L'ultima cattedrale: dalle Città possibili alla città fruibile

cattedrale
Lo scorso 9 luglio è stato finalmente inaugurato il “Laboratorio di città”, l’ultima, la più importante, la più attesa delle opere previste nel progetto “Le città Possibili”, attraverso il quale il Comune di Misterbianco nel 2000 ha partecipato al programma comunitario Urban II, ottenendo 40.000.000 di euro di fondi strutturali per la sua realizzazione.
L’obiettivo originario del progetto era quello di riqualificare le aree urbane in crisi per realizzare una maggiore integrazione tra centro storico e quartieri periferici e in quest’ottica il “Laboratorio di città” doveva fungere da struttura di raccordo con gli altri 3 “laboratori di quartiere” costruiti nelle frazioni di Lineri, Belsito, Serra.

Massimo La Piana
Capogruppo PD

La realizzazione dell’opera ha avuto una storia a dir poco travagliata, la progettazione preliminare è del 2004, quella esecutiva del 2005, la stipula del contratto d’appalto avviene solo un anno dopo, passano poi altri 5 anni per il completamento della struttura. Il resto è cronaca, l’inaugurazione alla presenza dell’arcivescovo e una domanda che dalla sera della cerimonia non ci ha più abbandonato: quale sarà il destino di quest’opera? Sarà solo l’ultima, la più importante, la più attesa delle “cattedrali” (…nel deserto)?

Qualche anno fa diverse inchieste giornalistiche promosse anche da network nazionali si occuparono della vicina Giarre, definendola la “capitale delle incompiute”. Misterbianco rischia adesso di strappare alla cittadina ionica questo triste primato, diventando la “capitale delle opere compiute e abbandonate”.

L’elenco è davvero impressionante: il Laboratorio di quartiere di Serra, ad oggi completamente vuoto ed inutilizzato; il Laboratorio di quartiere di Lineri, occupato solo in minima parte e per pochi giorni alla settimana; lo Stabilimento di Monaco, inaugurato e lasciato chiuso; il museo della civiltà contadina nel quartiere Manganeddi, nei fatti inaccessibile; la Galleria Civica di Piazza Mazzini abbandonata a se stessa e ultimamente vittima di atti di vandalismo; la pista di atletica leggera di via San Rocco Vecchio; numerose piazze e luoghi di incontro all’aperto lasciati all’incuria e al degrado! Alla cerimonia di inaugurazione il sindaco ha espresso la propria volontà di far vivere da subito la struttura della Zona Toscano, trasferendovi la biblioteca comunale. Peccato non abbia specificato che fine faranno, una volta svuotati, i locali dell’ex Ospizio di via Matteotti! Si aggiungeranno all’elenco?

La piena fruizione dell’ingente patrimonio infrastrutturale della nostra città rappresenta una delle sfide più importanti alle quali la politica non può e non deve sottrarsi. Attraverso un utilizzo intelligente, consapevole, condiviso delle strutture pubbliche è possibile costruire una nuova cultura e una nuova identità del territorio, e perseguire un’integrazione reale, fondata cioè su processi partecipativi, tra centro e frazioni. Occorre insomma quello che Alberto Magnaghi chiamava “uno statuto dei luoghi”, da scrivere a più mani, coinvolgendo i principali attori sociali presenti nel territorio: la associazioni culturali, politiche, di volontariato, le categorie produttive, i comitati di quartiere, le istituzioni scolastiche, le parrocchie e naturalmente “ultimi ma non ultimi” gli abitanti.

Un metodo lungo e faticoso, come faticosa è la democrazia, l’unico che possa, dopo il fallimento della destra, trasformare davvero le tante “città possibili” del nostro territorio in una città vera, fruibile, solidale, accogliente, attenta ai bisogni e aperta al contributo di tutti.

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