Rifiuti: incendi e appetiti dei Cappello su Misterbianco. Da Pachino la strategia per riuscire a vincere l'appalto

RifiutiNelle carte dell'inchiesta Araba fenice un atto intimidatorio alla Dusty. L'autore racconta di avere fatto una cortesia ai «catanesi». Ma dietro ci sarebbe stato un progetto più ampio. Che si intreccia con un'altra indagine della Direzione investigativa antimafia.

«Aspetta che vedo se c'è l'articolo che mi interessa». È il 6 gennaio del 2015 e Salvatore Bosco ha una necessità impellente: comprare il giornale e fare la sua personale rassegna stampa. Tra le pagine del quotidiano La Sicilia c'è una notizia che non può sfuggirgli. Un mezzo della società dei rifiuti Dusty di Catania andato bruciato mentre era parcheggiato in una rimessa sulla provinciale 19, tra Pachino e Noto, in provincia di Siracusa. Due giorni dopo l'uomo legge un nuovo articolo e con la copia del giornale si reca a Catania. «Leggi», dice al suo interlocutore dopo essere arrivato nel capoluogo etneo. «Tutte cose gli ho bruciato [...] perché mi devo nascondere? A me i fratelli miei lo hanno detto».

Quel servizio fatto ai «catanesi» in realtà avrebbe nascosto un piano più ampio. Ne sono convinti gli investigatori che hanno portato a termine l'operazione Araba fenice sul clan di Salvatore Giuliano a Pachino. Bruciare i mezzi della Dusty per mettere la ditta in difficoltà e tagliarla fuori dalla raccolta dei rifiuti a Misterbianco. Comune che in quel periodo, dopo diverse proroghe al servizio, si apprestava ad assegnare la gara d'appalto settennale da 35 milioni di euro. La mente dell'intimidazione, stando ai documenti dell'inchiesta, sarebbe stato Massimiliano Salvo, presunto boss del clan Cappello arrestato nel 2017 e accusato di danneggiamento aggravato dal metodo mafioso. C'è poi un presunto beneficiario finale, ovvero l'imprenditore Vincenzo Guglielmino, all'epoca dei fatti titolare della società di rifiuti E.F. In questo quadro generale ecco che l'inchiesta della provincia di Siracusa si intreccia, almeno in questo capitolo, con quella della Dia di Catania (Gorgoni) sugli appalti nei rifiuti nel catanese. Tra i Comuni finiti sotto la lente d'ingrandimento in questo filone c'è anche Misterbianco.

Per ripercorrere la vicenda bisogna partire da luglio 2015. Dusty da poche settimane si occupa di raccogliere i rifiuti a Pachino e quattro mezzi vengono dati alle fiamme. Qualche mese dopo tocca a Bosco, intercettato, raccontare chi ci sarebbe stato dietro un nuovo atto intimidatorio. Non il boss di Pachino Salvatore Giugliano, sulla carta competente in quel territorio, ma il presunto padrino etneo Massimiliano Salvo. A sottolineare «la signorìa criminale del clan catanese in provincia di Siracusa», scrivono gli inquirenti. Tutto con un obiettivo preciso: costringere la Dusty a spostare i suoi mezzi dalla provincia di Catania per sopperire ai problemi su Pachino, favorendo così la E.F. su Misterbianco.

Nel Comune etneo per Guglielmino sarebbe entrato in scena anche Orazio Condorelli, dirigente del settore ecologia andato in pensione a fine 2014. L'uomo è stato rinviato a giudizio nell'inchiesta Gorgoni con l'accusa di corruzione. Per gli inquirenti il funzionario pubblico sarebbe stato per anni al soldo del capo della E.F. Stipendi extra, e una casa a Livorno per la figlia, in cambio di aiuti per le proroghe del servizio di raccolta dei rifiuti e per quelli extra capitolato. Pulizie straordinarie in cui sarebbe stata attestata, per esempio, la presenza di un numero di dipendenti maggiori rispetto a quelli che effettivamente prestavano servizio. «La domenica lui segnava tutte le persone. Per 65 persone ne uscivano 8. Io gli davo 20mila euro al mese e poi lui divideva con gli assessori», racconta Guglielmino in un'intercettazione di febbraio 2016 poi finita negli atti dell'inchiesta.

Intanto il 15 dicembre 2015, circa un mese prima dell'intimidazione raccontata nelle intercettazioni da Bosco, il Comune di Misterbianco pubblica il bando di gara per il servizio dei rifiuti. Un appalto da 35milioni di euro per sette anni. A partecipare ci sono diverse aziende note alle cronache giudiziarie. Dalla Senesi di Rodolfo Briganti, anche lui a processo dopo il blitz Gorgoni, passando per la Clean Up e la E.F, entrambe riconducibili alla famiglia Guglielmino, padre e figlio. In mezzo a loro, a presentare l'offerta, è anche la Dusty. Il 10 agosto 2016 iniziano le sedute della commissioni di gara. Tra apertura delle buste e richieste d'integrazioni a spuntarla alla fine, passato un anno, è l'azienda finita nel mirino del clan. C'è però un dato curioso. In una seduta della commissione di gara, quella del 22 novembre 2016, a rappresentare la E.F. è un tale Orazio Condorelli. Non è chiaro però se sia la stessa persona un tempo dirigente all'Ecologia proprio del Comune di Misterbianco.

Dario De Luca
catania.meridionews.it
30/07/2018

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