37' Commemorazione eccidio dei tre Carabinieri caduti nell'agguato mafioso al casello di S.Gregorio (CT)

37' Commemorazione eccidioGiovedì 10 novembre sono stati  ricordati i carabinieri morti 37 anni fa in un agguato mafioso presso il casello di San Gregorio. Alle 9.30 è stata deposta una corona d’alloro presso il casello autostradale, per poi riunirsi in preghiera alle 10.00 in Chiesa Madre.

I fatti: 10 Novembre 1979 San Gregorio (CT). Uccisi in un agguato i carabinieri Giovanni Bellissima, 24 anni, Salvatore Bologna, 41 anni, e Domenico Marrara, 50 anni. Erano di scorta ad un boss che doveva essere trasferito al carcere di Bologna.

Capo scorta vice brigadiere Giovanni Bellissima, 24 anni, e gli appuntati Salvatore Bologna, 41 anni, e Domenico Marrara, 50 anni, in servizio al Comando provinciale di Catania.

Il commando mafioso entrò in azione per liberare un detenuto che doveva essere tradotto da Catania a Bologna. In ricordo dei militari, decorati con la medaglia di bronzo al Valor Civile

10 novembre del 1979 casello autostradale di San Gregorio di Catania.-
Il sanguinoso fatto di sangue, uno dei primi momenti dell'escalation mafiosa nella città etnea, risale al 10 novembre del 1979. Quel giorno la città era parata a festa per la visita del Presidente della Repubblica Sandro Pertini. Alle cinque del mattino, dal carcere di piazza Lanza parte una Mercedes bianca con a bordo l'autista Angelo Paolella, il detenuto Angelo Pavone e tre carabinieri di scorta, Giovanni Bellissima, Salvatore Bologna, Domenico Marrara. Destinazione il capoluogo emiliano, dove Pavone deve essere interrogato dal magistrato che indaga sul sequestro a scopo di estorsione dell'industriale ferrarese, Lino Fava; il giovane «faccia d'angelo, soprannominato così per i lineamenti delicati del volto, nella vicenda è immerso fino al collo: i carabinieri lo hanno catturato mentre a Napoli riscuoteva i 650 milioni pagati dalla famiglia Fava per la liberazione dell'industriale rapito. L'uso di un'auto e di un autista civili, richiesti dal detenuto, è un fatto consueto e previsto dai regolamenti anche per trasporti così delicati.
Ancora deve albeggiare quando la Mercedes, dopo avere attraversato la citta addormentata, giunge al casello dell'autostrada. Mentre l'autista preme il pulsante del distributore automatico dei biglietti, ecco che scatta l'agguato. Una azione perfetta, un tempismo eccezionale. I carabinieri non hanno il
tempo di reagire: muoiono sotto il fuoco incrociato di tre pistole calibro 38 impugnate dai componenti del commando sbucati da dietrouna siepe. L'autista si salva fingendosi morto; Angelo Pavone viene caricato a forza su un'auto che parte a tutto gas verso Catania. L'agguato lascia di stucco la città, non ancora abituata ad azioni criminose così feroci. l presidente Pertini, al suo arrivo a Catania, trova i tre carabinieri distesi sui tavoli di marmo di un obitorio. Ma non è ancora finita: dopo undici giorni, in una discarica 'di immondizia, alla periferia della città, viene trovato il corpo senza vita di Angelo Pavone: prima selvaggiamente torturato, poi «incaprettato», cioè costretto ad autostrangolarsi con una cordicina legata contemporaneamente al collo, alle mani, alle caviglie.

Pasqualino Longo

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