Da Micio Tempio a Martoglio - Quattro passi nella poesia

Pippo Pattavina ha dato vita ad una galleria di personaggi sempre vari, guidando il pubblico in una gradazione di stati d'animo che neanche una commedia classica potrebbe concentrare.

 

MISTERBIANCO ‑ Magie d'Estate, la prestigiosa rassegna organizzata dal Comune sotto la direzione artistica di Giovanni Anfuso, si è aperta nel segno della poesia.
Non poteva essere altrimenti: l'ambientazione naturale nello spiazzo di S. Maria degli Ammalati, miracolosamente superstite all'eruzione del 1669 è da sola un invito alla lirica, a quella accentuazione dei sentimenti che è sigla inconfondibile della cultura etnea.
Così Pippo Pattavina, il cui repertorio spazia da Shakespeare a Molière, ha proposto una lettura affabile e immediata dei grandi poeti siciliani: Buttitta, Guglielmino, Martoglio.
L'incantesimo si è creato subito: appena le parole dal sapore familiare sono risuonate tra le antiche pietre, sono diventate frammenti di vita suscitando memorie nel numeroso pubblico. Come avviene sempre con i versi di Martoglio, gran conoscitore dell'animo dei. propri conterranei, la creazione artistica si è riverberata in riflessi di comicità tra gli astanti: anche l'immancabile telefonino che squilla maleducato nel silenzio generale, sembra uno sketch del copione: l'attore osserva a metà tra l'interdetto e il divertito, mentre l'ineffabile proprietaria del cellulare, tra lo scampanio della suoneria, si muove con f1emma contegnosa tra gli sguardi acidi dell'uditorio. Una scenetta degna della Centona: Martoglio ci avrebbe scritto sopra un sonetto, intitolato «La Matelica». Le liriche del Belpassese (ma anche la surreale graffiante comicità di Buttitta) sono state l'occasione per ritornare sulle pagine più vive della nostra letteratura: l'incontro di due bulletti che si sentono mafiosi, la scena d'amore deluso che non si può più dimenticare, le irresistibili annotazioni della cameriera pettegola ('a criata sparrittera) con le sue maliziose frecciate contro le fisime di nobiltà di una mediocre padrona.
La partita a briscola dei compari, le discussioni pseudo-scientifiche degli sfaccendati, l'impeto eroico dei paladini riportati a dimensioni popolari dall'arguzia del narratore. Pagine classiche per le quali Pippo Pattavina ha creato rapide introduzioni a sottolineare l'occasione e l'intenzione delle composizioni. Ma assieme ai quadretti allegri le intense tragedie del cuore: la storia della morta per amore, con il grido lacerante della madre, quella della fanciulla dispettosa che strazia per sempre l'innamorato respinto, il momento di vibrante commozione nello scoprire la tenerezza sentimentale anche nei vecchi rimasti legati a un sorriso, a una lagrima affettuosa che non si può dimenticare.
A tutto questo l'interprete ha dato vita, in una galleria di personaggi, sempre vari, scavando nei sentimenti, disegnando ritratti che sono capolavori del teatro, guidando il pubblico in una gradazione di stati d'animo che neanche una commedia classica potrebbe concentrare. E tutto unificato dalla parlata: immediata, senza artifici, senza quelle convenzioni recitative che sanno di falso. Tra le memorie del paese antico Pippo Pattavina sottolinea una tradizione di cultura, suscita memorie in chi ha avuto care quelle voci, le insegna, con l'evidenza del gesto a chi non le conosce: anche i forestieri dall'accento padano hanno compreso che cos'è la tradizione siciliana: ben altro che il miscuglio di accenti volgarotti ripetuti sullo schermo.
La serata, lungamente applaudita è stata molto di più di un One Man Show come l'artista lo ha riduttivamente definito: è stato il prologo prezioso della grande cultura nostra a una rassegna che da Shakespeare a Plauto, dagli esordienti ai nomi più affermati trasferisce sulle pendici dell'Etna come sottolineato da Antonio Biuso Assessore alla Cultura di Misterbianco, il cuore della programmazione artistica italiana.

SeSc
La Sicilia 20/08/2001

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