Scongiurare nel 2012 il ripetersi di quel finale inatteso delle comunali 2002

elezioni comunali 2012
Si avvicina la scadenza del mandato Sindacale di Ninella Caruso, ed appare opportuno dibattere sulle probabili candidature alla guida del Comune, ma sino ad oggi il primo annuncio ufficiale è stato dato dal PD, il quale indica due primi nominativi in Massimo La Piana e Nino Di Guardo alle primarie che saranno indette questo autunno dalla locale Sezione di partito.

L’annuncio, però, è subito smentito da Nino Di Guardo, il quale dal sito di Misterbianco.Com respinge la partecipazione alle primarie del suo partito, arrogandosi il diritto di auto-ricandidarsi per un atto d’amore verso il suo paese e verso i suoi concittadini che lo sostengono.
Del resto, non è la prima volta. Lo fece già alla sua prima candidatura a Sindaco del 1993.
“OGNI UOMO HA LA SUA STORIA” afferma ora Nino Di Guardo nelle sue dichiarazioni.

Mi sento, dunque, stimolato a replicare alle sue affermazioni, perché lontani dalle circostanze che videro nel 1979 l’adesione del Di Guardo al PCI, quelle storie potrebbero apparire incomprensibili o, ancora peggio, essere fraintese da chi non ha una testimonianza diretta di quel periodo o da chi l’avesse vissuto distrattamente.
Ed allora cercherò di sintetizzarne il percorso se avrete la pazienza di seguirne la lettura.
Nel 1975 l’avanzata comunista in Italia aveva fatto guardare al PCI come l’unico possibile strumento della svolta dopo tanti anni di dominio e di malgoverno nazionale democristiano appoggiato dal PSI, il partito di cui Di Guardo a Misterbianco ne rappresentava allora la bandiera.
Nel 1977 il PCI attuava l’appoggio esterno al governo monocolore DC e nel 1978 si accingeva ad entrare nella maggioranza politica del terzo governo Andreotti.
Questa formula non dava risposta agli interrogativi del Paese né alle domande dei nuovi movimenti nati dal ’68, e annebbiava i grandi obiettivi di cambiamento della società italiana. Invece, quella che era stata la politica della vecchia DC, ora produceva gli effetti dirompenti del trasformismo anche all’interno del PCI dove a parecchi già iniziava a piacere di assomigliare ai personaggi democristiani, giocando su accordi d’azzardo per la vocazione di potere e divenendo l’esatto prodotto della decomposizione politica in atto.
Fu il periodo nel quale molti dirigenti e militanti (tra i quali anch’io) presero le distanze dal revisionismo del PCI o si allontanarono per collocarsi in nascenti formazioni più autenticamente comuniste.
Ma è soprattutto il periodo conveniente per il trapasso del Di Guardo dal PSI al PCI.
E i risultati apparvero subito chiari anche a Misterbianco, perché nel Palazzo Comunale negli anni ’80 si parlava già “in gergo democristiano”, Di Guardo aderiva e si riciclava nel PCI con lo stesso linguaggio della DC e ne recitava lo stesso copione: insomma si aveva la stessa impostazione mentale sotto la diversità dei simboli.
Qualcuno dirà che era mutata la politica. Rispondo che è mutata perché sono state uccise le ideologie dei partiti e, dinanzi al dilagare di questo assassinio collettivo ed al disorientamento ideale, hanno trovato prosperità le transumanze d’opportunismo, gli arrivisti e le strizzatine d’occhio, cavalcando sul disimpegno politico della gente, che è diventata facile preda della demagogia populista a cui si è docilmente adeguata con l’involuzione progressiva della partecipazione.
Intanto all’amministrazione del nostro Comune si alternavano Giunte di variegata estrazione politica e nella sezione PCI si avvicendavano le segreterie politiche scaturite dai congressi, sino all’adesione di Di Guardo che, proveniente dal PSI e da esperienze di alleanze di governo locale prima col PCI e poi con la DC, avrebbe assunto in seguito un ruolo di dirigenza nel PCI, divenuto nel frattempo PDS.
Ma non si pensi che quella situazione fosse soltanto un fatto sporadico o provinciale dell’ambito localistico a noi più contiguo.
Era piuttosto la conseguenza naturale ed il riflesso di quello che già avveniva nel complesso nazionale.

Fatta questa premessa per caratterizzare un decennio di storia degli anni ‘80, vengo al controverso esito delle elezioni amministrative 2002 a Misterbianco.
Gli episodi più significativi risalgono invece al decennio degli anni ’90, e precisamente cominciano dopo l’assassinio del segretario della locale sezione DC Paolo Arena (1991) e durante il successivo commissariamento del Comune per infiltrazione mafiosa, allorquando nel dicembre ’92 io volli indirizzare una nota polemica al quotidiano “La Sicilia” del 12/12/1992 (che mi dedicò mezza pagina di giornale), nella quale esprimevo il sospetto di un tentativo di ritorno di quella “razza padrona” spodestata per collusione mafiosa e sollecitavo un dibattito sociale nel paese, che, isolando i rovinosi fantasmi del disciolto consiglio, preparasse il nuovo quadro dirigente per recuperare il clima della democrazia, della partecipazione e della trasparenza.
L’anno appresso, infatti, si sarebbero dovute svolgere le elezioni amministrative per l’elezione del Sindaco e del Consiglio comunale.
Supponevo che il gruppo dirigente pro tempore della sezione locale del PCI, divenuto PDS, dovesse continuare a conservare quella responsabilità morale di costruire nel territorio un tessuto politico vitale per la democrazia e, di conseguenza, trasformare l’organismo comunale in uno strumento di iniziative e di lotta che non limitasse il suo potere alla semplice erogazione di servizi di ordinaria amministrazione.
In tale strategia le campagne elettorali avrebbero dovuto rappresentare l’occasione per dibattere i temi reali del paese, di cui il cittadino doveva sentirsi soggetto partecipante e non semplicemente un delegante amministrato.
Su questo aspetto, dunque, ritenevo assurda l’adattabilità della locale sezione PDS, che, dopo un lungo immobilismo politico ed in posizione di passività, limitava invece il suo ruolo soltanto nella ricerca del consenso elettorale al dirigente di turno Di Guardo.
Fu questa incauta operazione che degenerò “politicamente” ogni possibilità di riorganizzare e dirigere gli aneliti della sinistra a Misterbianco, caduta in un inconscio annullamento ed incapace di attrezzare nuovi soggetti politici emergenti.

Allora, da “solitario” uomo comunista al di fuori dei partiti e senza alcuna vocazione elettiva, mi sono sentito obbligato a dare una mia personale “valutazione politica”, prima in occasione delle elezioni comunali di Misterbianco del 1993 e poi ancora alle successive comunali del 1997, rilevando qualcosa che stava mutando non tanto alla direzione del Comune quanto nel quadro dirigente del PDS (diventerà DS l’anno successivo), il quale si avviava inesorabilmente a diventare con Nino Di Guardo una forza non più di attacco ma una bottega in cui inaridiva la dialettica facendo prevalere ambizioni di potere senza una vera identità politica.
Poi la caparbietà e la magnificazione del suo potere municipale ha fatto trascurare tutto questo a Misterbianco e, soprattutto nelle frazioni, sottovalutando ogni messaggio politico ed ogni apporto dialettico che qualcuno, con senso di responsabilità e di lealtà, osava suggerire al protagonismo del nuovo “ceto” politico locale.
Infatti, piuttosto che puntare sul protagonismo personale dell’uomo, consideravo più proficuo ed incisivo per il tessuto sociale che le capacità dell’uomo Di Guardo puntassero a prediligere l’azione politica sul confronto tra due linee, tra due concezioni politiche, quella della destra e quella della sinistra, perché sono ancora convinto che nessun problema della realtà nazionale, da quelli dello Stato a quelli della vita quotidiana di un Comune, può essere superato senza un dibattito culturale che, partendo dalla politica dell’autogoverno locale, investa progressivamente la Regione e lo Stato per trasformarsi in positivo.
Ed invece i discorsi del dibattito politico, imperniati soltanto ad un pungente sarcasmo tra contendenti e conformati poi nel confronto elettorale ad un irridente teatrino di pupi per procacciarsi l’attenzione spassosa della piazza, non mi trovavano d’accordo, non facevano onore alla cultura della sinistra, soprattutto non aiutavano la crescita dei giovani all’autogoverno locale, ma erano la sindrome di quella anemìa politica che avevo presagito e che avrebbe determinato, alla fine, la sconfitta elettorale del 2002.
Di Guardo, dunque, continuare a sostenere nel suo libro “Sindaco per passione” altre argomentazioni futili come determinanti della sconfitta significa perseverare in quella miopìa politica e depistare la capacità della giusta diagnosi.
Certamente la congiura di ambienti esterni, coadiuvati dal voltagabbana di alcuni noti personaggi locali, ora in altri movimenti ricolorati e gallonati per l’occasione, ha fatto anche la sua parte.
Però il male segreto della disfatta, oltre che dal trasformismo di alcuni e dalle varie liste DS raffazzonate senza una adesione etica, deriva soprattutto dall’incapacità della sinistra misterbianchese ad elaborare anzitempo, in previsione delle elezioni, un manifesto politico e culturale incisivo, di cui ho voluto già precisare il senso ed i contenuti principali, senza il quale non solo si è resa asfittica la ragione stessa della politica ma ha prodotto anche disorientamento sociale, facendo prevalere i razziatori di voti, il reclutamento clientelare ed il patteggiamento in un paese obbligato a crescere senza società, nella quale ha potuto trarre facile alimento la brigata delle subdole alleanze che hanno sostenuto l’attuale sindaco Ninella Caruso. Questi sono i fatti.
Ho esposto quel che fu il mio dissenso di allora, cioè un dissenso che fu e rimane soltanto l’allarme di “miopìa politica” lanciato a quel dirigente “politico” Di Guardo, non certamente un anatèma contro l’umana velleità di chi volesse dedicarsi al ruolo di “Sindaco per passione”.
Ora sono convinto che i molti che allora lo hanno votato sindaco sicuramente anche alle prossime amministrative del 2012 crederanno opportuno ripetere quella loro scelta.
Non ho, infatti, mai negato né certamente negherò al Di Guardo la costanza del suo impegno “amministrativo” nel restituire vivibilità all’agglomerato urbano e alle sue frazioni, al punto che la sua “operosità amministrativa”, raffrontata all’inerzia dell’attuale inquilina del Comune, ha suscitato in me come in moltissimi altri il legittimo dubbio che qualcosa non abbia funzionato alla macchina elettorale del 2002, allorquando non fu confermata la continuità amministrativa a Stefano Santagati, facendo emergere invece un successo inaspettato della sindacatura Caruso.

In verità alla Sinistra fu ingeneroso quel risultato amministrativo del 26 maggio 2002, ma non convincono gli argomenti a cui ricorre Di Guardo nel suo libro per motivarne la sconfitta e ritrovo, dunque, mia alleata la perplessità dichiarata dal prof. Giarrizzo nella postfazione del libro, rafforzando in me la convinzione che quel mio grido d’allarme, non recepito, avesse davvero presagito la realtà di quel che sarebbe accaduto.
“Il consenso elettorale, finita la stagione delle speranze, si degrada al tradizionale clientelismo” afferma il prof. Giarrizzo nella sua postfazione sul libro di Di Guardo
“Nella vita ogni ‘mpidimentu é giuvamentu” e “non sempre i mali vengono per nuocere” conclude Di Guardo nel suo libro-racconto.
A queste verità io aggiungo la mia opinione che molto dipende da quello che nel paese reale si semina:
“SE SI SEMINA VENTO, SI RACCOGLIE VENTO”.
A Misterbianco e soprattutto nelle frazioni non è stata data quell’attenzione politica che potesse coinvolgere le sue popolazioni in una adesione che si traducesse poi principalmente in una scelta di cultura della sinistra e di presa di coscienza per contrapporsi ai falsi obiettivi di lotta, perché quando manca l’educazione politica viene meno la consapevolezza, senza la quale vengono escluse la verità e la ragione, e si resta prigionieri dell’intrigo e del baratto.
E, traendo spunto dalla saggezza di quelle tre espressioni anzidette, vorrei concludere suggerendo a Di Guardo e a tutti noi di volerne prendere giovamento per le nostre “passioni” talvolta intemperanti.
Ritengo di aver esposto il mio pensiero senza alcuna velleità personale e con tutta l’onestà dei miei intendimenti, mirando soltanto a soddisfare il legittimo stupore di chi ha corta memoria per non comprendere il possibile ripetersi di QUEL FINALE INGENEROSO DELLE AMMINISTRATIVE 2002 DI MISTERBIANCO o di quanti restano stupefatti per le recenti dichiarazioni dell’ultimo Di Guardo “lombardiano”, ma soprattutto per esercitare la memoria storica di circostanze omesse dall’autore nella stesura del suo libro, spero per sua mera sbadataggine.
Bisogna ora scongiurare il ripetersi di questo rischio.

Ma la verità è che questa sinistra sembra non essere più la sinistra che vogliamo
Occorre sconfessare, perciò, quelle ambiguità di un sedicente “Sindaco per passione” che ha subìto la vittoria della cultura neo-liberista ed invece di andare controcorrente si lascia trascinare sino a finire nel grembo del potere egemonico, trasformandosi in politicante avventuriero che, barando senza etica e con metodi da fellone, teorizza patti e maggioranze sulla pelle dei cittadini.
Nella Sezione PD di Misterbianco probabilmente sta ora emergendo una generazione giovane che tende ad iniziare una nuova esperienza nel modo serio di governare un Comune e di tentare di recuperare il perduto linguaggio della vera politica, che dovrebbe tradursi nel controllo pubblico dei servizi di interesse collettivo e nella realizzazione del lavoro per i nostri giovani.
Infatti la novità è data dalla candidatura alle primarie del giovane La Piana, consigliere e capogruppo del PD in Consiglio Comunale dove, coerentemente al ruolo che riveste, ha rappresentato in questi anni la voce preminente che più ha incalzato Sindaco e Giunta Comunale, facendo giungere all’opinione pubblica anche la conoscenza di operazioni amministrative, di cui la cittadinanza ha avuto occasione di percepire a cose fatte.

Intanto, voci attendibili di responsabili (per lo più quelli che si riconoscevano in Sinistra Arcobaleno), sono riuniti per elaborare bozze di programma per la formazione di una lista civica ed indicare una candidatura credibile per un modo nuovo di amministrare il Comune o quanto meno per essere rappresentati in consiglio comunale.
Ritengo, però, dannoso e dispersivo per le forze di sinistra concorrere in ordine sparso all’appuntamento elettorale, per cui sarebbe opportuno che nel frattempo venissero rimosse alcune pregiudiziali che frenano la possibilità di una eventuale coalizione di questa Lista Civica col PD nelle primarie d’autunno, siglando un patto teso a restituire la partecipazione e la trasparenza a tutte le genti del territorio di Misterbianco.
Ma per realizzare tale progetto occorre una nuova classe politica giovane che sappia promuovere la crescita sociale ed UTILIZZARE QUELLA MISCELA DI RISORSE UMANE DI CUI E' COSTITUITA LA SOCIETA' CIVILE DI MISTERBIANCO/Centro CON LE FRAZIONI, laddove sta emergendo un cantiere politico che vede nella persona di Seby Finocchiaro un altro giovane intellettuale impegnato a riportare la politica a questione morale.
Attenzionare, dunque, questo patto tra PD (con Massimo La Piana), con risorse di uomini liberi come il nostro concittadino giornalista Alfio Sciacca, con galantuomini della sinistra come Paolo Conti, Mario Iraci ed altri, con la nascente Lista Civica (Seby Finocchiaro, Anna Bonforte, Vito Fichera, etc.), con tutti i volontari della politica che vogliono costruire il nuovo manifesto politico, significherebbe PARTORIRE PER LE PROSSIME ELEZIONI L’UNICA NOVITA’ POSITIVA che coinvolge la cultura di sinistra in una situazione politicamente ed intellettualmente praticabile per una comune impresa che ESCLUDA SIN DALLA FORMAZIONE DELLA GIUNTA I COMPROMESSI E LE CONSORTERIE sulla pelle dei cittadini.
A Misterbianco le personalità ci sono ed il loro impegno è indispensabile. Facciamone di loro la nuova avanguardia politica della società misterbianchese.
Questi sono i soli movimenti seri sinora registrati a Misterbianco .

Ma pullulano anche altri fermenti e iniziative, perché si sa che la campagna elettorale è il periodo in cui si raccolgono voti.
Sembrerebbero i sintomi auspicabili di una crescita politica e di partecipazione alla soluzione dei problemi sociali, se però non si scoprisse subito la loro somiglianza a vere fabbriche del consenso, il più delle volte riciclate in patronati e sigle assistenziali, dove il “leaderismo” può facilmente costruire il proprio baraccone elettorale.
Approfittando del vuoto politico, emergono, infatti, le mezze figure, praticoni dell’opportunismo, uomini per tutte le stagioni e per qualsiasi aggregazione, sicché il “voltagabbanismo” straripa così sotto gli occhi indifferenti dei cittadini.
Si è perso il senso della morale e dell’etica sociale: si va ora a destra, poi a sinistra, ieri progressisti, oggi reazionari, ma mai galantuomini.
Purtroppo di questa moda Misterbianco registra quotidianamente risultati da primato: un Consiglio Comunale dai connotati mutevoli, resi variabili dal gioco dei quattro cantoni, ed una Giunta in continua mutazione genetica di nominati in politica.
Risulta necessario, dunque, far emergere giovani leaders alla guida del Comune e che le nuove generazioni di Misterbianco evitino di restare ai margini della vita politica, unificando i loro intendimenti e le ricchezze della loro dialettica, restituendo la politica alle passioni di tutti i cittadini ed alla dignità degli obiettivi qualificanti per dare impulso ad una nuova stagione di rinata democrazia, in cui ogni cittadino possa credere ed identificarsi.
Non occorrono grandi programmi, occorre soltanto seminare idee per raccogliere idee in un progetto sociale di “volontariato politico” sostenuto da uomini liberi.
E’ questo l’obbligo morale che si richiede a tutti i candidati. Lo esige la cittadinanza di Misterbianco, centro di un imponente commercio e polo d'attrazione di "appetitosi" grossi interessi finanziari dove le contraddizioni sociali e il disordinato rapporto capitale/lavoro si rivelano in tutta la loro ambiguità e costituiscono effetto deprimente per la gioventù misterbianchese.
Se sapranno assolvere a questo compito avranno meritato la stima ed il sostegno dei cittadini onesti.

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