Benno Besson allievo del maestro Brecht a "Spazio Teatro"

La serie di incontri con il mondo della cultura e del teatro, organizzato in collaborazione con l'Università di Catania, accoglie uno dei maestri del teatro europeo, la cui messa in scena de "L'amore delle tre melarance" si replica sui legni del Verga.

“Spazio Teatro”, la serie di appuntamenti concertati dallo Stabile con l’Università catanese, accoglie uno dei genius loci del teatro europeo: Benno Besson. E lo fa in occasione dell’allestimento, sui legni del Verga, de “L’amore delle tre melarance”, la cui regia porta la firma proprio del grande allievo di Brecht. Ad introdurlo le attente ricognizioni, “Da Gozzi a Brecht”, di Guido Nicastro e di Fernando Gioviale. Nicastro ha esplorato – sussumendo il teatro fantastico di Gozzi intellettuale letteratissimo “adversus” quello romanzesco di Pietro Chiari - il filo rosso della polemica contro il teatro realista, dal Settecento attraverso il Romanticismo e fino al Novecento. Per di più il passaggio dal Gozzi barocco e purista al Sanguineti moderno ed iconoclasta de “L’amore delle tre melarance” “è abbastanza riuscito in quanto Sanguineti – ha concluso Nicastro - rispetta lo spirito polemico di Gozzi nei confronti della società del suo tempo”. Gioviale invece sottolineando i legami tra Besson e Brecht ha stigmatizzato l’opinione di chi considera il maestro tedesco un “arnese del passato”. Piuttosto la parabola brechtiana non si è mai abbassata. “Continua ad essere troppo più grande – ha concluso – di una moda politica e culturale”. Fisico gagliardo, bianchi capelli arruffati, un trend decisamente casual, il cipiglio schivo e appartato, Benno Besson - una lunga stagione di regie gozziane – dimostra di essere un ottantenne di poche parole ma di straordinario fascino. “Dovreste vederlo alle prove - suggerisce dinoccolato Lello Arena, che nella “fiaba teatrale” veste i panni di Tartaglia - è una turbolenza, una forza della natura. L’incontro con lui, con la sua forma sopraffina di teatro è stato per tutti noi della compagnia fondamentale.” Benno incrocia le grandi mani bianche, occhieggia la platea del fiammante Auditorium dei Benedettini, borbotta ora in francese ora in italiano; parla del suo Brecht, della lezione di un maestro la cui opera si è incentrata sulla “critica del patriarcato mercantile moderno”. Insomma un teatro da cui Benno – che non è un “brechtiano” – ha ricavato, tra l’altro, l’analisi della condizione umana. E aggiunge al suo laconico intervento: “Bisogna accostarsi a Brecht attraverso la categoria dell’ingenuità puerile. Solo così è possibile apprendere, senza i fronzoli degli atteggiamenti teorici. E poi – conclude – l’arte del teatro non ha a che fare con l’arte della vita?”

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