La Festa Grande, ovvero da qui all'Eternità

S. Antonio Abate“Vado a prepararvi una festa grande”, è il commiato di Gesù ai suoi discepoli, durante l’Ultima Cena. Ma qual è il significato di quell’espressione? Cosa voleva dire veramente Gesù? E che cos’è una festa grande? E’ un tempo di euforia e di distrazione? Uno spazio di divagazione e d’illusione? Un momento d’allegria piena e di sovversione del quotidiano? O è altro, o è oltre! Per ogni uomo, di qualunque tempo, di qualsiasi credo religioso.

C’è da dire che, in ogni epoca, “fare festa” è necessario, innanzitutto per rinvigorire il corpo e l’anima, per rinsaldare i vincoli di comunione e di appartenenza tra se e la propria comunità, per rafforzare un legame imprescindibile, per dare un senso alla vita di ogni uomo e di ogni comunità. Per consolidare i ricordi e la memoria di un popolo, per confermare le radici comuni e per guardare con occhi nuovi il futuro. Ecco che i riti, le celebrazioni, le cerimonie, le tradizioni, il folclore, le usanze, acquistano un significato pieno, solamente se condivisi tra tutti i componenti della società, e, soprattutto, se sono “vivificati” da un profondo valore di sacralità e di credenza vera, autentica, vissuta. Ma cos’è dunque la Festa Grande? E’ un luogo privilegiato, fisico e spirituale, immanente e trascendente, umano e divino, religioso e civile, di accettazione e di rifiuto, totalizzante, assoluto, radicale. Accettare, non come un dogma, ma con la fede sostenuta dalla ragione, con la forza della convinzione e della partecipazione, con spirito di sacrificio e di audacia, con la certezza del credere e dell’agire, col soffio della virtù e dei valori. Rifiuto, diceva Pasolini, “il rifiuto è sempre un gesto essenziale. I santi, gli eremiti, ma anche gli intellettuali. I pochi che hanno fatto la storia sono quelli che hanno detto no, mica i cortigiani e gli assistenti dei cardinali.

Il rifiuto per funzionare deve essere grande, non piccolo, totale, non su questo o quel punto, “assurdo”, non di buon senso”. Questa è la Festa Grande. Un luogo “mistico, magico e miracoloso”, quasi commovente, di intimità e di condivisone. Si, intimità e condivisone. Come due amanti, che nel loro nido si ritrovano al contempo in solitudine e insieme, soli e uniti, anima e corpo, liberi e legati. Dove “regna” l’amore. Dove l’unico “cemento” è l’amore, vero, sincero, reciproco, gratuito e totalizzante.

Ecco, così è la Festa Grande! Intimità e condivisione, solitudine e partecipazione, possedere in comune, approvare unitamente. I cittadini e l’intera comunità, nei momenti e nei riti della festa, si ritrovano in solitudine e insieme, soli e uniti, un intero popolo “fuso” dalla fede e dall’amore coinvolgente del Santo e della città, e al tempo stesso quasi eremiti, ma fedeli, integri, radicali. Non è facile da spiegare, non è facile da capire. E a voler scendere ancora in profondità, così, sicuramente, saremo in Paradiso, profondamente soli e profondamente uniti dall’energia dell’amore dell’Eterno. Ma già Lui ce l’aveva detto. La festa grande è pregustare, assaporare, il luogo eterno del Paradiso. “Vado a prepararvi una festa grande”. Ed ecco allora che “tutto” ha un senso, tutto prende vita sutta ‘a vara ‘i Sant’Antoni, ‘a ‘cchianata di Santa Nicola, ‘a calata di San Giuseppi, l’entusiasmo di Sant’Angela Merici, il giro e l’ingresso dei cerei in Piazza e ai Quattro Canti, la svelata del simulacro del Santo Patrono, le luminarie, i fuochi d’artificio, le emozioni delle cantate, le discussioni, le amarezze, le fatiche e le preghiere. Il legno, la cera, e la luce. Tutto per Sant’Antonio Abate e per la città. Da Misterbianco al Paradiso, da qui all’Eternità.

Angelo Battiato

tags: