Sul mestiere del politicante

Capita, spesso, quasi sempre, che quando non si è né di destra né di sinistra si è qualunquisti ed opportunisti.

Capita, così, che taluni senza arte nè parte, senza scienza e coscienza, senza un chi o un come, intravedono nella politica un’opportunità, un’occasione facile e golosa di appropriarsi di un sostanzioso pezzo di "companatico” per condire il loro misero pezzo di pane.

Certo, nella politica il rischio o i vantaggi sono sempre latenti grazie al vecchio detto “cu sparti avi a megghiu parti” e quale migliore occasione, per i piccoli uomini, per quelli che non significano e non contano nulla, affondare le loro avide mani nei denari della “res pubblica”.

D’altronde, cosa ci si può aspettare da ”ominicchi e donnucce” affetti da gravi patologie sociali quali il “familismo”, l’”amichismo”, il ”parentismo”, il ”cosanostrismo”, il ”menefottismo”, ”tanto quello che conta in politica sono i fatti” , dicono loro, ”le concretezze”, il “fare cose”, insomma creare illusionismo, giochi di prestigio, galvanizzazioni per le menti.

In realtà che ci vuole a creare specchi per le allodole, basta scopare le strade, asfaltare le carreggiate, dare “picciulame” alle scioccherie carnascialesche, accendere luminarie e sovvenzionare bombardamenti per le feste padronali, o durante i periodi di magra, architettare qualche sagra con “la sasizza” o “i masculini arrustuti”.

È facile, dunque, con un minimo impegno e fatica e con poca intelligenza e senso critico fare il politicante di mestiere; non serve alcuna formazione, non necessita redigere alcun curriculum vitae, non bisogna sottoporsi ad alcuna valutazione sulle proprie capacità, sulla propria storia personale, sui propri comportamenti sociali, su quale casacca politica o ideologica ha indossato.

Insomma, per fare il politicante non serve “‘na beata min..ia”, solo un minimo di parlantina da banditore di pentolame o ciarlatano ed una essenziale abilità nel saper copiare ed incollare; e poi è assolutamente indispensabile avere cura del proprio modo di presentarsi atteggiandosi in modo altezzoso ed arrogante, e magari indossare raffinati abiti e nascondersi gli occhi con imperscrutabili occhiali da sole.

Ed un ultima osservazione, forse la più importante: il “magnaccia della politica” sta sempre dalla parte vincente, accanto al potente di turno, senza porsi minimamente il problema di chi è , del che fa e perché lo fa, l’importante è servirlo, lo stallone vincente, con scrupoloso servilismo e spirito di abnegazione.

Eh si, aveva proprio ragione quel “metafisico rincoglionito” quando in una sua canzone recitava con sapiente lucidità: “povera patria, scacciata dagli abusi del potere da gente infame che non sa che cos’è il pudore, si credono potenti e gli va bene”.

Per non restare nel vago con questa concisa disamina sul politicante di mestiere, ci preme aprire il sipario sulla nostra realtà locale che da sempre rappresenta la proiezione sintetica di ciò che avviene a livello cosmico e nazionale. Noi qui in questo “paesello submetropolitano” di cinquantamila anime siamo rappresentati a livello regionale e nazionale da una piccola donna e da un piccolo buon uomo, che poverini si trovano lì per caso schiacciati dagli abusi del potere.

Pasquale Musarra

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