Ottant'anni fa, lo sbarco in Sicilia (1943-2023). Quando il mondo passò da Misterbianco

Misterbianco - da angolo via Matteotti/Garibaldi verso quattro cantiOttant'anni fa lo sbarco in Sicilia delle forze anglo-americane. Il 9 e il 10 luglio 1943, con lo sbarco delle forze anglo-americane in Sicilia (nome in codice Operazione Husky) nel tratto di spiaggia compresa tra Gela e Licata, iniziava, dalla nostra isola, la liberazione dell’intera Europa dal nazifascismo, e l’inizio della fine della Seconda Guerra Mondiale. Ma non vogliamo raccontare la “Grande Storia”, scritta dagli storici, riportata nei libri, negli archivi, nei documentari, a noi basta rievocare la “storia patria”, fatta di uomini e di donne, di aneddoti e di curiosità, di sofferenze e di sbagli, di speranze e di rivincite, e di ricordi.

E così, dopo la cruenta battaglia di Primosole, ingaggiata tra le forze dell’Asse e gli Alleati, con lo sfondamento della linea tedesca, i soldati inglesi dell’Ottava Armata, comandati dal generale Montgomery, lo stesso che aveva combattuto la battaglia d’Africa ed aveva sconfitto la mitica “volpe del deserto”, il feldmaresciallo Erwin Rommel, preceduti dalle cornamuse scozzesi, e sostenuti da mezzi pesanti, carri armati, carri e camionette, oltreché da pesanti incursioni aeree, dopo aver stazionato per alcuni giorni nella zone dei Sieli, in attesa di notizie rassicuranti sulla possibilità di entrare in paese senza colpo ferite, comunicategli poi da alcuni concittadini, il 6 agosto del ‘43, penetrando dalla zona sud dell’abitato, dalle attuali vie Matteotti e Roma, fecero il loro “trionfale ingresso” a Misterbianco. Si racconta che nei giorni precedenti, i soldati tedeschi, senza sparare un solo colpo, dopo aver fatto brillare il loro intero e ingente deposito di munizione, per non farlo cadere nelle mani nemiche, tra gli ulivi di Bovara, Munnianu e Cubba, per un’intera notte, “trasformandola in giorno” (raccontava mia mamma, che proprio in quella notte dormiva in un sonno profondo, e rimproverò sempre sua mamma di non averla svegliata in tempo per vedere quello spettacolo, unico e irripetibile).

Ma se dal punto di vista tattico l’intero sbarco alleato aveva avuto un esito deludente per i “liberatori”, che non riuscirono a impedire la ritirata delle truppe italo-tedesche verso l’Italia continentale, da un punto di vista strategico-politico, invece, la campagna fu molto positiva, l’invasione della Sicilia fu decisiva per gli equilibri politici della nazione: favorì la destituzione di Benito Mussolini, la caduta del fascismo e il successivo armistizio di Cassibile, con cui le forze armate italiane cessarono le ostilità contro gli anglo-statunitensi. Ma torniamo a Misterbianco. Prima dello sbarco, le forze armate del Terzo Reich, di stanza in paese, avevano scelto e utilizzato il palazzo Ducale, requisito alla famiglia dei Duchi Trigona, ubicato tra il Piano Duca (attuale piazza Dante) e il Piano delle Acque Nuove (piazza Mazzini), come sede del loro “quartier generale”. Si narra che i soldati della Wehrmacht, perquisendo le case dei misterbianchesi, avevano confiscato molta mobilia, tavoli, tavolini, sedie, armadi per arredare gli uffici del Comando.

Poi, la Seconda Guerra Mondiale prese “un’altra piega”, e lo sbarco degli Alleati catapultò la Sicilia e Misterbianco sul fronte di guerra. Ma già i continui cannoneggiamenti “da’ Marina” avevano pesantemente colpito e devastato diversi quartieri del paese. Ricordo che nelle lunghe serate estive, il compianto sindaco Salvatore Gennaro mi raccontava che alcune bombe caddero nella zona del Carmine, “esattamente sul condotto delle acque piovane che attraversava l’odierna via Marconi, provocando la morte di dieci misterbianchesi che vi si erano rifugiati” (come riporta Mimmo Santonocito nel suo libro “Misterbianco Ieri”, a pag. 204). Altre bombe caddero in prossimità del Piano Duca, provocando diversi feriti (un’amica di mia mamma ebbe amputata una gamba), altre ancora nel piano della Chiesa Madre, danneggiando la facciata della chiesa.

Intanto, i tedeschi, a fine luglio, lasciarono precipitosamente e tumultuosamente il loro quartier generale e l’intero paese, al punto che, sparsa la voce, molti misterbianchesi fecero “irruzione” negli uffici dell’ex comando tedesco alla ricerca dei loro beni sequestrati, mobili, arredi, biancheria (raccontava mia mamma, che sembrava come un autentico esodo. Era come assistere alla scena d’un film), una confusione infernale, un andirivieni di gente, donne, uomini, ragazzi, anziani, che impetuosamente cercavano e trasportavano di tutto dall’ingresso secondario del Palazzo Ducale; da lì uscivano mobili, arredi, suppellettili, enormi balle di lenzuola. E, naturalmente, nella gran confusione, qualcuno, come spesso accade in questi casi, ne approfittò, arraffando tutto ciò che gli capitava sottomano (soprattutto i beni degli altri). D’altronde, erano tempi duri, tempi di guerra!

E arriviamo alla mattina del 6 agosto, con l’ingresso de’ ‘Nglisi in paese, che si stanziarono, manco a dirlo, davanti il palazzo Ducale, al Piano Duca. L’intero slargo divenne una “piazza d’armi”, una caserma a cielo aperto, con lo stazionamento di camion, camionette, mezzi militari, mitraglie, fucili, carri armati. Raccontava mia nonna che davanti la banchina di casa sua stavano stesi ad asciugare enormi e resistentissimi teloni grigioverdi (da paracadutista, forse). E i soldati inglesi, per ingraziare le simpatie dei paesani – come sovente vediamo negli odierni teatri di guerra – iniziarono a distribuire alla gente abbondanti razioni di biscotti “galletti”, cioccolata e sigarette ‘miricane, con un pizzico di serenità, per l’approssimarsi, almeno in Sicilia, della fine del conflitto. E la sera, quando si ritiravano nelle loro tende al Piano Duca, i soldati ‘nglisi salutavano il nonno e la nonna: “Buona sera pà, buona sera mà!”. Ma molti sono gli aneddoti da ricordare. Il compianto Mimmo Santonocito mi raccontava che la mattina dell’ingresso delle truppe alleate, lui in fasce nelle braccia paterne, davanti l’uscio di casa propria (abitava in via Matteotti), “a causa del suo visino paffuto e simpatico” veniva preso in braccio dai soldati che se lo passavano di mano in mano, e percorreva “dai Quattro Canti alla Biviratura”, andava e ritorno, in un battibaleno! O il triste episodio avvenuto nel quartiere Manganelli, allorquando un anziano contadino affacciatosi sull’uscio di casa propria con una bacinella d’acqua da offrire ai soldati, ma che, non comprendendo il suo nobile gesto, equivocando l’azione, lo uccisero ingiustamente e inconsapevolmente. O quando i cingoli d’un carro armato alleato si arrestarono precipitosamente per non calpestare, ingiustamente, la bandiera tricolore, finita (chissà come!) sul selciato dello stradone. “Ma la storia non si ferma davanti a un portone, ma entra dentro le stanze, le brucia, la storia dà torto e dà ragione”. La vera storia la fa la gente, che chiamerà per sempre quei giorni epici e irripetibili: “Liberazione”. Quei giorni, quando le vanghe venivano appese sull’uscio di casa, ad aspettare, e il moschetto e la speranza erano pronti a gridare ancora. Quei giorni gloriosi, quando il mondo passò da Misterbianco...

Angelo Battiato

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