittore che ha vissuto la sua giovinezza proprio tra
quelle case: una sorta di spoon river
tutta cittadina, caparbio ergo sum di
chi si è affidato alla scrittura e ne ha fatto una ragione di vita. Una vita
segnata dalla letture e dai libri: “La mia educazione letteraria - ammette
Trischitta - è stata molto disordinata, divoratrice ed intuitiva: solo per caso
mi sono imbattuto in scrittori che poi ho amato. Un maestro assoluto di stile è stato senza dubbio Celine; poi sono arrivati John Fante, Pier
Vittorio Tondelli e soprattutto Giuseppe Pontiggia, cui mi legano motivi assai
più profondi che la semplice condivisione della passione letteraria: Giuseppe
Pontiggia è stata la persona che ha creduto in me e che mi ha spinto a non
cedere e a continuare a scrivere”.

GiCo

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