Micio Tempio: gli sghignazzi della catanesità

Ai Benedettini un incontro organizzato dal Teatro Stabile in collaborazione con la Facoltà di Lettere dell'ateneo catanese sulla figura del poeta de "La carestia". A giugno "Vita, miserie e dissolutezze di Micio Tempio, poeta" di Filippo Arriva, chiude al Cortile Platamone il cartellone del Verga.

La Pensylvania,
due amici - lui e Filippo Arriva – l’idea di un disco di poesie erotiche.
Comincia cosi - ci racconta appassionandosi Tuccio Musumeci - il lungo lavoro
che si sarebbe condensato in “Vita, miserie e dissolutezze di Micio Tempio,
poeta”.
A dodici anni dal primo debutto al Verga
il lavoro di Filippo Arriva esordisce sulle basole del Cortile Platamone
il prossimo dodici giugno (sempre con la regia di Romano Bernardi). Perciò il
Teatro Stabile ha tempestivamente anticipato la rappresentazione promuovendo,
per l’ormai consueto “Spazio Teatro”, un incontro su “Micio Tempio e il
‘700 siciliano” nell’Auditorium del Monastero dei Benedettini.Se il
preside di facoltà Nicola Mineo sottolinea il rapporto “sempre più
interessante con lo Stabile e una crescente attenzione giovanile per il
teatro”, tocca ad Antonio Di Grado delineare la statura di un intellettuale
che è strettamente legato al ‘700, con tutta la sua rete di complessità; di
un Micio Tempio e del suo rapporto con l’Illuminismo, con una cerchia di
intellettuali, da Giovanni Gambino a Francesco Strano, cui da un lato il vescovo
Ventimiglia, dall’altro Ignazio Paternò Castelli principe di Biscari
fornivano risorse e con cui riuscivano a stabilire un legame culturale.
“E poi
la questione della produzione pornografica che, seppur inquinata da apocrifi –
aggiunge Di Grado – è certo strumento di polemica sociale contro la
letteratura cortigiana”. Ma Micio Tempio non è stato solo l’intellettuale
giacobino: in lui cova il lato “oscuro” del ‘700 illuminista, quella sorta
di “rimosso barocco”; con lui inizia quel filone della letteratura della
storia come perenne presente che giungerà fino a Verga a De Roberto a Tomasi di
Lampedusa. Dunque non solo il pornografo piuttosto l’autore di un poema come
“La carestia” opera sulla quale si è soffermata Marzia Finocchiaro. “La
lettura di Tempio è impresa che sconfina quasi nel naufragio. Le sue – ha
aggiunto ancora – sono carte pulsanti, dense, che pretendono attenzione e
dalla quale sale una ironia pungente: la sua è scrittura paradigmatica”. Discretissimo, Romano Bernardi entra nello spettacolo vero e proprio che a tanti
anni di distanza sarà assai diverso per impostazione registica.
Tra i ricordi
“l’abbraccio - non mi è mai più capitato - di uno spettatore alla fine di
quella rappresentazione: aveva riconosciuto in Tempio un fratello”.“Già -
interviene Musumeci - ci fu pure un giovane universitario, Francesco Cannizzaro,
oggi tra i più grossi avvocati di Milano, che scrisse una bellissima poesia. E
penso – quasi sghignazza - che Ciccino Sineri (allora nei panni di Calcara, vecchio
pazzo
n.d.r.) ancora oggi accetterebbe sicuramente di salire sulla scena.
Tempio è la catanesità: non so se altrove la commedia possa essere accolta con
lo stesso calore. E pensare che allo Spedalieri ci davano due giorni di
sospensione se ci trovavano con le sue poesie…

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