Ato Rifiuti «liquidati» ma ogni giorno costano 400mila euro di debiti

Simeto Ambiente In pratica è così: ogni volta che sorge il sole gli Ato Rifiuti siciliani "producono" circa 400mila euro di debiti. Una voragine di circa un miliardo dal 2004 al 2010, così come certificato dalla Corte dei Conti, creata in «un tessuto di diffuse irregolarità e connivenze di interessi». E dire che non dovrebbero nemmeno più esistere le 27 Spa a capitale interamente pubblico istituite dieci anni fa per la cosiddetta "gestione integrata" del ciclo dei rifiuti negli Ambiti territoriali ottimali: tutte le società sono in liquidazione, in attesa di trasformarsi in 10 Srr (Società di regolamentazione del servizio raccolta).

Simeto AmbienteUna progressiva corsa nel baratro, alla media di 100 milioni l'anno dal 2007 al 2010, che i magistrati contabili della Sezione di controllo per la Regione siciliana, presieduta da Rita Arrigoni, hanno inquadrato con un giudizio tranchant: «Gravi sofferenze finanziarie e gestionali». E con precise coordinate: «Lievitazione dei costi di funzionamento delle 27 società d'ambito; elevata esposizione debitoria delle dette 27 società che complessivamente ascende a quasi 900 milioni di euro; incapacità delle società d'ambito a riscuotere tanto i crediti vantati nei confronti dei Comuni-soci, quanto i crediti nei confronti dei singoli cittadini utenti del servizio in base ad una Tia illegittimamente determinata; modestissima percentuale di raccolta differenziata; commistione fra regolazione e gestione del servizio in seno ad alcune società d'ambito; previsione di piani tariffari e capitolati di gara rapportati a determinati standard di servizi e prestazioni non osservati in sede esecutiva». Sotto accusa la scelta di non esternalizzare servizi facendo lievitare il costo per il personale che pesa per circa il 40% sulla spesa. Con una responsabilità piuttosto diffusa: «Resta particolarmente elevato il personale con esclusive mansioni amministrative». Significativo anche il costo degli amministratori e collegi sindacali, con una rispettiva media di 100mila e 40mila euro per Ato e punte che nel 2009 arrivavano a 287mila euro (Ato Ag1) e a 184mila euro (Ato Me4).

Insomma, una bocciatura senz'appello. Appena mitigata dall'apprezzamento per «l'iniziativa del governo regionale volta a un deciso superamento delle riscontrate illegalità tramite una riforma del settore». Ma la riforma delle Srr rimane ancora soltanto una bella legge sulla carta. Intanto a Palermo si pensa anche di migliorare la dotazione infrastrutturale da consegnare in dote alle future Srr: con 60 milioni di euro saranno finanziati alcuni impianti per potenziare la raccolta differenziata, con «gare che saranno espletate entro l'estate» come assicurato dal dirigente regionale del dipartimento Acqua e rifiuti, Enzo Emanuele. Anche se la Regione non brilla per capacità di spesa di risorse comunitarie: su una dotazione di oltre un miliardo (negli interventi ambientali non soltanto per la gestione dei rifiuti) la spesa certificata è pari a 135 milioni, poco più del 12%, secondo un dato pubblicato dal QdS. Anche se lo stesso Emanuele ha certificato nelle scorse settimane che «delle risorse comunitarie del programma 2007/13 quelle per i rifiuti ammontano a circa 250 milioni e sono state impegnate il 75 per cento delle somme, mentre è stato speso il 20-25 per cento».

Ma intanto l'orizzonte degli Ato è sempre più cupo, perché «lo stato di insolvenza riscontrato per quasi tutte le società d'ambito che specialmente emerge dai relativi stati previsionali ove, a fronte di passività reali per servizi fatturati dai gestori, risultano all'attivo crediti verso i Comuni e verso utenti sostanzialmente inesigibili». Questi soldi potrebbero essere virtuali, in quanto la delibera di istituzione della tariffa - come rileva la Corte dei Conti - in molti casi è stata istituita con delibera degli Ato e non dei Consigli comunali. «Dal 2005 al 2009 le società d'ambito hanno fatturato una Tia che a causa dell'incompetenza a deliberarla si è risolta in un credito inesigibile o comunque privo di fondata legittimità. In forse anche i presunti crediti «infondati» sui costi di una raccolta differenziata mai effettuata e sull'uso di termovalorizzatori di fatto non attivati.

E adesso tocca ripianare i debiti. La Regione a fine 2011 ha sborsato 150 milioni per tamponare decine di aziende inferocite. Ma l'obiettivo è quello di chiudere la partita con un piano decennale di rientro del debito. Bussando alla porta delle banche: dopo due bandi (a giugno e a settembre dello scorso anno) per la cosiddetta "procedura aperta", da mesi sono in corso trattative con la "procedura ristretta". Ovvero: un accordo bilaterale con un istituto di credito (s'è parlato di Unicredit) con cui negoziare un piano di rientro la cui garanzia verrebbe fornita dalla Regione. Un sentiero ancor più stretto dopo il declassamento del rating della Regione (Standard&Poor's l'ha ribassato da A+ ad A) che ne riduce l'affidabilità bancaria. Il problema, semmai, è un altro: si potrà trovare, anche a caro prezzo, una banca disposta ad accollarsi i debiti degli Ato rifiuti. Ma cosa succederà quando si scoprirà che molte delle bollette della Tia non dovranno essere pagate dai cittadini e soprattutto quando i Comuni siciliani (spesso politicamente "coperti" dagli stessi amministratori degli Ato) dovranno saldare i loro debiti? Fra Tia e quote dei Comuni, i crediti complessivi degli Ato, a fine 2009, ammontano a 770 milioni. Un altro buco nero che qualcuno dovrà pur coprire. Se non si vuole correre il rischio di un default a catena di tutti gli enti locali siciliani. Che alla fine sarà a carico dei cittadini.

Mario Barresi
La Sicilia
26/03/2012

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