Il pifferaio glamour e i ''sorcini''. Il tour di Zero a Catania

Uno show barocco nel segno del glam rocker più bizzarro della musica italiana. Che hanno appaludito in quindicimila. Tre ore di spettacolo tra musica, costumi e balletti.

Il pifferaio
magico – col devoto seguito di sorcini - in forma di crisalide paillettata, la
maschera ed il suo doppio (è il sosia ad aprire lo show), il
“pagliaccio di sempre”, l’angelo in caduta libera. E ancora molto altro,
anche troppo. “Le prove di volo” di Renato Zero, il lungo tour del cantante
romano, si esercitano con successo in uno Stadio Massimino che sfoggia i suoi
quindicimila spettatori, immersi in un allestimento barocco: una cattedrale
tecnologica di luci, di suoni, di
watt soprattutto, con una enorme “Zeta” (ma non è Zorro!) a campeggiare sul
prato gremito di fans. Prima del concerto Piazza Spedini pullulava già di
indotto: dai cuoricini fosforescenti alle più tradizionali “semenze”, dalle
zero-magliette alle bandane personalizzate. In tribuna vip, impolverata di
consiglieri comunali e di rade primedonne, binocoli, serali decolleté
disimpegnati e sperluccichio di lustrini a celebrare il glamour misterioso e
ambiguo di Renato Zero - una via di mezzo tra un eroe picaro e un personaggio da
circo felliniano - emerso da una botola del palco in una foresta di braccia
alzate mentre intona “Amico”. Renato accarezza il pubblico, lo adula -
“Catania, i libri di storia sono pieni di te e non solo di cattiverie, come ci
hanno fatto credere” – riscuote acclamazioni e consensi prima di immergersi
inseguito dalle note di “Più su”, nel ventre di uno spettacolo dove la
musica si coniuga al balletto, la teatralità alla sfilata, all’esibizione
narcisa: le canzoni da leggere come un “diario di bordo” accanto e dietro la
sua prorompente presenza di show-man. Lui, il glam rocker ieratico
e sublime, fantasmagorico e morbido, in una atmosfera esageratamente mèlos
dispensa tra una nuova canzone e un vecchio successo, digressioni edificanti -
un colpo alla cronaca nera un altro al destino crudele - incita e sollecita i
giovani con il sincero buonismo di grado Zero: una sorta di bulimia affettiva
che coinvolge e che continua ad essere la sua caratteristica più peculiare. Al
di là di tutto Renato Zero rimane un cult della canzone italiana proprio
perché ha sempre mantenuto la coerenza con il suo personaggio “felice e
perdente”, sicuro nell’ostentare il coraggio di essere quello che è. Un
artista che non ha mai smesso di
cercare il contatto con il pubblico, con la gente di tutti i giorni, con gli
“amici”. Un volo comunque riuscito: “Il vizio di tentare il decollo non mi
è mai passato - confessa - alzarmi al di sopra dell'ovvietà, tentare questa
levitazione, alla faccia della forza di gravità”. Nella perfetta sincronia
dello spettacolo il pubblico catanese si mostra più attento all’ascolto che
al fanatismo disordinato per poi infiammarsi all’improvviso sulle parole di
“E con il tuo spirito”: e s’affaccia timido pure qualche striscione! Tre
ore di ininterrotta e sontuosa kermesse (il “carrozzone” dello spettacolo
non passa affatto inosservato) con squarci di balletto, ansimi di fumogeni e gli
strappi svisanti di una band magnifica e preparata: Giorgio Cocilovo alla
chitarra elettrica, Paolo Costa al basso, Maurizio Fiordaliso alla chitarra,
Lele Melotti alla batteria, Marco Forni alle tastiere, Rosario Germano, Memo
Righetti alle tastiere e il coautore Stefano Senesi al pianoforte: praticamente
i migliori session man in circolazione. Uno show concluso tra angelici
piumaggi con un mix trascinante dei trionfi recenti e passati che il pubblico
accompagna a squarciagola: da “Il cielo” al “Triangolo”, da “Mi
vendo” a “Il carrozzone”, per finire, con “I migliori anni della nostra
vita”, nella notte abitata dai “sorcini” incantati. Gico

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