Sulle certezze

Avremmo meritato di più, più soldi, più cultura, più dignità, più servizi, più cambiamenti, più stravolgimenti politici e sociali, ed invece eccoci ancora qui a lagnarci e borbottare. Ancora una volta sconfitti da quei “mulini a vento” che non riusciamo a sconfiggere.

E stavolta la colpa è anche nostra, che ci siamo illusi da creduloni, sulla bontà delle parole, degli slogan, dei progetti di cambiamento, dei giovani “paladini di Francia” che andavano all’assalto della Bastiglia.

Il tutto si è rivelato nei fatti e nelle azioni politiche una grandissima presa per i fondelli, una truffa studiata a tavolino, un volgare inganno.

Che stronzata!!!

Peccato, si era in tanti, tanta bella gente, curiosa, entusiasta, altruista, insomma tante belle facce. Pronti a darsi e fare, a capire ed agire, ad intraprendere strade nuove per una vera politica di cambiamento, di rinnovamento, di stravolgimento di un modus rassegnato e disilluso.

Si era perfino eletto un parlamento, un luogo di scambio e di confronto, di condivisione di progetti che trovavano la loro forza nella certezza che era possibile cambiare.

Certezze generate da un pensiero produttivo efficiente e creativo che scandagliava minuziosamente tutti i reticoli e gli intrecci della politica affaristica ed opportunista.

Che aveva la forza e soprattutto il coraggio, di dire adesso basta, finiamola con la politica ingannevole e clientelare, con i drammi sociali delle appropriazioni personali di beni e risorse che appartengono a tutti, delle devastanti politiche che distruggono dignità, culture, ambiente, rispetto, umanità, giustizia sociale.

Una voce unica, un unisono gioioso e ludico, che aveva oltrepassato le soglie delle speranze e delle illusioni, per disegnare certezze, per illuminare i futuri delle generazioni che verranno, per elevare ponti di connessioni tra la gente, per modellare con la prepotenza dell’entusiasmo un avvenire di libertà, di uguaglianza e di rispetto.

Avevamo anche un parlamento, dicevamo, fatto di pietre e di scalinate, di “pisola”, una piazza pubblica, aperta, soleggiata e stellata, un luogo di esplosione di energie vitali che avevano creato un plebiscito di affetti, di consensi, di partecipazione, di bellezze sociali e culturali.

Peccato!!!

Era un sogno ad occhi aperti, si percepiva il peso del “Potere Popolare” nelle mani, di poter scardinare tutti i chiavistelli dei palazzi dei governi padronali, di poterci liberare dalla schiavitù dei mercati finanziari e delle monete contraffatte, di avere accesso e diritto a servizi efficienti e di qualità, di vivere in ambienti salubri, di bere e respirare senza vincoli e tributi, di essere curati e trattati con rispetto, umanità e competenze adeguate.

Purtroppo nelle fasi dell’entusiasmo si allentano i freni dell’analisi e del discernimento, si sottovaluta l’inganno e il travestimento e non si riconosce, immediatamente, la maschera dell’opportunismo e del proprio vantaggio personale, senza averne meriti e competenze, per potersi assicurare un “posticino” all’ombra del Palazzo.

Poverini, che pena vederli galleggiare nella melma della mala politica, chiedendo disperatamente aiuto ed approdi sicuri un giorno ai pescecani ed un altro alle sardine, en-Tramb destinati ad essere prelibatezze culinarie (fish and chips e beccafico) nella friggitoria del transatlantico.

Dopo queste righe, sia chiaro, non trapeli nessun pentimento nè alcun viaggio verso Canossa, anzi, riteniamo che sia urgente ripartire da quelle pietre lisce e lustrate, dalla forza antagonista della gente, che chiede di riavere ciò che gli appartiene, nient’altro, solo il governo delle loro città, la gestione del proprio territorio, il tempo della propria vita, il diritto alla felicità.

È devastante tessere accordi di governo, strategie politiche con gli “acchiappapoltrone”, i cialtroni e gli incompetenti della malapolitica, i professori “supercompetenti” allevati nei conventi del malaffare.

Servono gente sana, pulita con comprovate esperienze di lavoro ed impegno sociale, uomini creativi e ricchi di fantasia che sappiano disegnare il futuro, che si assumono le responsabilità delle proprie azioni e che sappiano dimostrare negli atti e nelle azioni di sapere, di conoscere, di ascoltare i bisogni e le necessità della gente, dei bambini, dei vecchi, delle donne, delle persone svantaggiate, dei giovani, dei lavoratori.

Servono uomini e donne Giusti, senza giacca e cravatta e fronzoli, modesti, non ambiziosi, non arrivisti, che sanno e non dicono di sapere, che dicono quando fanno e che non promettono ma progettano.

Vogliamo un governo di uomini semplici non di privilegiati, un governo di cittadini e non di predicatori!

Si lo ammettiamo abbiamo guardato, per un pò, solo le stelle dimenticandoci delle meraviglie della luce del sole e della luna.

Tanto dovevasi
Musarra Pasquale

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