Il Grillo parlante al Palatenda: lezione corrosiva sul Mercato Globalizzato

Successo per "facciamo luce" il monologo che Beppe Grillo ha presentato per il cartellone dello Stabile etneo. Ce n'è per tutti: da Barlusconi a Scapagnini...

Riso amaro. Ed
illuminante. Beppe Grillo con il suo “Facciamo luce” ha incendiato il gelo
del Palatenda che ha accolto sui suoi spalti gremiti, per la stagione dello
Stabile, il suo acre e corrosivo monologare. Anzi il comico genovese,
illuminante ed illuminista, si è aggirato in platea con un candelabro non alla
ricerca dell’uomo, alla Diogene, quanto del senso di una realtà ormai al
crepuscolo: ”…dagli Etruschi - esordisce - a Forza Italia: vi sembra
evoluzione questa?” Lungo due ore di comicità paradossale e sottile, di
distruttiva lettura del Capitalismo di stampo italiota, lui ha 
davvero fatto luce sull’inquietante e lucignolesco garbuglio che è la
Finanza italiana da Parmalat a Fininvest (senza dimenticare nessun altro): e non
con un mero repertorio cabarettistico piuttosto attraverso dati, statistiche,
(contro)informazioni, notizie che non trovano mai spazio sugli schermi o sulle
pagine dei giornali nostrani. “L’informazione – urla infatti - non è
repressa, è sommersa!” Ad un certo punto – aggiunge - sono diventato
riferimento della finanza europea: io, un comico! Come facevo a sapere mi
chiedevano i magistrati? Mi sono solo guardato intorno…” Già: menzogne,
bilanci falsi, speculazioni azzardate, raggiri in piena regola mentre tutti -
banche, società di revisione, manager – facevano finta di niente “rubando
fette di vita, di speranze, di progetti”. Accalorato e irrequieto, tormentato
ed angustiato dall’implosione del Sistema del Mercato Mondiale, Grillo si
scaglia contro la politica delle multinazionali per denunciare che “anche
dietro una scatola di tonno si nasconde un mare di squali…”. Così Tanzi e
Berlusconi – questo mai nominato se non con gli appellativi convergenti “Il
Liftato” e “Dorian Grey” - sono i comuni casi patologici di megalomania
dell’Impresa Italia, ovvero una associazione a delinquere di stampo mafioso:
“Sì, la mafia – sbotta Grillo con beffardo parossismo – è stata corrotta
dalla Finanza…”. “Tanzi ha la mentalità di un cardinale ma ‘Il
liftato’ quella di un attorucolo di second’ordine per cui non ha mai smesso
di esibirsi, trasformandosi anzi in un prodotto politico”. Dov’è il
capitalismo dal volto (più) umano: quello degli Olivetti, della Piaggio? Il
capitalismo intelligente? “Non eravamo noi l’Italia dei grandi cervelli?
L’Italia del tricolore di tutti non di un solo partito?” In una sarabanda di
verità incontrovertibili sul Leviatano che è il mercato targato Italia non
mancano nemmeno i riferimenti alla nostra realtà cittadina: “Scapagnini? Ha
fatto diventare Bianco un genio…!” E ancora: “Non era facile ridurre così
la Catania: vi riempiono il vostro barocco di merda!” In uno spettacolo che
non ha lasciato nulla allo spettacolo, agli antipodi del “teatro” di Paolo
Rossi, Beppe Grillo ci mostra la faccia peggiore della satira, quella che guarda
in faccia la realtà: dalla fine della Fiat alla depenalizzazione del falso in
bilancio; dal dramma delle statistiche internazionali 
ad una nazione che non è all’altezza della propaganda che si spaccia;
dai pericoli della digitalizzazione  alla
riforma Gasparri, quella “fattucchiera sottosviluppata…!”;
dall’indolenza della sinistra, che ormai non è più buona nemmeno per la
satira; fino all’opera occulta della pubblicità anche contro i bambini e
della bugia della ricerca sul cancro targata Veronesi…; Insomma il gusto per
l’apparenza che per la sostanza; l’acquisizione di quel modello “stars and
stripes” che ci ha fatto diventare più americani degli americani (come dice
anche Jeff Israely, corrispondente del Times…). E la gigantografia di un Bush
“benedetto da Dio” grava come un incubo sull’intero Palatenda. C’è di
che piangere, aprendo però la bocca in una beffa di nero, sinistro sghignazzo.

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