Solidarietà a padre Carlo D’Antoni

ANPI Catania

L’ANPI - Associazione Nazionale Partigiani d’Italia – di Catania esprime viva solidarietà a padre Carlo D’Antoni, parroco della chiesa di Bosco Minniti, - Siracusa.

In questo momento triste della sua vita e della sua attività civile. Sbattuto, dalla “forza degli eventi”, come se fosse un mostro, in prima pagina nazionale. Trattato ed additato, anche al “pubblico disprezzo” , con parole avvelenate trasudanti derisioni. Come un inno che conclama una verità di colpevolezza, certa ed inossidabile.

Eppure, da sempre - coadiuvato da un gruppo di persone -, mentre tutti gli altri volgevano lo sguardo altrove senza civile ed etica vergogna, ha prestato aiuto. Attivo e concreto. Con abnegazione e senza orari "ufficio". In tanti hanno trovato tetto e cibo nella sua chiesa. Agli ultimi degli ultimi. I migranti.

Quelli che, in questa nostra terra italiana, retta nominalmente dai valori e dalle norme costruite dai partigiani della Lotta di Liberazione e dai padri costituenti imperniate su pace, solidarietà ed accoglienza, sono ora braccati, sfruttati, perseguitati, estromessi dal civico consesso, incarcerati, espulsi e rimandati indietro nell’inferno dei vivi di provenienza.

Eppure sono essere umani. Uomini, donne, bambini. In carne, ossa, sentimenti, passione civile e tanta voglia di esserci.

Scappati da guerre, torture, fame e disperazione.

Giusto per cercare di dare risposta al principio fondamentale di esistenza che caratterizza ogni essere umano: vivere.

Per Loro, rifugiati di fatto tutti, cercatori di speranza al loro destino, è complicatissimo, impossibile, tirare avanti senza il famoso permesso. Quello che deve soddisfare le bramosie delle famose e famigerate quote centellinate, che si perde irrimediabilmente dopo sei mesi in caso di licenziamento. Con l’aggiunta dello stillicidio discriminatorio inoculato dal grande “pacchetto” di norme generali o locali in atto in questo nostro paese ancor detto democratico.

Per le leggi ora vigenti, i senza permesso sono una categoria rea a priori, pur non avendo commesso danno a persone o cose. Anche gli altri, i cosiddetti regolari, i Rom, sono da alcuni anni sottoposti, vittime, di una violenta campagna razzista, sapientemente e scientificamente costruita, e massicciamente divulgata.

E, poi, uomini e donne, sfruttati, come bestie immonde, nelle attività lavorative ormai abbandonate dai “nostri”.

Come schiavi, senza dignità e diritti.

Cercare di vivere così è impresa molto ardua, quasi impossibile. Si nascondono nei “sottofondi”, come topi, per non essere acchiappati. Loro, i migranti, che alzano un grande grido di dolore, ovviamente, si appigliano a qualsiasi cosa, pur di tentare di uscire dalla grinfie che vogliono calpestare la loro umana esistenza.

Sembra quasi il 38 o il 23, del secolo scorso, quando i cittadini di altra religione ( ebrei), le persone considerate differenti nei loro comportamenti sessuali, gli antifascisti, amanti di libertà, giustizia e democrazia, vennero schiacciati, perseguitati, condannati, incarcerarti e, poi, consegnati ai Lager, in virtù di apposite norme che li condannava a priori, sol perché erano considerati diversi, dato l’appartenenza a queste “categorie” umane stilate dai legiferanti.

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