La nostra mitica fiera di maggio

fiera di maggio C’era una volta…, potrebbe iniziare così, come in una favola, il racconto di una delle tradizioni più antiche e originali della storia di Misterbianco: la Fiera di Maggio. Mostra – mercato e sagra paesana, la fiera rappresentava per i misterbianchesi il riconoscimento della loro onesta laboriosità, l’elogio della loro identità culturale e la celebrazione più genuina della civiltà contadina. Luogo di incontro di mercanti, agricoltori, allevatori, pastori, compratori e venditori, la fiera era anche una festività. La festa della gioventù misterbianchese.

Originariamente Misterbianco aveva due fiere basate sull’agricoltura e la zootecnia. La prima, in onore di San Sebastiano, si svolgeva l’ultima domenica di agosto con sede nella piazza antistante la chiesa di San Giuseppe, nell’antico quartiere “Manganeddi”. La seconda fiera, detta “du latti da Madonna” o “da Madonna du latti”, si teneva il due luglio, in occasione della festa della Madonna delle Grazie, a cui è dedicata la chiesa Madre del paese. Ogni anno, dopo la S. Messa, celebrata davanti l’altare della preziosa statua della Madonna delle Grazie, opera del Gagini, proveniente dall’antico paese e sottratta, dai misterbianchesi, alla tremenda eruzione lavica del 1669, veniva portata in processione una reliquia, sotto un solenne baldacchino, mentre il Poggio Croce, luogo deputato all’esposizione, faceva da vetrina ai prodotti agricoli ed agli animali.

Successivamente, essendo gli inizi di luglio il tempo dei lavori della mietitura del grano, si decise di anticipare la manifestazione alla terza domenica di maggio. L’esposizione si estendeva per tutto il Poggio Croce e le vie adiacenti: ce n’era una chiamata, appunto, “via della Fiera”. Il campo – fiera radunava ogni sorta di animale: bovini, ovini, suini, gallinacei, uccelli, conigli. Tende e coperte stese a terra esponevano: selle, bardature, briglie, cavezze, collari, groppiere, pennacchi, pettorali, striglie, speroni. Questo grande mercato all’aperto, che iniziava la sera di venerdì e durava il sabato e la domenica, celebrava la volontà della Misterbianco dell’ottocento di esaltare la propria vocazione agricola e commerciale. La Fiera di Maggio rimase così immutata per molti decenni. Alla fine degli anni ’60 del secolo scorso, però, la repentina trasformazione della società e dell’economia nazionale prese il sopravvento, il boom economico decretò la fine della civiltà contadina e, quindi, anche della nostra economia agricola. Per la fiera iniziò, così, un lungo periodo di decadenza. La gloriosa fiera degli armenti, celebrata in tutta la provincia di Catania, diventò una misera “fiera del cappello”, dove accanto a cataste di tamburi e cappelli, c’erano profusi oggetti e cianfrusaglie d’abbigliamento, arredo, tempo libero, sport.

La manifestazione aveva perso per sempre la connotazione specifica per cui era nata tanti decenni prima. Era diventata, ormai, solo un’anonima ed insignificante sagra paesana, una sorta di “mercato delle pulci”. Il suo destino sembrava segnato, quando, a metà degli anni ’90, l’Amministrazione comunale d’allora, le diede un rinnovato slancio ed impulso con una nuova configurazione commerciale ed artigianale di livello regionale. Ma, anche questa, è un’altra storia.

Angelo Battiato

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