A ciascuno il suo nome

Gesualdo BufalinoFinisci l’omu e finisci lu nomu. (detto popolare. Da, Museo d’ombre, di Gesualdo Bufalino).
I nomi sono il più importante “patrimonio immateriale” che possiede l’uomo; la risorsa essenziale che serve per pensare, parlare, esprimere pensieri, idee, concetti, trasmettere emozioni, passioni, sentimenti; il mezzo necessario per comunicare con se stesso e con gli altri, per affermarsi e per esserci nel mondo e nella storia.

I nomi danno all’uomo la possibilità di esistere, il diritto di esistere, di dare un senso alla vita, al presente, di rappresentare il passato, di narrare la storia, di dare fiato al tempo e allo spazio. Ma i nomi curano, salvano, creano, liberano l’uomo. Al tempo di Platone c’erano due teorie sui nomi. La prima diceva che i nomi sono naturali, cioè, sono suggeriti dalle cose stesse (es. zigzagare); la seconda diceva che i nomi sono convenzionali, cioè, sono stabiliti dall’uomo con un ordine indefinito, concordato, quasi casuale (es. mare, per indicare la distesa d’acqua). Platone riteneva, invece, che il linguaggio è “strumentale”, esso è sorto come strumento per poter comunicare tra gli uomini tutto ciò che conoscono e tutto ciò che per loro esiste.

E tra i nomi, sicuramente, i nomi propri sono i “termini” più preziosi e significati, che danno un senso alle persone, e quindi, alle comunità, alle civiltà, agli Stati. I nomi delle persone danno identità, specificità, unicità, rappresentatività, organicità, stabilità, ordine, sicurezza. I nomi, quelli e non altri, “servono” per indicare, individuare, specificare, definire, oltre che per chiamare, scegliere, unire, separare. Il nome di una persona, quello e non altro, è unico, irripetibile, irrinunciabile, irriproducibili, inseparabile, insostituibile, immutabile, perché è la persona ad essere unica, irripetibile, irrinunciabile, irriproducibili, inseparabile, insostituibile, immutabile. Credo che non occorre dare ulteriore spiegazione ai sopracitati concetti. Perché sono le persone l’edificio “portante delle città” e della storia, l’inizio e la fine di tutto. Ed è l’uomo a dare “ordine” al mondo, a ciascuno il suo nome, a ognuno la sua identità, a tutti la propria specificità. D’altronde, parliamo di persone, e non vogliamo dare nessuna patente di “preminenza – egemonia – autorità” all’uomo o alla donna (peraltro anacronistica, e oltremodo amorale e fuori dal tempo), e non si tratta neppure di dare due, tre o quattro nomi, per evitare confusione e kaos (che in origine voleva dire non-senso). Io credo che “rimescolando” il nome familiare si tende a minare l’ultimo tassello di identità, di memoria, di storia, di cultura, di appartenenza, di pace, tra gli uomini e i popoli. Il nome proprio è l’ultimo “baluardo” alla definitiva globalizzazione, massificazione, standardizzazione, omologazione, degli uomini, e quindi, delle culture, e delle comunità.

Ma in fondo, a volerci pensare bene, il nome, oltre a qualificare l’individuo, a dare identità, uniformità, specificità, unicità, tipicità, dà, soprattutto, la profondità dei secoli, il senso di appartenenza, l’idea stabile di continuità nel tempo e nello spazio. Il nome proprio dà “seguito” alla vita oltre la vita, fa sopravvivere i ricordi e la memoria comune, i valori vissuti e condivisi, legati a quella vita, a quella famiglia, a quella storia, a quel nome. Il nome dà speranza. Il nome dà vita. Quindi, secondo me, il nome contribuisce in maniera significativa a dare compimento al progetto di felicità insito in ogni uomo, in ogni tempo, e in ogni civiltà. E non scomoderemo, di certo, i padri romani che sul nome e sulla famiglia c’hanno costruito un impero millenario e governato il mondo. Perché se così non è, se si hanno molti e differenti modi per riconoscersi e per definirsi, si perde, ne sono convinto, la vera identità possibile. Si smarrisce l’uomo e la sua storia. Questo avverrà nell’arco di due, trecento anni. Quando sarà la fine. Certo, direte voi, tutto è vanità, “infinita vanità del tutto”. Ma noi, all’omologazione, alla globalizzazione, alla massificazione del tutto che porterà “all’indifferenziabilità” dell’uomo e della storia, opponiamo il nome, almeno il nome, solamente il nome. Perché, in questa vita, solo questo possiamo dire, chi siamo e come ci chiamiamo.

Angelo Battiato

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