Nel mentre un’allegra compagnia dei soliti noti, riunita al Circolo Savoia, si sbizzarriva nella ricerca dei più altisonanti aggettivi da accostare alla figura di Cavour nella corsa al più meritevole e quindi al più lecchino della storiografia risorgimentale, a scombinare il tutto ecco d’improvviso l’intervento di un certo Aurelio De Laurentis, presidente del Napoli calcio e purtroppo napoletano e sudista verace. Il De Laurentis ha osato definire Garibaldi uno scippatore delle ricchezze del Sud, un mariolo una testa di legno, longa manus dei suoi mandanti e reali saccheggiatori oltre che assassini dei meridionali: la razza maledetta dei Savoia.
Reazioni a dir poco isteriche quelle dei custodi delle sacre verità risorgimentali, i Galasso,i Galli Dalla Loggia lo stesso presidente della Laterza (editore del libro su Cavour), ma quella che più ha colpito è stata dello storico (solo perché docente universitario?) e meridionale Luigi Compagna il quale quasi un “galantuomo” del 1860 scrive: “i Napoletani gli chiedono (a De Laurentis) un interessamento ai problemi di Napoli e non alla storiografia”. Già, è vero, i Napoletani e il Sud non stiano a porsi domande sul passato, troppo ignoranti, inutile star loro a spiegare o approfondire quanto gli abbecedari delle scuole primarie inculcano da 150 anni, con la complicità e/o l’infingardaggine di schiere di docenti ignoranti e supponenti. Infatti solo considerando ignoranti i propri lettori che un certo Cazzullo dalle pagine del Corsera (da non confondere con il Corsera di Albertini) può dare stura alla serie delle “cazzullate” e rimpolpare una già copiosa “cazzulleide”.
Infatti il nostro fine scrittore sul Corsera del 15 c.m. spara ad alzo zero contro De Laurentis reo di tentato revisionismo contro le oramai note anche ai bambini “puttanate risorgimentali”. E così il piemontese Cazzullo, tra una spalmata di nutella e un gianduiotto tra i denti difende quell’anima prava di Garibaldi, negriero, ladro del denaro del Sud e massone per chi scrive, eroe senza macchia e senza paura per il savoiardo corrierista e carrierista, un sacco di fave,una cassa di baccalà poche sementi e l’esilio di Caprera, acquistata con i ricavi del commercio di schiavi cinesi. Basta con Garibaldi, c’è di meglio se un Cazzullo arriva a scrivere che si è vero che il Sud aveva più oro di tutti gli Stati preunitari ma che era oro del Re delle Due Sicilie e non dello Stato.
Basterebbe questo per chiedere all’ordine dei giornalisti la radiazione di Cazzullo per 30 anni. E comunque quei 443 milioni di lire in oro fu depredato e da Garibaldi e in massima parte dai virtuosi piemontesi,ma su questo il Cazzullo sorvola. Cavour in testa. L’appannaggio di quel macellaio di Vittorio Emanuele II era ben superiore a quello della regina Vittoria, inoltre i Savoia si appropriarono anche dei beni personali del Re Francesco II e della dote delle sue sorelle principesse Borbone Due Sicilie. Un Borbone non era un Savoia come il nano Vittorio Emanuele III il quale depositava i suoi denari presso la banca di Inghilterra e addirittura acquistava titoli del “ Prestito della Vittoria” emesso dalla Gran Bretagna per finanziare la guerra, un Savoia che prestava soldi ad un nemico contro i suoi soldati.
Un savoiardo, un piemontese, un’ icona di Cazzullo. E dopo i soliti richiami alla ferrovia Napoli Portici (un giocattolo del Borbone), e solite amenità varie, ecco da parte del Cazzullo la carezza sempre pelosa verso Napoli e il Sud. Un richiamo alla Napoli di Eduardo,alla fantasia, all’estro e alla creatività di questa città, senza sorvolare sull’ostilità dei meridionali verso lo Stato e sullo scarso senso civico. Insomma la solita solfa, da una crisi si esce tutti insieme o non se ne esce affatto. Parole sante caro Cazzullo, ma sono solo parole. Da 150 anni siamo stati esclusi da ogni possibile rinascita del Sud ( dopo il crollo provocato da rapine nordiste e 10 anni di guerra), da 150 anni siamo stati sfruttati e calunniati. Se 150 anni orsono,borghesia agraria meridionale e finanza padana strinsero quel patto scellerato che metteva fine ad al Regno, oggi dopo un secolo e mezzo quel patto è sempre più forte e lega la lobby economico finanziaria padana ad una classe politica del Sud incapace e servile . De Laurentis? Magari.